Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXV, n. 1 - Gennaio 2025auguri natale

Crisi isteriche

Vorrei avere un consiglio sull'attegiamento da tenere nell'educazione di mia figlia.

Pieranna a 25 mesi è un bambina sveglia, vivace, intelligente allegra e decisa. Sino a qualche mese fa non abbiamo avuto particolari problemi nel gestire il suo carattere, nel darle delle regole che lei potesse capire.

Da qualche mese dobbiamo fare i conti con crisi isteriche che si presentano senza nessuna causa apparente ed in momenti diversi della giornata. Il motivo scatenante potrebbe essere qualsiasi cosa. Se non riesce a fare ciò che si è prefissa mentre gioca, se cade un oggetto, se si cerca di spiegarle qualcosa, se arriva in casa una persona che non sia il papà o la sorella (anche familiari che vede spesso).

Il suo comportamento è variato dopo una serie di eventi che hanno cambiato la nostra e la sua vita. Da novembre abbiamo iniziato i lavori per il trasloco che poi è avvenuto poco prima di Natale. C'è da precisare che oltre la nostra famiglia anche quella dei miei genitori ha dovuto effettuare, in contemporanea, un trasloco che si incastrava con il nostro. Il loro lo abbiamo ultimato a metà gennaio.Questo ha comportato diversi spostamenti di tutta la famiglia in varie case prima di riuscire a sistemarci nella nostra nuova casa.

Alla fine dei lavori Pieranna si è ammalata di una brutta bronchite, febbre alta per diversi giorni che ci ha costretto a forzarla nell'assunzione delle medicine. La tenevamo in due, e mentre lei urlava e si dimenava, io le spruzzavo la medicina in bocca con forza. Questa era la prima volta che la bambina stava così male da quando è nata. Durante la sua malattia io sono entrata in ospedale per partorire. Anche questa situazione, in cui la mamma mancava da casa più di un giorno era una novità per Pieranna. Io mi allontanavo da casa solo per le ore in cui lavoravo e lei stava con la nonna senza nessun tipo di problema.

Le crisi sono iniziate dopo la malattia ed il mio rientro a casa dall'ospedale. Urla, si butta a terra e striscia sino ad arrivare contro un muro o un mobile al quale può sbattere con il corpo, mentre urla ripete in continuazione "no" oppure "dai", insistentemente esenza mollare. Si picchia la faccia con i pugni. Non ci si può avvicinare, se si tenta di prenderla aumenta l'intensità degli urli. E' inutile sgridarla o darle uno scappelloto sul pannolino, è inutile parlarle o tentare di consolarla. Se qulacono le si avvicina è peggio, soprattutto se il papà, la nonna o chiunque altro che non sia la mamma.

Ma anche io non riesco le prime volte ad avvicinarmi. Poi intervengo dicendole che vado in un'altra stanza e che se mi vuole deve venire o chiamarmi e a quel punto, dopo aver continuato ad urlare per un bel po', tenta di avvicinarmi urlando in continuazione "mamma". Io la raggiungo, la prendo in braccio e dopo essersi dimenata ancora per un po' si calma. Purtroppo non sempre va bene così.

Le crisi possono durare dal quarto d'ora all'ora. Anche la notte ne ha diverse: si sveglia dal sonno urlando mamma e solo io posso tentare ad avvicinarla e poi inizia ad urlare (ci tengo a precisare che prima ha sempre dormito serenamente tutta la notte e senza problemi, svegliandosi serena e
sorridente), queste crisi durano di più di quelle diurne. A tutto questo va aggiunta la difficoltà a farsi cambiare sia il pannolino che a farsi vestire sia il giorno che la notte al punto che stanchi e disperati siamo arrivati al punto di cambiarla mentre dorme.

 

Gentile mamma,
ho letto con attenzione la sua lettera e le confesso che mi ha colpito la concomitanza di tanti avvenimenti in così breve tempo.
Se i comportamenti di sua figlia sono simili a quelli di molti altri bambini di questa età (con relative preoccupazioni dei genitori), è molto probabile nel suo caso che traslochi, malattia, allontanamento dalla mamma e comparsa di una sorellina possano esserne la causa.
E' come se si fossero alterati, quasi simultaneamente, una serie di equilibri relazionali, di tempi e di spazi: davvero difficile da sopportare, anche per i grandi.
Le "crisi isteriche" della sua bambina possono essere lette dunque come espressione di un disagio, generato dai cambiamenti che l'hanno travolta.

Le anticipo che ci vorrà da parte vostra molta pazienza perché comportamenti come questi si trasformino quanto ad intensità e frequenza, fino ad estinguersi.
Quando parlo di pazienza, però, non intendo un atteggiamento d'attesa nei confronti di cambiamenti che verranno da soli, ma di capacità di adoperarsi costantemente, senza disperare, per giungere ai risultati sperati, seppur non immediati.

In questa fase suggerisco di procedere per priorità.
Innanzitutto cominciate dai comportamenti della bambina pericolosi per la sua incolumità fisica.
Non permettetele cioè di farsi del male. Su questo siate decisi e convincenti. Utilizzate la fermezza in modo costante, non mostratevi impotenti (anche se il vostro cuore sanguina). I bambini hanno bisogno di sentire che i propri genitori sono i più forti, che li sanno proteggere anche dalle rabbie verso sè stessi. Avete provato diverse cose. In questa sede non mi è possibile approfondire la vostra esperienza per darvi consigli mirati. Tuttavia mi sento di dirvi che nella vostra ricerca di un metodo adeguato è possibile che lo abbiate incontrato ma che non l'abbiate riconosciuto.
Gli interventi vanno valutati anche in relazione al tempo e in relazione ai livelli di cambiamento che ci si attende.
Provate a ripercorrere i tipi d'interventi fatti, provate a capire per quanto tempo li avete attuati, con quale convinzione, con quali segnali di risposta e chi li ha portati avanti. Date eguale dignità ad interventi paterni e materni riconoscendo la potenza nella reciproca differenza.
Provate a riflettere sul motivo per il quale li avete abbandonati.
Chiedetevi però anche cosa avete attuato in sostituzione e cosa continuate ad attuare.

Per esemplificare. Ipotizziamo che abbiate cercato di avvicinarvi alla bambina mentre si picchiava ma i suoi urli siano aumentati d'intensità, insieme alle sue percosse, e voi davanti a ciò vi siate fermati. Questo potrebbe avervi portato a pensare che l'intervento è stato sbagliato. In verità l'unica cosa che possiamo dire è che con grande probabilità la piccola ha fatto un apprendimento, anche se non consapevole. E cioè che per tenervi lontani può aumentare la manifestazione della sua rabbia.

Legittimatevi il vostro ruolo di protezione. Purtroppo fare educazione significa anche fare "violenza": in questo caso costringere (convincere non è ancora possibile) una bambina a non farsi del male. Insieme alla protezione provate a proporle altre strade per liberarsi della sua rabbia come ad esempio offrendogli oggetti morbidi con i quali prendersela (grossi cuscini...). La creatività dei genitori è la più grande risorsa.

Accompagnatela ad affrontare la difficoltà d'accettazione dei suoi limiti. Molti piccoli non tollerano la frustrazione che deriva loro dall'essere incapaci di eseguire piccoli compiti o giochi. Spesso si arrabbiano pesantemente anche giungendo a prendersela con se stessi. Provate a seguirla e ad aiutarla nell'esecuzione del compito. Vuole versare della farina da un contenitore ad un altro? E non ci riesce? Vedete che si sta alterando? Provate a chiederle se vuole aiuto e poi mostratele come si può fare. "Ti aiuto"? E' una domanda importante per iniziare ad instradare il bambino verso la capacità di chiedere aiuto, di pensare cioè che si può aprire ad altre soluzioni e che può acquisire altre competenze con l'imitazione e la guida.

Arginare le sue manifestazioni di rabbia, accompagnarla verso altre modalità di gestione della frustrazione sono due passaggi importanti che vanno integrati con una certa attenzione verso la trasformazione della sua relazione con i genitori e con la mamma in particolare.

Non si tratta solo di rassicurarla su una presenza materna continua e costante ma anche sulla possibilità che tale presenza non venga a "mancare" con l'inserimento di novità importanti nella vita della famiglia.
Nella sua mail non ho trovato riferimenti in merito alla relazione instaurata dalla bimba con il nuovo fratellino/sorellina: provate anche ad esplorare questo ambito.

Gentile Mamma, preferisco fermarmi qui. Le cose che ha scritto nella sua mail mi portano alla mente molte ipotesi e piste da battere ma per poterle esplorare avrei bisogno d'altre informazioni.
Se desiderasse approfondire sono assolutamente a sua disposizione. Mi farà piacere avere sue notizie.

 


copyright © Educare.it - Anno VI, Numero 6, Maggio 2006