Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

La mediazione familiare attraverso la Convenzione sui Diritti dell'Infanzia

La legislazione regionale, seppure apprezzabile nell’impegno di legiferare in una materia negletta dal legislatore statale, continua a considerare e a definire, in una visione adultocentrica, la mediazione familiare un servizio a sostegno dei genitori in crisi. Per esempio nell’art. 2 della legge regionale del 07-10-2008 n. 34 della Regione Liguria “Norme per il sostegno dei genitori separati in situazione di difficoltà si prevedono: “interventi di tutela e di solidarietà in favore dei genitori separati in situazione di difficoltà, attraverso la realizzazione dei Centri di Assistenza e Mediazione familiare”.

Si trascurano in tal modo le indicazioni di documenti non normativi, a livello internazionale e nazionale, come il Documento finale “Un mondo a misura di bambino” (maggio 2002) della Sessione Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU sull’infanzia e la Petizione “La parola ai bambini”, a seguito del primo Convegno Nazionale sulla giustizia minorile dell’UNICEF Italia (svoltosi a Firenze nell’aprile 2004).

Per riportare il bambino al centro nella mediazione familiare e trarre delle direttive bisognerebbe rileggere la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia del 1989 (cosiddetta Convenzione di New York), come si è fatto nel Documento “Per una mediazione a misura di bambini”, a seguito del secondo Convegno Nazionale sulla giustizia minorile promosso dall’UNICEF Italia (svoltosi a Bari nell’aprile 2005).
Parafrasando i capoversi quinto e seguenti del Preambolo della Convenzione si può affermare che la mediazione familiare fornisce l’assistenza e la protezione necessarie alla famiglia perché continui ad assumere pienamente le sue responsabilità all’interno della comunità. E’ una mediazione passiva affinché la famiglia seppure in crisi possa continuare ad essere “luogo di mediazione attiva”, come è stata da alcuni definita.

Riconosciuto che il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione, la mediazione tenta di riportare la vita familiare allo spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di eguaglianza e di solidarietà. Questi principi devono costituire l’alfabeto cui indirizzare la coppia in crisi. In particolare i confliggenti sono portati a “com-prendere” che la solidarietà è un vincolo indissolubile anche nelle famiglie lacerate e la primaria forma di questa solidarietà è la genitorialità che, peraltro, è la naturale metamorfosi dell’intimo vincolo (etimologicamente “qualcosa che avvolge, intreccia” e quindi più forte del semplice “legame”) della coppia, ovvero della sponsalità (“farsi promesse”) e della coniugalità (“assumere lo stesso peso”), indipendentemente dalle sorti del matrimonio.

“In tutte le decisioni riguardanti i fanciulli […], l’interesse superiore del fanciullo deve costituire oggetto di primaria considerazione” (art. 3 par. 1 Convenzione); l’intervento (dal significato latino venire in mezzo) mediativo è finalizzato a riportare l’attenzione dei genitori, concentrati su se stessi e sulle loro rivendicazioni, dal contendersi il figlio o dallo strumentalizzarlo a confliggere (dal significato latino far incontrare, mettere a confronto) verso l’interesse (letteralmente che sta in mezzo) del bambino.