Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

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Rivelazioni

Non doveva succedere,
questo solo continuo a ripetermi.
Non la dovevo vedere.
Non doveva arrivare quel maledetto mattino.
Ieri… ieri e sembra non so quanto tempo,
perché, se poco o tanto,
non la si comprende più la cognizione del tempo quando si impatta in certi avvenimenti!
Ieri, nella stanza di mio figlio,
ho aperto il cassetto
- stavo riordinando, pulendo, spolverando… come fanno tutte le mamme –
ho aperto il cassetto e “lei” era lì.

E non doveva esserci:
non è quello il luogo
dove ti aspetti di trovarla…
Non lo so, ma dentro un cassetto
tu ti attendi di trovare un fazzoletto sporco… un biglietto del tram scaduto…
un pacchetto di sigarette… un libro… una lettera d’amore…
magari segreta, ma d’amore sant’iddio!
E invece incontri “lei”
e la fissi
e rimani lì ferma.
Ma non “fermi” come quando si è inebetiti,
ma piuttosto “rigidi” come quando ti assale la paura.
No! Mi sono detta, non la dovevo trovare…
E’ come trovare qualcosa che non vi deve essere,
è come spiare nella stanza dei genitori,
è come ascoltare una diagnosi infausta che tu non ti attendi.
… Una siringa! C’era una siringa nel cassetto,
una siringa nel cassetto nella stanza di mio figlio,
una siringa nel cassetto nella stanza della casa della mia famiglia…

Tutto il mondo in quel momento era lì
tutto in una volta
tutto concentrato
come un macigno.
E pesava!
Non so se attimi o ore sono passate,
minuti eterni.
Io a provare a non capire
a non credere
a dire che non era vero
che i miei occhi vedevano male.
Ho aperto e richiuso più volte quel cassetto
ogni volta a sperare in una magia
e attendere come nella scatola del prestigiatore
che alla riapertura non vi si trovasse più nulla.
Non l’ho toccata
è rimasta là
a prenderla in mano mi sarebbe parsa più vera.
Ho provato a riavvolgere il nastro di quelle ore
a pensare che ieri mattina avrei potuto non riordinare,
non entrare nella stanza,
non aprire quel cassetto…
ma il mondo ormai non poteva tornare indietro,
non poteva tornare ad essere più leggero.

Non ho potuto chiudere quel cassetto a chiave.
Non ho potuto chiudere mio figlio a chiave,
ed il cielo sa quanto l’avrei desiderato.
Allora ho fatto ciò che in quel momento potevo fare:
ho chiuso il cassetto dentro di me.
E lo sto conservando,
come un segreto,
come un dolore che non posso dire… che non so dire.
Spero che un giorno
qualcuno, anche per sbaglio,
riesca ad aprire quel cassetto che è in me
e che, con un po’ più di coraggio o di forza o… di amore
riesca a svuotarlo di questo peso.

 


copyright © Educare.it - Anno IV, Numero 12, Novembre 2004