Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

Breve storia della disabilità - La critica nei confronti delle istituzioni totali

La critica nei confronti delle istituzioni totali

Sull'onda dell'indignazione per le atrocità commesse durante la seconda guerra mondiale, dagli anni '60 in poi, si inasprisce la critica nei confronti delle istituzioni totali.

Nel 1961 Ervin Goffman, sociologo canadese allora ancora poco conosciuto, pubblica una raccolta di saggi sulla realtà istituzionale dei manicomi, dal titolo Asylums. Il lavoro di Goffman punta a far luce sulla presunta normalità attraverso lo specchio rappresentato da moribondi, malati mentali e criminali, “stranieri” che riflettono le parti più sconosciute dell'essere umano, che spesso si preferiscono ignorare (20).

Goffman ritiene che il paziente mentale porti su di se lo “stigma” di un'etichetta attribuitagli dalla società che lo discrimina e cerca di emarginarlo. Lo “stigma” può essere dovuto a deformazioni fisiche, aspetti caratteriali bizzarri e insoliti, o simboli negativi relativi all'etnia di appartenenza e alla religione. Avviene così che su di un individuo e su una sua caratteristica vista come negativa, si concentri l'attenzione collettiva, mettendo in moto un'azione di emarginazione nei suoi confronti, giustificata da un giudizio di pericolosità sociale attribuitogli (21).

Il primo saggio del testo Asylums, “Sulle caratteristiche delle istituzioni totali”, è un lavoro di indagine sulla vita sociale che si svolge all'interno di due organizzazioni limite, che comportano una partecipazione coatta di coloro che da esse dipendono: gli ospedali psichiatrici e le prigioni.

Il carattere totale di queste istituzioni è dipeso dall'impedimento “allo scambio sociale e all'uscita verso il mondo esterno, spesso concretamente fondato nelle stesse strutture fisiche dell'istituzione: porte chiuse, alte mura, filo spinato, rocce, corsi d'acqua, foreste o brughiere” (22).

Nel 1961, anno in cui Goffman pubblica la raccolta di saggi Asylums, Franco Basaglia, psichiatra e neurologo Italiano, assume la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Il lavoro rivoluzionario di Basaglia inizia proprio a Gorizia, esperienza che rappresenta il primo tentativo italiano di proporre una modalità alternativa a una realtà che egli rifiuta tenacemente: il manicomio. Con l'esperienza di Gorizia, Basaglia intendeva rompere le barriere fra ciò che succedeva all'interno del manicomio e il mondo all'esterno “producendo attraverso questa rottura una trasformazione del rapporto fra sano e malato, che metta contemporaneamente in discussione la definizione di salute e malattia come strumento di discriminazione, in un contesto sociale fondato sulla divisione di classe e del lavoro” (23)

Basaglia descrive il manicomio come una struttura ospedaliera costruita per difendere e tutelare il sano dalla follia, un mondo chiuso senza alcun tipo di rapporto con l'esterno; i manicomi venivano infatti costruiti alla periferia delle città affinché la loro presenza non turbasse l'equilibrio della popolazione sana.

Secondo Basaglia la scienza ufficiale si era occupata, fino a quel momento, di separare i malati dai sani, dando ai malati mentali l'etichetta di malati incomprensibili, pericolosi e imprevedibili, e lasciandogli come unica possibilità la morte civile. La nuova psichiatria avrebbe dovuto quindi cambiare approccio, non guardando più ai soli stati morbosi della patologia ma cercando di conoscere il mondo del “diverso”, la sua soggettività e come l'istituzionalizzazione ha influito sul suo stato di degenza.

Basaglia si fa promotore di una riforma che non si conclude all'interno dell'istituzione manicomiale ma allarga i suoi confini alla società nel suo complesso. Solo quando il problema del malato mentale viene affrontato dall'intera società, essa potrà allestire strutture terapeutiche incentrate sui bisogni di un soggetto libero e non di un oggetto messo sotto custodia.

Nel 1978 viene varata la legge n. 180, la cosiddetta legge Basaglia sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, tramite la quale vennero chiusi i manicomi e regolato l'istituto del ricovero coatto in psichiatria. Il varo di questa legge segna una svolta nella strada verso l'integrazione delle persone disabili, spesso assimilate ai malati mentali, riscuotendo ampi consensi in Italia e all'estero. Essa rappresenta a tutti gli effetti uno storico spartiacque tra un prima e un dopo nella psichiatria italiana.

Il lavoro di Basaglia segna così un particolare passaggio nel quadro dell'evoluzione delle cure pischiatriche degli ultimi decenni, dall'ideologia caritatevole che contrassegna tutto l'Ottocento, all'odierna esigenza di controllo di tutte le aree in cui si producono fenomeni di emarginazione.