- Categoria: Adolescenza
- Scritto da Vincenzo Amendolagine
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Adolescenza e paure
Sono un padre di 48 anni, ho un figlio di 17 anni che non riesce a dormire da solo vuole ogni sera compagnia per poter prendere sonno. Premetto che lui e' un ragazzo normale fa la quarta liceo e pero' ha una passione sfrenata x il gaming on line, sopratutto di quelli da guerra.
Non fa una vita sociale non ha una compagnia di coetanei e passa tutto il tempo in camera sua a giocare con la console e con il computer. Ha una camera tutta per conto suo e dorme in un letto matrimoniale.
Gentilissimo papà, leggo fra le righe della sua lettera una grande disperazione, forse perché è profondamente addolorato di come suo figlio stia sprecando la sua vita, passandola quasi interamente, eccetto il tempo in cui va a scuola, in completa solitudine, con la compagnia di questo amico virtuale che è il computer.
Probabilmente il primo a non essere soddisfatto del corso delle cose è proprio lui. Le paure che manifesta non sono altro che uno specchio di questa profonda insoddisfazione. Suo figlio sta attraversando uno dei momenti più delicati del suo ciclo esistenziale. Purtroppo l’adolescenza è un periodo connotato da grandi cambiamenti che incidono profondamente sulla sicurezza dei ragazzi, alimentando le loro paure.
Si palesano diverse trasformazioni che minano e fanno vacillare l’equilibrio psicologico. Infatti, durante l’arco temporale adolescenziale avvengono delle metamorfosi a livello fisico, sessuale, psicologico e cognitivo.
Il corpo, per esempio, completa la sua maturazione, attraverso dei cambiamenti che perturbano profondamente la cenestesi. Tant’è che compare la cosiddetta dismetria di valutazione: gli adolescenti, difatti, avvertono una dismetria nel corpo che cambia, per cui sovente sentono una parte del corpo difforme dalla controlaterale, cosa che crea un vissuto di disagio.
In questa fase si porta a compimento lo sviluppo sessuale, con la comparsa dei caratteri sessuali secondari e la maturazione dell’apparato riproduttivo, per cui i ragazzi perdono il corpo infantile e si ritrovano in un corpo quasi da adulto che diviene fonte di insicurezza per le sensazioni nuove che regala.
Un’altra perdita, o lutto, che essi vivono è rappresentata dalla perdita del ruolo sociale: non sono più bambini, ma neanche adulti. I genitori sanzionano tutti quegli atteggiamenti infantili che vedono nei loro figli adolescenti, ma non danno ancora quella fiducia che consente loro di sentirsi adulti. In virtù di questo, i ragazzi vivono un altro lutto che è rappresentato dalla perdita dei genitori dell’infanzia, ovvero un padre e una madre che non sono più comprensivi e che improvvisamente diventano più freddi e più avari nelle manifestazioni di affetto.
Tutto il disagio derivante dalle condizioni suddette sfocia in atteggiamenti difensivi, che strutturano delle vere e proprie patologie psicologiche, quali un disturbo del comportamento alimentare (anoressia/bulimia), disturbi del carattere, disturbi d’ansia, disturbi del tono dell’umore.
In questo lasso di tempo i ragazzi sperimentano un altro mutamento che è rappresentato dal cambiamento nel modo di ragionare e di intendere la realtà. Piaget, uno studioso svizzero che si è occupato dello sviluppo dell’intelligenza, definisce questo lasso di tempo come il periodo del pensiero ipotetico-deduttivo, in cui il possibile prende il sopravvento sul reale. Tutto è possibile nella mente dell’adolescente. In questa maniera egli elabora delle teorie sulla vita, sul suo svolgersi e sui grandi perché esistenziali. Si costruisce, così, un suo mondo avulso dalla realtà, in cui egli è il protagonista principale, destinato, secondo la sua ottica, a compiere delle cose speciali, davanti ad un pubblico immaginario che anima la sua mente. In questo mondo sperimenta contemporaneamente diversi ruoli contradditori.
In alcuni momenti è ancora un bambino, in altri si sente adulto imprigionato dalle limitazioni imposte dalle figure genitoriali. Questo polimorfismo di ruoli e prospettive è alla base di un’altra caratteristica della adolescenza che è l’indecisione. Di fronte ad una scelta non sa decidersi, tutte le alternative appaiono egualmente intriganti. Nei confronti dei genitori presenta una notevole ambivalenza: vuole che essi dimostrino la tenerezza di quando era ancora un bambino, ma nello stesso tempo la rifiuta sentendosi già grande, quasi un adulto, a disagio di fronte a queste manifestazioni.
In questo turbinio di emozioni, l’adolescente ha un continuo e costante bisogno delle figure genitoriali, che devono stargli accanto in maniera non opprimente e con positività.
Lei come padre deve aiutarlo a venir fuori dal suo isolamento, ad emanciparsi dalle paure che animano la sua mente. In che maniera? Ascoltandolo e cercando di capire, fra quello che dice, il non detto. Lo coinvolga in qualche attività nel tempo libero. Insieme potete fare un’attività fisica o sportiva che serve a cementare questo rapporto fra padre e figlio e che comunque gli permetta di sottrarsi alla tirannia del computer.
L’incremento del tempo passato insieme e il miglioramento della qualità del rapporto sono i migliori rimedi per vincere le paure. D’altra parte la funzione del padre è propria questa, ovvero quella di dare sicurezza al proprio figlio. Vedrà che più suo figlio implementerà le sue sicurezze e meno avrà bisogno delle sue paure e soprattutto sempre meno avrà bisogno del suo isolamento, pronto a spiccare il volo, ad essere se stesso con orgoglio e sicurezza, finalmente libero dalle catene che sono solo nella sua mente, in grado di affrontare le sfide e le incertezze legate alla sua età.
copyright © Educare.it - Anno XIV, N. 10, Ottobre 2014