Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 1 - Gennaio 2025auguri natale

Disfasia evolutiva

A mia figlia di 5 anni è stato prognosticato dagli specialisti dell'ospedale una disfasia evolutiva con compromissione prevalente nella competenza fonologica con dislalie semplici e difficoltà nella programmazione delle prassie articolatorie.

Volevo chiederle visto che fino adesso gli specialisti sono stati molto evasivi quali sono gli sviluppi della disfasia, quali sono i progressi che effettivamente può avere una bambina con questi disturbi, noi come genitori come possiamo aiutarla????

Quali sono le origini della disfasia visto visto che nessuno dei nostri familiari ha questo tipo di problema??

Vorrei chiedere se c'e un centro specializzato per questo tipo specifico problema in quanto ci è stato detto che intervenendo in tempo si possono avere dei miglioramenti.
Attualmente la bambina viene seguita da una logopedista solamente per 2 ore settimanali e secondo il nostro modesto parere non è sufficiente.

Cordiali Saluti
Un genitore che chiede di essere aiutato.

 

Gentile signore,
Lei pone molte e precise domande, che richiederebbero ben altri spazi per essere trattate in modo completo. Proverò in ogni caso a risponderle con la chiarezza che mi è possibile.

Intanto una precisazione terminologica: qualche decennio fa si è definita la «disfasia in età evolutiva» come "una specifica sindrome clinica di quei bambini in cui si presentano specifiche carenze delle normali funzioni linguistiche pur in assenza di fattori che generalmente creano problemi per lo sviluppo del linguaggio, come sordità, ritardo mentale, disabilità motoria, gravi disturbi della personalità".
Il termine disfasia, da qualche tempo è stato sostituito dal termine Disturbo Specifico del Linguaggio (DSL), definito come "il disturbo di quei bambini che pur non mostrando un comportamento linguistico troppo bizzarro, presentano un linguaggio che non è né uguale a quello di bambini normali, né vistosamente diverso e tuttavia neanche semplicemente in ritardo rispetto alla norma".
Questi bambini mostrano profili linguistici molto variabili e diversi: possono mostrare deficit moderati in molte dimensioni linguistiche e deficit marcati in altre.
Queste carenze possono riguardare il versante espressivo (la produzione del linguaggio), il versante recettivo (la comprensione del linguaggio), o entrambi.

Già questa definizione sottolinea l'eterogeneità e la variabilità della sindrome DSL, aspetti fondamentali da tenere in considerazione sia nel momento diagnostico che nell'elaborazione del progetto riabilitativo.
Se pur ogni bambino con DSL è diverso dall'altro, si possono descrivere alcuni tratti comuni.

Vi sono bambini che hanno in prevalenza un deficit di programmazione fonologica: sono quei bambini che hanno una buona fluenza verbale ma con realizzazioni fonologiche (la realizzazione della sequenza dei suoni che compongono le parole) spesso poco intelligibili; gli errori fonemici sono "stabili", cioè variano poco, l'organizzazione della frase è adeguata.

Altri bambini presentano un deficit fonologico - sintattico: è la forma più comune caratterizzata da un linguaggio poco fluente, disorganizzato sia fonologicamente sia sintatticamente. Il grado di gravità è variabile fino a casi di vero agrammatismo. Alcuni AA segnalano difficoltà fonologiche e sintattiche in comprensione e in produzione.

Altri ancora presentano un deficit lessicale-sintattico: la produzione fonologica può essere normale ma è presente un disturbo anomico, talora così grave da compromettere la fluenza verbale ed il ritmo espressivo

Altri presentano una disprassia verbale: dissociazione tra una competenza linguistica adeguata o poco compromessa ed una produzione difettosa per difficoltà a programmare la corretta sequenza dei suoni all'interno della parola, con errori di sostituzione fonemica-erratici
(cfr. il modello di Rapin e Allen, 1988 e di Bishop e Rosembloom, 1987, in Letizia Sabbadini, M. Cristina Caselli, 1998)

L'esperienza clinica consiglia cautela nell'adottare tali classificazioni in senso rigido e statico: infatti, spesso da un pregresso disturbo di tipo «fonologico - sintattico» può scaturire, in una fase successiva dello sviluppo, un problema lessicale, cioè difficoltà di accesso lessicale e recupero delle parole (anomia) (Leonard e Sabbadini, 1995).

Da questa precisazione terminologica si capisce come sia necessario precisare il tipo di deficit e l'entità per definire l'evoluzione del linguaggio della bambina.
Nel caso della sua bambina, la diagnosi che lei riferisce, riporta "compromissione prevalente nella competenza fonologica con dislalie semplici e difficoltà nella programmazione delle prassie articolatorie". Quindi presenta due aspetti: la difficoltà nella competenza fonologica nel saper operare con i suoni delle parole e la difficoltà di articolare bene i suoni delle parole nella sequenza necessaria al linguaggio.
Il problema nel padroneggiare il sistema dei suoni della lingua, non deve essere confuso con quello relativo agli aspetti fono – articolatori. "La causa primaria delle difficoltà che il bambino con DSL incontra nel non uso e nell'uso scorretto di certi fonemi, non è articolatoria: non c'è infatti un deficit motorio o neuro-motorio; l'apparato fono - articolatorio è integro a differenza di quello di soggetti con disturbo disprattico." (Letizia Sabbadini e Maria Cristina Caselli). Ecco perché è necessario avere le idee chiare, per quanto possibile, sul profilo linguistico dalla bambina.
Le componenti lessicali, morfosintattiche e pragmatiche del linguaggio sono nella norma?
È importante rispondere a questa domanda perché negli ultimi anni numerosi lavori hanno dimostrato che tutti i livelli linguistici nei bambini con DSL possono avere limitazioni sia negli aspetti funzionali che formali del linguaggio.
Per esempio, a livello semantico, possono avere un repertorio lessicale più ristretto rispetto ai coetanei; tale limitatezza porta spesso a problemi di anomia, in età scolare.

La valutazione e la diagnosi si fanno nel corso della terapia, per verificare costantemente se la terapia è mirata rispetto a precisi quesiti che il bambino ci presenta. Anche la prognosi è legata al tipo di cambiamento prodotto dall'intervento educativo.

L'evoluzione dipende da molte condizioni: l'entità della difficoltà, se altre componenti del linguaggio sono compromesse magari in misura minore, la disponibilità dalla bambina all'impegno necessario, la possibilità di fare un adeguato lavoro quotidiano a casa, preparato "su misura".
La normalizzazione del linguaggio è tanto più difficile quanto più lo sviluppo linguistico è distante dalla norma, se il disturbo è primariamente recettivo o recettivo – espressivo, se prevalgono problemi di percezione e discriminazione uditiva, problemi prassici, di attenzione e di memoria, o, ancora, problemi emotivi. Ma forse l'aspetto più importante è se e quanto il problema del linguaggio implica anche problemi di comunicazione.
In genere, per quanto riguarda la mia esperienza, l'evoluzione di questo tipo di difficoltà è piuttosto positiva, tranne nei casi in cui il disturbo è piuttosto pesante (e sono rari), oppure nei casi in cui sono presenti ostacoli di altra natura.

Le interpretazioni del deficit sono molteplici e forse interessano maggiormente gli addetti ai lavori. Ritengo, però, più importante che voi genitori vi facciate spiegare nel modo più esauriente e semplice possibile dai clinici che hanno in carico la vostra bambina il tipo di disturbo che presenta, anche nelle caratteristiche apparentemente marginali. Non dimenticate, però, che forse non può essere tutto chiaro, preciso e definito: è per me esperienza quotidiana dire "questo non lo so", oppure "questo non l'ho capito", il che non significa non formulare delle ipotesi e poi vedere se ci sono dei cambiamenti. Preciso (e prescrivo), però, in modo molto dettagliato le condizioni che devono essere create intorno alla bambina e il lavoro quotidiano che deve essere fatto.

È prassi comune proporre due sedute di terapia alla settimana, ed è già una buona cosa. Spesso i Servizi sono costretti a proporre anche una sola seduta per settimana per poter dare possibilità a tutti i bambini. Il problema non è definire a priori il numero di sedute settimanali necessarie: a mio avviso è un problema fuorviante. L'aspetto più importante è formulare un profilo linguistico preciso, sul quale costruire il progetto terapeutico, che va continuamente rivisto in base ai cambiamenti ed evoluzioni che i bambini manifestano.

Ma la terapia non si fa solo nella stanza dalla logopedista. Il progetto terapeutico deve essere allargato sia a casa sia a scuola, per quanto possibile. È sicuramente fondamentale la relazione del bambino con la logopedista, ma, a parte qualche caso particolare, l'evoluzione è determinata anche da quanto l'ambiente intorno al bambino cambia e propone le azioni corrette. Questo, si badi bene, non significa che mamma o papà o maestra diventano dei riabilitatori, ma tutti partecipano al progetto terapeutico.

Per quanto riguarda "i miglioramenti" del linguaggio della vostra bambina, consiglio di parlarne con la logopedista, ponendo tutte le domande che desiderate, anche quelle che riguardano le preoccupazioni che tutti i genitori hanno per le ricadute che il disturbo di linguaggio può avere sull'apprendimento scolastico.
In genere si ritiene opportuno, verso la metà dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia, iniziare una pre–esposizione alla lingua scritta, sotto la guida della logopedista, iniziando dall'educazione/allenamento delle abilità metafonologiche (capacità di operare sulla forma sonora delle parole). Questo per evitare che il DSL si trasformi in un problema di apprendimento della lingua scritta o, quantomeno per limitarne gli effetti.

 

 


copyright © Educare.it - Anno VI, Numero 2, Gennaio 2006