- Categoria: Capricci e ribellione
- Scritto da Rosalba Fiore
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Bimba splendida con crisi isteriche
Vi scrivo perchè vorrei capire meglio mia figlia di 21 mesi. Tengo a dire che è una bimba adorabile, simpatica, intelligente e piena di energia (non sta ferma un secondo). Fino a qualche mese fa, però, faceva l'isterica per un semplice "no" o addirittura per nulla. Preciso che la tengono i nonni tutto il giorno.
Poi ho iniziato a portarla e a farla portare allo spazio gioco e, immediatamente, ha smesso di fare capricci perché riusciva a sfogarsi abbastanza. Anche a casa la facevamo giocare di più. Poi lunedì ha avuto un po di febbriciattola, che è scomparsa da sola nella notte. ha iniziato a non mangiare e io l'ho associato al fatto che non fosse in perfetta forma. Fin qui tutto nella norma, a parte lunedì notte che si è svegliata in preda a una crisi con un pianto inconsolabile che per fortuna ha smesso con un 1 minuto di cartoni.
Mercoledì dalle 14.30 alle 16.00 ha iniziato con urla isteriche, buttandosi a terra, e non c'era nulla da fare per i nonni per calmarla, anzi ogni tentativo peggiorava la situazione. Poi si è addormentata 40 minuti e poi si è svegliata ancora urlando e piangendo. Premetto che era da lunedì che non aveva più avuto modo di giocare né fuori né allo spazio gioco. Sono uscita dal lavoro e l'abbiamo portata al pronto soccorso, arrivati li si è calmata e si è messa a giocare e a ridere e, secondo me, mi hanno presa per pazza. L'hanno visitata e hanno detto che aveva un pochino l'orecchio arrossato e qualche placchetta in gola. Devo darle la tachipirina. Secondo me, però, non può piangere in quel modo per quel motivo e dopo saltare giocare e ridere (tutto questo prima di prendere la tachipirina). Ci deve essere dell'altro anche perché una che ha un forte mal di gola non urlerebbe così forte e per tanto tempo.
E poi se avesse un forte male alle orecchie se le toccherebbe e non salterebbe così tanto ridendo. Non è più la stessa. È stata poco bene altre volte anche in forme peggiori ma non si è mai comportata così. Voi avete un'idea? Grazie mille
Cara mamma,
con molta sincerità non le nego che mi risulta abbastanza difficile riuscire a trovare una risposta precisa alla sua domanda. La situazione da lei descritta è piuttosto vaga e diverse potrebbero essere le motivazioni di fondo. Mi limiterò pertanto ad un'analisi di quanto da lei scritto nella speranza di poterle fornire utili spunti di riflessione.
Senz'altro non ho abbastanza informazioni, nè tanto meno le competenze, per poter dire se l'attuale comportamento di sua figlia dipenda da un problema di origine medica, ma francamente, da madre, qualora la situazione persistesse, approfondirei con ulteriori accertamenti partendo dal consultare uno specialista.
Naturalmente non esistono ricette preconfezionate che possano spiegare il comportamento di sua figlia, ma senz'altro una buona chiave di lettura potrebbe essere l'accettazione! Accettare significa garantire al proprio bambino sostegno e vicinanza, proteggendolo dall'idea che certe emozioni o bisogni vadano evitati o repressi. Solo in tal modo sarà possibile favorire l'acquisizione di funzionali capacità di gestione delle frustrazioni (che inevitabilmente i nostri bambini incontreranno nel corso della loro vita).
A questo proposito, un aspetto su cui vorrei soffermarmi è relativo alla comunicazione.
Fin dai suoi primi istanti di vita, l'essere umano utilizza il pianto come strumento di comunicazione, questo vale ancor di più per il bambino che non ha ancora acquisito il linguaggio. In tal caso, spetta a noi genitori riuscire a decifrare e comprendere ciò che il nostro bambino vuole comunicarci, non cercando di inibire o evitare il pianto (in quanto espressione di emozioni e bisogni) bensì ponendosi in una posizione di ascolto attivo.
Secondo Alan Sroufe, autore del libro "Lo sviluppo delle emozioni", entro la metà del primo anno i bambini piangeranno solo in assenza di altri modi di affrontare la situazione. Dunque, particolare attenzione dobbiamo avere verso le risposte che forniamo al bambino. Spesso infatti, senza rendercene conto, rinforziamo noi stessi determinati comportamenti non permettendo al bambino di acquisire strategie comunicative alternative: eliminare il pianto non equivale ad eliminare il disagio che lo ha generato, ma non riconoscerà al bambino il diritto di provare ciò che prova!
Per concludere, desidero attenzionare un ulteriore punto che riguarda il modo in cui la bambina trascorre le sue giornate.
Dalle sue parole sembrerebbe che il "gioco" sia visto esclusivamente come una valvola di sfogo attraverso cui la sua bimba può scaricare le sue energie. Il gioco però non è solo questo, ha infatti un'importantissima funzione: è il modo in cui i bambini imparano a conoscere la vita. Fondamentale è dunque che il gioco sia sperimentato in condivisione con i coetanei, in quanto è questo il contesto ideale che più favorisce l'acquisizione di importanti regole di vita relative alla socializzazione, condivisione e comunicazione con l'altro.
In bocca al lupo e tanti auguri per la sua bimba...
copyright © Educare.it - Anno XVI, N. 12, Dicembre 2016
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