Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

  • Categoria: Racconti

La stella cometa

dislessiaIn una casa azzurra, con le finestre circolari e un grande giardino, abitava un bambino di nove anni dai capelli color del grano.

Leo, così lo chiamavano tutti, si alzava sempre presto al mattino, beveva una tazza di latte con i corn-flakes e poi, con tanta fatica, si preparava ad andare a scuola.

Solo al pensiero di tutti quei numeri che lo aspettavano, quelle lettere incomprensibili e quelle frasi senza senso, gli veniva da tremare.

Ogni giorno era sempre la stessa solfa ma, quella mattina sembrava fosse peggio di tutte le altre perchè si sentiva stanco e sconfitto. Durante la notte, aveva dormito male e aveva fatto sogni terribili. Piccoli mostri a forma di lettera che lo inseguivano, strani alieni con sembianze di numero che lo volevano mangiare e tutti che ridevano e si prendevano gioco di lui.

Il giorno prima, aveva avuto tre verifiche scritte ed era stato un disastro totale, davanti al foglio bianco, Leo si era bloccato e non era stato in grado di ricordarsi più nulla.

Era furibondo, in preda al quel diavoletto dentro di sè che lo faceva agitare e innervosire e rendeva i suoi pensieri neri come la pece: “Non sono capace! Non ci riesco, sono troppo lento. Prendo solo brutti voti, non sono bravo come i miei compagni e sono sempre l’ultimo a finire un compito. E’ tutta colpa mia, sono sbagliato!”

Nella sua stanza, c’era una libreria piena zeppa di libri dalle copertine colorate. Erano invitanti e a lui piaceva annusarli con quel suo nasino simpatico rivolto all’insù e toccarli e sfogliarli con le sue manine lunghe e delicate ma, faceva tanta fatica a leggerli. Perché era così difficile?

Si sentiva come una formichina inseguita da insetti giganti che volevano schiacciarla, ma lei aveva un carico enorme di briciole di pane da portare nella tana e, in un modo o nell’altro, l’avrebbe dovuta raggiungere. Avrebbe dovuto cercare strade alternative, ma non sapeva come fare, era disorientata.

Leo prese un foglio e disegnò se stesso. Minuscolo e quasi invisibile senza i suoi due fratelli, soltanto con mamma e papà ma lui non voleva essere piccolo anzi, voleva essere grande e autonomo.

“Se non ci fossero più quelle orribili lettere dispettose che mi confondono, allora sì che la mia vita sarebbe perfetta. - pensò. Vorrei che sparissero dalla faccia della terra!”

Ai suoi occhi, la M diventava una N e la B s’invertiva con la P, per non parlare della T che litigava sempre con la D o la H, la grande sconosciuta. Non riusciva neppure a ricordarsi i mesi dell’anno o le tabelline; gli sembrava che quei numeri si divertissero a prenderlo in giro... sette, quattordici, ventuno, ventotto... sei un asino cotto.

Ormai era guerra dichiarata, da una parte della barricata c’erano i numeri e le lettere pronti ad attaccarlo, in qualsiasi momento e, dall’altra parte, c’era lui solo e indifeso, senza armi per combattere.

Quando leggeva, aveva l’impressione che le righe si muovessero e così le lettere e i numeri cominciavano a ballare sul foglio, i suoi occhietti furbi e intelligenti, gli dicevano di andare a destra ma la sua mano andava a sinistra e allora gli prendeva un’ansia terribile di sbagliare e di essere sgridato e si arrabbiava così tanto che gli sembrava di avere nella pancia un vulcano pronto ad eruttare da un momento all’altro, uno di quei vulcani inattivi per secoli che, all’improvviso senza nessun segnale, scagliano fuori lava e lapilli.

Leggere e scrivere, per Leonardo, era come scalare la vetta più alta del mondo, ma lui non era un bravo alpinista e non era attrezzato per affrontare le rocce.

“Non voglio più andare a scuola, basta! Quando leggo spreco solo un sacco di energie, commetto errori su errori e non imparo niente.”- urlò.

Si sdraiò di nuovo sul suo letto blu e arancione, mise la testa sotto il cuscino e si riaddormentò. Quando si svegliò, erano quasi le due del pomeriggio e alle tre sarebbe dovuto essere al campo di calcio per una partita importante. Mangiò qualcosa di veloce, prese il borsone e uscì.

Era piuttosto bravo come calciatore e il suo allenatore lo aveva appena nominato capitano della squadra. Almeno lì, non doveva leggere, né scrivere e, ogni volta che toccava la palla, immaginava di tirare calci ai numeri e alle lettere. Ah, che soddisfazione! Fece un goal dopo l’altro.

La sera, tornò a casa felice e soddisfatto, salì in mansarda e uscì fuori, sul terrazzo della sua grande casa azzurra. Il suo viso fu schiaffeggiato dal freddo pungente dell’inverno. Direzionò il telescopio per vedere meglio le stelle che brillavano in cielo quando, davanti ai suoi occhi, apparve una stella cometa. Era bellissima, fatta di polvere e di ghiaccio. Il cuore cominciò a battere forte per l’emozione.

Leo era un appassionato di stelle e gli sarebbe piaciuto diventare un astronomo sempre che, quel disturbo che gli avevano detto di avere, glielo avesse permesso.

“La tua Leonardo è una difficoltà a leggere e scrivere e a fare i calcoli.”- gli avevano detto. Avevano chiamato quelle difficoltà in modo strano...dis qualcosa, ma Leo proprio non riusciva a ricordare quei nomi che sembravano parolacce.

Guardò ancora la stella cometa poi, andò a dormire.