Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

Breve storia della disabilità - L'ospedalizzazione e la nascita della pedagogia speciale

L'ospedalizzazione e la nascita della pedagogia speciale

Dal XIII secolo in poi, le persone disabili vengono relegate nelle primordiali strutture ospedaliere, gestite dalle comunità monastiche e dalla Chiesa.

A Londra l'ospedale di St. Mary Bethlehem, noto alla storia come Bed-lem, rappresenta uno dei primi manicomi, famoso per i trattamenti brutali e disumani riservati ai pazienti. Simili strutture nascono anche a Parigi, dove disabili fisici e mentali sono rinchiusi nei due ospedali più famosi di tutta la Francia: Salpêtrière e Bicêtre (7).

Negli stessi anni, gran parte della popolazione europea sviluppa una crescente curiosità nei confronti della malattia mentale, tanto che alcune strutture (a Londra, Parigi, e in alcune città della Germania) diventano teatro della “mostruosità”: come raccontato nel film Bedlam di Mark Robson (1946), al costo di pochi penny, i londinesi potevano visitare l'ospedale Bedlam e osservare i comportamenti bizzarri dei pazienti rinchiusi nelle gabbie come animali da circo (8).

Nel XVIII secolo Denis Diderot (1713-1784) mette in discussione le classificazioni che distinguevano il patologico dal normale. I “mostri”, secondo Diderot, sono il simbolo del potere della natura e offrono la prova che l'ordine naturale delle cose non è perfetto. Nei testi Lettera sui ciechi ad uso di quelli che vedono (1749) e Lettera sui sordomuti ad uso di quelli che sentono e che parlano (1751), l'autore afferma che la pluralità e l'eterogeneità sono alla base dell'organizzazione naturale. Non esiste una norma, un'identità, una fisionomia ma ne esistono tante e i fenomeni della natura, complessi ed eterogenei, sono il risultato di una combinazione di vari elementi.

Assistiamo così a una svolta radicale nella rappresentazione della disabilità: normalità e disabilità vengono considerate due espressioni diverse della stessa natura, anche se “la realizzazione di interventi assistenziali nei confronti delle persone disabili ancora non prelude ad alcuna assunzione di responsabilità sul piano educativo” (9).

L'avvenimento che segnò la nascita della “pedagogia speciale” fu il caso del selvaggio dell'Aveyron, il più famoso tra tutti i casi di ritrovamenti di enfants sauvage.

Nell'estate del 1798 venne ritrovato in Francia un ragazzino di 11 anni, cresciuto in solitudine in una foresta dell'Aveyron. Il sauvage fu oggetto di numerosi studi e attirò l'attenzione di curiosi, medici e persino zoologi, venuti da ogni parte d'Europa per visitarlo. Il ragazzo veniva descritto con una faccia scimmiesca, incapace di parlare e di comprendere, presentava numerose cicatrici su tutto il corpo, camminava a quattro zampe e aveva una particolare attitudine ad arrampicarsi sugli alberi.

Philippe Pinel (1745-1826) direttore dell'ospedale Salpêtrière di Parigi, che rinchiudeva al suo interno malati di ogni tipo, si interessò al caso. Egli osservò che il sauvage presentava dei segni clinici comparabili a quelli dei suoi pazienti, affetti da "idiozia congenita”, ma secondo Pinel il deficit organico era così grave da fargli escludere qualsiasi attività educativa.

Jean Marc Gaspard Itard (1775-1838), allievo di Pinel, prese in cura il sauvage nell'estate del 1800, dandogli il nome di "Victor" e conferendogli un inizio di identità civile e sociale. Itard non volle accettare la diagnosi di Pinel, preferì partire dall'ipotesi che Victor fosse affetto da grave ritardo, sia sul piano cognitivo che affettivo, a causa dell'isolamento sociale prolungato e delle condizioni di abbandono in cui era cresciuto. Egli fu il primo a sostenere che la vita dell'uomo è principalmente una vita sociale, sottolineando come l'assenza di un'adeguata socializzazione possa creare l'handicap. Secondo Itard, soltanto l'azione sociale permette all'umanità di sopravvivere e l'individuo fuori dal contesto sociale non è concepibile. Sulla base di questi presupposti teorici, egli avvia il suo intervento educativo nei confronti di Victor, reinserendolo nella vita sociale, cercando di stimolarlo e di insegnargli l'uso della parola.

Questa vicenda introduce una nuova immagine del disabile nella storia: quella del “selvaggio” da educare. La presa in carico di Victor genera un atteggiamento unico fino ad allora, che consiste nel tentativo di normalizzare l'anormalità attraverso l'educazione (10).

A partire dai primi anni dell'Ottocento, in particolare con la rivoluzione industriale, assistiamo a un altro importante cambiamento. In quegli anni inizia a delinearsi un nuovo concetto di normalità che tende a identificarsi con lo stile di vita e gli ideali della nuova classe sociale dominante: la borghesia.

I nuovi ideali di produttività ed efficienza segnano un'ulteriore esclusione sociale del disabile; il normale è colui che partecipa ai processi produttivi e l'idoneità fisica separa il disabile da chi non lo è. Per tutti coloro che non partecipano alla vita produttiva, perché anormali o devianti, l'istituzionalizzazione rappresenta la risposta generalizzata; si diffondono così orfanotrofi, manicomi, ospedali e carceri, tutte strutture che contribuiscono a perfezionare il sistema di controllo sociale che stava prendendo piede in quegli anni.

I sistemi di classificazione e i tecnici deputati alla loro applicazione, assumono sempre di più un ruolo fondamentale, favorendo lo sviluppo di una nuova rappresentazione sociale del disabile: quella del “malato”, di persona bisognosa di cure, di assistenza e di educazione speciale (11).