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L'inserimento lavorativo di pazienti psicotici nell'esperienza del SIL e del Servizio Psichiatrico dell'est veronese
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di Giuseppe
Migliorini, Antonella Crestani,
Renzo Favaron
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Premessa
L'inserimento lavorativo presenta evidenti vantaggi ma anche evidenti problemi nella comune prassi psichiatrica. E' innanzitutto una buona opportunità di reintegrazione sociale, data l'età dei nostri pazienti e l'effetto della psicosi sulle capacità lavorative
(1,2). Ma tale opportunità, da leggere nel contesto della qualità di vita più che come esito autonomo
(3) non è di facile raggiungimento. Sono poco chiari i rapporti ottimali tra le due agenzie fondamentali interessate (CSM e SIL). Non è poi affatto chiaro l'impatto dei programmi riabilitativi tradizionali, tra i quali la psicoeducazione, e l'effettivo esito lavorativo
(4) e in particolare la scelta di programmi specifici mirati all'inserimento
(5,6); senza dire di problemi tradizionali, come l'impatto dei farmaci e lo specifico management psichiatrico necessario, e naturalmente le opportunità offerte dal più ampio contesto sociale e legislativo.
Metodo
Abbiamo preso in esame gli inserimenti lavorativi operati dal SIL per pazienti psichiatrici negli ultimi due anni. Di ciascuno abbiamo ricostruito per sommi capi e in modo narrativo la storia, le opportunità, i successi e i fallimenti.
Utilizziamo il termine di "tirocinio" per esprimere l'assegnazione di un paziente ad un contesto lavorativo (in genere una cooperativa ma anche una azienda) a totale spese ASL e in vista di un successivo inserimento. Con il termine "inserimento in attività competitive" intendiamo l'effettivo inserimento, in cooperativa o in azienda, con regolare contratto di lavoro e un tempo di lavoro non inferiore alle 20 ore settimanali. Il "caso assistenziale" è invece uno pseudoinserimento, a totale carico ASL ma senza futuro lavorativo. Il "caso in crisi" è un precedente inserimento che per varie ragioni si è interrotto. Il "counseling" è quel tipo di intervento che suggerisce ad un paziente con abilità lavorativa l'opportunità di lavoro, senza bisogno di alcun periodo formativo.
Risultati
Il Servizio psichiatrico di Soave ha una catchment area di 109000 abitanti, in una zona ricca con attività produttive diversificate di tipo agricolo (coltivazione, raccolta e trasformazione) e più recentemente di tipo fortemente industriale e commerciale. Il Servizio dispone di un SPDC, di un Centro Diurno e di un Centro di salute mentale, di due comunità e di ambulatori distrettuali. L'orientamento del servizio è medico territoriale, con discreta apertura alle necessità di integrazione del paziente nel territorio e largo uso del self help; l'orientamento prevalente è comunque ancora di tipo medico, con particolare attenzione per il management psichiatrico. In particolare il Centro Diurno svolge programmi riabilitativi centrati sulla relazione, sulla soluzione delle difficoltà interpersonali e sul coping delle emozioni, ma non specifici programmi di addestramento lavorativo. Il CSM ha un orientamento al caso ma non di tipo assertivo comunitario.
Il Servizio ha seguito negli ultimi 18 mesi 1482 persone, delle quali 590 di età inferiore ai 45
anni. Come dato di confronto con la popolazione veneta
(7) si rileva tra i nostri pazienti più gravi (psicosi) un netto scarto nella popolazione non attiva (77,5% versus il 59,3 % della popolazione generale).
Il SIL ha seguito nei due anni 27 persone di età media 38,3 anni,
in prevalenza maschi (23 maschi e 4 femmine) con diagnosi prevalente
di psicosi o di grave disturbo della personalità (81%). |
Abbiamo sintetizzato gli esiti nella tabella
seguente: |
TIPO DI INSERIMENTO |
NUMERO/PERCENTO |
FREQUENZA CD |
inserimenti in attività
competitive |
7 (26%) |
3 |
casi assistenziali |
4 (15%) |
1 |
tirocini in atto |
6 (22%) |
5 |
casi in crisi |
8 (29%) |
7 |
casi di counseling |
2
(8%) |
2 |
grafici:
popolazione
esiti |
Discussione e
conclusioni
Una prima osservazione concerne il rapporto tra tradizionali attività riabilitative (frequenza al Centro Diurno) ed esito lavorativo. Come si evince dalla tabella sugli esiti non vi è alcuna correlazione. Ciò pone dei problemi sul rapporto tra la tradizionale attività riabilitativa (gruppi, espressione delle emozioni, relazione
eccetera) e le possibilità di riadattamento lavorativo. E' come se le due dimensioni decorressero separate acquisendo il Centro Diurno una valenza quasi prettamente sanitario riabilitativa e l'inserimento lavorativo una valenza più specifica.
Una seconda osservazione concerne il notevole tasso di discontinuità (inserimenti in crisi della tabella) e la necessità conseguente di rivedere ex novo il caso. La crisi dell'inserimento può essere dovuta ad una riacuzie dello stato morboso ma più spesso anche a fattori soggettivi come il calo di motivazione, la difficoltà di rapporto con i colleghi, la preferenza per situazioni deresponsabilizzanti. Si tratta in definitiva dell'emergere nel paziente psicotico in apparente compenso del "soggettivo, una sorta di riedizione dell'antico autismo povero degli autori classici.
Una terza osservazione, evidente dall'analisi dei singoli casi ma non riportata in tabella, è la lunga durata del tirocinio e la serie di aggiustamenti necessari per pervenire ad un esito favorevole.
Una ultima osservazione concerne l'assenza di qualsiasi rapporto tra attività precedente la malattia e attività di inserimento rivelatasi efficace. Questo è l'esito più drammatico della malattia, l'essere tragicamente riportati ad un livello inferiore di funzionamento e la necessità di intraprendere quasi una "seconda vita".
Cerchiamo di trarre delle conclusioni provvisorie.
Sul rapporto tra Centri Diurni e CSM e inserimenti lavorativi. Non crediamo opportuno trasformare i Centri Diurni in centri di avviamento lavorativo. Il Centro diurno serve secondo la nostra esperienza ad una postacuzie che necessita di interventi sanitari, riabilitativi e sociali. Ciò può rappresentare una premessa ma aspecifica per un successivo inserimento. Tale inserimento deve a nostro avviso essere presente alla èquipe come indicazione successiva ma deve essere poi avviato secondo modalità proprie. Tali modalità devono avere come contesto uno specifico ambiente lavorativo molto diverso da quello in uso nei casi di insufficienza mentale (CEOD) anche nella fase di preinserimento e necessitano di un lungo tempo di avviamento.
In tale fase è possibile una stretta integrazione tra risorse sanitarie e risorse SIL, ambedue mirate ad un target specifico. Tale integrazione, sul versante CSM, è più facile se la modalità di lavoro del CSM acquisisce i tratti del trattamento assertivo di comunità e del lavoro per obiettivi. Questo compito ha lunga durata. La fluttuazione delle motivazioni rende infatti necessario un lavoro continuativo, anche se con diversi momenti di intensità.
L'altro versante della questione è la sensibilità sociale per l'inserimento di pazienti disabili. Ciò comporta concrete attuazioni politiche e legislative favorenti l'apertura delle aziende al mondo del disagio mentale. Questa apertura non può essere puramente ideologica; non si tratta di imporre dall'alto un modello di ethos collettivo. Si tratta invece da un lato di strumenti (incentivi fiscali, adeguamento delle strutture di supporto, garanzia per la sicurezza nell'ambiente lavorativo, flessibilità nella legge 68/2000); dall'altro di un patto tra SSN e aziende in cui ciascuno dei contraenti intraveda non un obbligo ma una ragione di interesse. |
Bibliografia:
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F. Petrella Lavoro e psicopatologia. Linee guida
generali,
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Smith T.E., Hulll J.W., Goodman M., Hedayat Harris A., Wilson D.F., Israel L.M., Munich R.L. The relatives influences of
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Ruggeri M., Santolini N., Stegagno M., Imperadore G., Dall'Agnola R.B.
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Mintz J., Mintz I.L., Phipps C.C.
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In La riabilitazione psichiatrica, a cura di R. Liberman, Milano 1997
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Becker R.E., Meisler N., Stormer G., Brondino M.I.
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104, 106
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Converting day treatment centers to supported employment programs in Rhode Island,
Psychiat.Serv., 2001, 52, 351-357
-
Compendio statistico italiano, ISTAT, 1999
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Autori:
Dott. G. Migliorini, primario del Servizio
Psichiatrico di Soave (VR)
Dott.ssa A.
Crestani, psicologa
Dott. R. Favaron, coordinatore del SIL Est veronese
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copyright © Educare.it - Anno
III, Numero 7, Giugno 2003
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