Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

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La generazione hikikomori

hikikomoriL'isolamento e la solitudine sono l'altra faccia della medaglia di una società iperconnessa nella quale la comunicazione si riduce spesso ad azioni meccaniche che escludono o ignorano il vissuto personale, le emozioni profonde degli adolescenti. La virtualità è diventata una dimensione reale in cui tutto è possibile, un mondo che scorre e si consuma rapidamente senza lasciare nessuna traccia emotiva.

Il termine hikikomori, coniato dallo psichiatra giapponese Saito Tamaki negli anni '80 significa letteralmente "stare in disparte, isolarsi". Questa è la condizione di molti ragazzi che manifestano il ritiro sociale e il rifiuto di contatti con il mondo esterno per un periodo che va da alcuni mesi fino a diversi anni. Il fenomeno, che riguarda principalmente giovani maschi di età compresa tra 14 e 30 anni, è molto diffuso in Giappone e interessa circa l'1% della popolazione mentre in Italia si rilevano 100mila casi.

Il mondo degli hikikomori è racchiuso nelle pareti di una camera da letto dove la vita si svolge soprattutto di notte quando i ragazzi si connettono alla rete rifugiandosi in una realtà virtuale e immaginaria fatta di videogames e giochi di ruolo. Il rifiuto del mondo ha radici molto profonde, sono ragazzi fragili psicologicamente che non riescono a reggere la pressione sociale e la competizione, per questo spesso abbandonano la scuola e tutte le relazioni che possono coinvolgerli emotivamente. Le cause di questa autoreclusione sono diverse e spesso insorgono per esperienze negative in ambito scolastico (bullismo, scarso rendimento, bocciatura) e la paura di non essere all'altezza delle aspettative che i genitori hanno verso il proprio figlio.

La sindrome da autoreclusione si sviluppa in un contesto familiare dove i padri sono spesso assenti e il figlio ha una forte relazione con la madre che tende ad avere un atteggiamento iperprotettivo verso di lui. La dipendenza da internet rappresenta solo il mezzo per isolarsi dal mondo esterno che fa paura perchè può metterli alla prova in vario modo. I campanelli di allarme che possono far pensare alla sindrome hikikomori sono: inversione del ritmo veglia-sonno, l'autoreclusione in camera da letto, la preferenza per attività solitarie. In questi giovani c'è il rifiuto del futuro e una immersione parossistica nel presente, una realtà mediata e volutamente distante che si può osservare come uno spettatore guarda un film. La società dei consumi ha offerto a queste fragili esistenze l'occasione di sfruttare la tecnologia per entrare nel mondo senza farne parte, uno schermo asettico diventa il filtro di realtà immaginarie da aprire e chiudere quando si vuole, restando tuttavia racchiusi in una corazza di anestesia emotiva. Le terapie psicologiche adeguate possono restituire ai reclusi dal mondo gli stimoli sociali necessari per relazionarsi e comunicare con gli altri sviluppando in loro il coinvolgimento emotivo e l'empatia, gli strumenti della conoscenza e della comunicazione possibili solo in un mondo reale e non virtuale.