Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

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Il bacio di Mimì

mimiSono le ore 7,30 di una giornata avvolta da un’intensa nebbia fitta. Sono giorni, ormai, che la nebbia, come un denso fumo bianco, emerge all’alba, rendendo ancora più misteriosa la grande bellezza della città di Verona. Il traffico è rallentato. Si fatica persino a camminare. Appena arrivata a scuola salgo direttamente al primo piano, in sala insegnanti. Un saluto e qualche chiacchiera con i miei colleghi e subito davanti al computer. Stampo la verifica della simulazione della prima prova, in attesa dell’arrivo della mia alunna.

Il citofono grigio della portineria squilla: ecco, ci siamo. Afferro la cornetta del citofono, so già che desiderano me:“Professoressa Madeo, è appena arrivata la sua alunna”. “Grazie. Scendo subito”, rispondo con meraviglia. Che strano penso tra me e me: questa mattina è già arrivata. Sono le ore 7.45. Puntuale, anche prima del previsto. Mi avvio ad accoglierla, come ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Da cinque anni, ormai. Attraversando i corridoi e le scale, torno indietro con la mia mente, con i miei ricordi. Torno al primissimo giorno. Al primo giorno in cui ho avuto il privilegio di conoscere una meravigliosa e spiritosa ragazza con due grandi occhi sorridenti ed espressivi. Il suo nome è Mimì.

Ho preso in carico Mimì nell’anno 2009 su nomina del mio attuale Preside, in qualità di insegnante di sostegno, in una scuola superiore paritaria e precisamente in un Istituto Tecnico Relazioni Internazionali per il Marketing - Erica.

Il nostro primo incontro è avvenuto una settimana prima dell’avvio dell’anno scolastico. Timida dalle gote rose, Mimì possiede incanto e innocenza. Stabiliamo da subito, in modo naturale, un’intensa relazione fatta di sguardi, sospiri, frasi dette e non dette. Incuriosita, mi sbirciava con quei suoi grandi occhi lucidi, quasi alla ricerca di andare oltre ad un qualsiasi e banale sguardo. Si nascondeva dietro il braccio di sua madre, come il gioco del nascondino, per poi ripuntare i suoi occhioni ancora verso di me, verso la mia postura, verso i miei movimenti, verso la mia bocca, verso le mie parole, verso la mia voce. Dalla diagnosi clinica, condivisa quel giorno con la sua famiglia, si evidenzia che Mimì è affetta da “oligofrenia[1] grave congenita”.