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La filosofia dialogale di F. Ebner e M. Buber. Riflessioni per una filosofia dell’esistenza

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DialogoNell’ambito della filosofia del Novecento prende vita una sorta di “svolta dialogica” che punterà alla comunicazione interpersonale, alla reciprocità, alla centralità della relazione nell’ambito dei rapporti educativi. Il pensiero di Ferdinand Ebner e Martin Buber ben si inserisce in questa corrente di pensiero in quanto i due filosofi hanno visto nella relazione umana quella dimensione in grado di avvalorare la singolarità e l’unicità dell’individuo. L’articolo si addentra nel sostrato speculativo di tali riflessioni per mostrare la necessità di fondare/rifondare l’educazione sui principi che fanno della vita un’esperienza piena e soddisfacente.

As part of the philosophy of the twentieth century, it takes shape a sort of "dialogic turning point" that will aim to interpersonal communication, reciprocity and to the centrality of the relationship in the context of educational processes. The thought of Ferdinand Ebner and Martin Buber fits well into this way of thinking as the two philosophers saw in the human relationship a dimension capable of supporting the singularity and uniqueness of the human being. In this direction, the pedagogical issue that arises from these reflections will concern the need to constructively reflect on what theoretical bases a pedagogy of educational communication must lay today in terms of the philosophy of existence which, today more than ever, must be inspired by dialogic principles. Such a pedagogy of communication, therefore, may prove to be a continuous process of self-formation which, to lead to a sort of real transformation experience, will have to appeal to the strengthening of some fundamental assumptions of existence such as dialogue, confrontation and communication.

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Zygmunt Bauman, acuto interprete del nostro tempo

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Zigmunt Bauman«Lo scioglimento diventa un processo continuo, niente ha il tempo di solidificarsi, è ciò che io chiamo “modernità liquida”. La modernità odierna, come i liquidi, non può assumere forma per lungo tempo».

Massimo esponente della sociologia contemporanea, Zygmut Bauman fornisce una attenta e incisiva interpretazione dei fenomeni di cambiamento sociale che si verificano nell’epoca moderna, sottoposta nel corso degli anni a modifiche sostanziali a causa della velocità con cui gli strumenti tecnologici si affermano come mediatori di conoscenza e di relazioni umane. In questo contesto i confini materiali e psicologici diventano terreno di confronto e, spesso, di scontro: «le frontiere, materiali o mentali, di calce e mattoni o simboliche sono a volte dei campi di battaglia, ma sono anche dei workshop creativi dell’arte del vivere insieme, dei terreni in cui vengono gettati e germogliano (consapevolmente o meno) i semi di forme future di umanità».

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La teoria di David A. Kolb e la sua applicazione ai musei

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modello di Kolb

Il modello teorico di David Kolb, noto per il suo contributo scientifico al pensiero organizzativo, ha originato un notevole impatto sull’educazione degli adulti. Lo studioso americano immagina l’apprendimento come una spirale continua, ogni anello della spirale ha quattro punti attraverso i quali si concretizza l’acquisizione della conoscenza: l’esperienza concreta, osservazione e riflessione, la formazione dei concetti astratti, la sperimentazione attiva.

Per Kolb l’apprendimento è intimamente connesso alle esperienze pregresse, è un processo sociale che attinge ad altre sfere della propria esistenza e si combina alla reazione dell’individuo di fronte a nuove informazioni.

Tali principi, applicati in un contesto museale, suggeriscono di non prendere in esame soltanto la conoscenza acquisita durante la visita, ma il modo in cui l’individuo si accosta a questa esperienza, in base al suo personale stiledi apprendimento.

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Aspetti della riflessione pedagogica di Aldo Capitini

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Uno degli aspetti che emergono con maggiore frequenza dalla saggistica relativa al pensiero di Capitini è certamente quello relativo al continuo confronto egli instaurò con i principali protagonisti della pedagogia europea e non solo. Può essere interessante focalizzare alcuni nuclei tutt’ora attuali del pensiero del pedagogista perugino, ricercandone le suggestioni e le influenze che egli ricavò da Montessori, Codignola, Don Milani e Gandhi.
Nella riflessione di Capitini, la scuola rappresenta il luogo eletto della formazione dell’uomo e del cittadino che si identifica per capacità critica ed impegno sociale. Tra i banchi si dovrebbero imparare non solo i saperi strumentali e quelli disciplinari, ma anche la pratica della non violenza attraverso un’educazione aperta ai valori universali ed alla dimensione religiosa, meta-empirica, seppur mai confessionale e dogmatica.

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La personalità non violenta secondo l'interpretazione di Giuliano Pontara

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Giuliano Pontara -oltre a essere stato uno dei primi studiosi a introdurre in Italia la Peace Research e soprattutto lo studio sistematico della riflessione etico-politico di Gandhi- è stato uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (IUPIP). Uno degli aspetti maggiormente sottolineati nella sua riflessione metaetica è stato indubbiamente lo studio- e le implicazioni anche in sede educativa- della personalità non violenta, studio condotto anche a partire dalla riflessione gandhiana sulla dimensione psicologica della non violenza. Scopo di questo breve articolo è proprio quello di mettere a fuoco le principali caratteristiche della personalità non violenta.

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Attraversare i confini. L'importanza di non dimenticare Paulo Freire

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Henry Giroux in un interessante saggio definisce l'educatore brasiliano Paulo Freire un attraversatore di confini nella misura in cui ha dimostrato un serio impegno per allontanarsi dalle scontate posizioni della pedagogia classica (1).

Dal Brasile verso il resto dell'America Latina per poi giungere in Africa egli si è dedicato ai più poveri o, per usare le sue stesse parole, agli oppressi. Lavorando nelle favelas o bidonvilles, che si distendono nelle periferie delle grandi metropoli del Terzo Mondo, Freire si è assunto l'impegno di rispettare l'individualità ed il mondo di chi incontrava.

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La nascita psicologica del bambino nel pensiero di M. Mahler

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Intorno agli anni '30 Margaret Mahler incominciò alcuni studi sullo sviluppo infantile, focalizzandosi sui bambini con psicosi.
I bambini con disturbo psicotico secondo M. Mahler non riescono a vedere l'oggetto umano nel mondo esterno e sono impossibilitati di interagire con esso. Il fatto di non riuscire a vedere l'oggetto umano nel mondo esterno sarebbe un'esemplificazione della sindrome autistica, mentre l'incapacità di interazione con un essere umano, se non a patto di vederlo come una parte inscindibile di sé, definisce la patologia simbiotica.

Verso il 1949 M. Mahler cominciò a pensare che le sindromi simil-schizofreniche infantili fossero in origine autistiche o simbiotiche.
Col suo gruppo di ricerca la Mahler sosteneva l'esistenza di un'origine comune della condizione umana e di conseguenza di un processo obbligato di separazione/individuazione nello sviluppo normale. In base a questo presupposto era maturata la credenza che le radici della psicosi infantile fossero situabili intorno all'anno e mezzo/2 anni circa del bimbo, periodo che coincide con la fase di separazione/individuazione.

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Esperienza e educazione nel pensiero di John Dewey

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La produzione di John Dewey presenta una ricchezza di contenuti e direzioni difficilmente rinvenibili in altri pensieri del Novecento, trovando posto contributi che spaziano dalla filosofia alla psicologia, dalla pedagogia alla logica, dalla politica alla sociologia.
Si tratta, ed è bene sottolinearlo, di un disegno unitario che attraversa un lungo arco di tempo: dagli ultimi due decenni dell’Ottocento fino alla metà del Novecento.

Dewey, riflettendo sull'ampiezza e sul significato del proprio lavoro, cercò di individuare un nucleo concettuale che lo qualificasse, arrivando sempre a determinarlo nell’indagine intorno all’educazione e rifiutando di ritenere vera conoscenza quella che non avesse un’implicazione relativa all’agire umano.
Il processo educativo acquisisce, in tal modo, una funzione regolativa, vagliando ogni forma di pensiero secondo la possibilità di coniugare attività teorica e pratica, allontanando al contempo categorie interpretative prive di ogni funzione esplicativa.

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E' ancora attuale il pensiero di Jean Piaget?

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Jean Piaget, nato nel 1896 e morto nel 1980, ha studiato per tutta la sua vita lo sviluppo della intelligenza e quindi lo sviluppo cognitivo del bambino dalla nascita fino ad arrivare alla maturità, dando inizio alla psicologia dello sviluppo di marca cognitivista.
In verità già Freud aveva parlato di “fasi” nello sviluppo del bambino: la fase orale, la fase anale e la fase fallica fino ad arrivare alla maturità genitale. Merito del fondatore della psicoanalisi è stata quello di rivelare la sessualità del bambino fino ad allora ignorata (il bambino è definito un “perverso poliformo”).

La sua teoria della sessualità ci aiuta a spiegare i rapporti all’interno della famiglia, per esempio la famosa triangolarità edipica padre-madre-bambino, anche se alcuni studiosi ritengono che, mutando oggi la situazione sociale e familiare con il decadimento del ruolo del padre, sia mutato lo stesso complesso di Edipo.
Piaget, invece, parte dallo studio di come si sviluppa l’intelligenza descrivendo quattro “stadi” principali. La sua teoria ci aiuta a capire come si sviluppano le operazioni cognitive del bambini fino ad arrivare al pensiero ipotetico-deduttivo che è considerato il punto d’arrivo della maturità.

In questo saggio cercherò di descrivere prima il pensiero di Piaget, la sua teoria degli stadi, poi le principali critiche che gli sono state mosse e infine spiegherò perché Jean Piaget è ancora attuale, nonostante i limiti individuati.

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