- Categoria: Monografie
- Scritto da Vincenzo Amendolagine
Il sovrappeso e l’obesità in età evolutiva: cause e linee di intervento
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Nel mondo i minori in eccesso ponderale (sovrappeso ed obesità) sono oltre quaranta milioni. Un monitoraggio effettuato sui bambini italiani di nove anni avverte che i soggetti in sovrappeso sono circa il 22%, mentre quelli obesi costituiscono il 10% di tale popolazione.
Diversi fattori sono alla base di questo incremento del peso, in primo luogo la sedentarietà. Frequentemente i genitori sottovalutano tale problematica, ignorando le conseguenze che siffatta condizione comporta; il più delle volte è sufficiente una ristrutturazione dello stile di vita dei ragazzi per debellare questa tendenza.
L’articolo analizza i diversi aspetti di questo fenomeno complesso, da quelli medici all’intervento psicoeducativo, al ruolo della scuola.
La sedentarietà
Diverse ricerche svolte hanno avvalorato la tesi secondo cui la sedentarietà predispone all’insorgenza di diverse malattie. Infatti, uno stile di vita sedentario produce le seguenti alterazioni:
- aumento della trigliceridemia e della colesterolemia;
- riduzione della sensibilità all’insulina;
- incremento dei processi di demineralizzazione ossea, con conseguente osteoporosi;
- implementazione dei disturbi psicologici e di adattamento sociale, tanto nei bambini che negli adulti.
Da stime recenti, fatte dall’Organizzazione Mondiale della Salute, ogni anno nel mondo circa tre milioni di persone muoiono per cause imputabile ad uno stile di vita sedentario. D’altra parte, secondo un’inchiesta svolta nel 2008, circa un terzo della popolazione mondiale conduce una vita sedentaria e, fra i generi, le donne rispetto ai maschi sono meno propense a praticare un’attività motoria e sportiva.
In Italia, dai dati Istat del 2010, si evince che il 38% della popolazione dai tre anni in su non effettua nessuna attività sportiva.
Riguardo alla distribuzione sul territorio nazionale, sembra che le regioni del Nord-Est siano le più attive per quel che riguarda la pratica sportiva: infatti, in tale zona geografica la percentuale della popolazione globale che pratica lo sport è attestata sul 40%. Gli ultimi posti in questa classifica sono occupati dalle regioni meridionali, dove si trova una percentuale molto bassa di persone che praticano l’attività sportiva. In Campania e Sicilia solo due persone su dieci praticano uno sport.
Dallo studio PASSI (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) del 2009, denominato “Guadagnare Salute”, si evince che il 30% delle persone intervistate non pratica nessuna attività fisica. Inoltre, la percentuale di individui che adotta uno stile di vita sedentario è maggiore con l’avanzare dell’età, cresce con il minore grado di istruzione e con le difficoltà economiche. In pratica, le persone più anziane, meno istruite e con problemi economici tendono a non praticare l’attività motoria.
Un problema che sta assumendo connotazioni importanti è rappresentato dall’incremento del sovrappeso e dell’obesità nell’età evolutiva, legato soprattutto allo stile di vita sedentario. Infatti, il 38% dei bambini passa più di tre ore al giorno a guardare la televisione o a giocare ai videogiochi.
Spesso né le famiglie e né la scuola hanno coscienza delle problematiche connesse allo stile di vita sedentario e al conseguente incremento di peso. A questo riguardo, per esempio, i genitori sottovalutano l’importanza dell’attività motoria e sportiva nella crescita dei propri figli e le scuole hanno un monte ore dedicato a queste discipline estremamente esiguo.
Il sovrappeso e l’obesità infantile
Dai dati del 2011 dell’Organizzazione Mondiale della Salute si può evincere che più di quaranta milioni di bambini, con un età inferiore ai cinque anni, manifesta un eccesso ponderale. Tale condizione comprende due quadri clinici:
- il sovrappeso, in cui si ha un indice di massa corporea (BMI) superiore all’85° percentile;
- l’obesità caratterizzata da un indice di massa corporea superiore al 95° percentile.
L’indice di massa corporea rappresenta il rapporto fra il peso di un individuo, espresso in Kg, e la sua altezza al quadrato, espressa in metri.
Solitamente l’indice di massa corporea è un parametro che da solo può essere usato per diagnosticare l’eccesso ponderale nell’adulto. Infatti, si parla di sovrappeso nell’adulto quando l’indice di massa corporea è compreso fra 25 e 29,9 e di obesità quando il BMI è uguale o superiore a 30.
Nel bambino per diagnosticare con più precisione il sovrappeso e l’obesità si usano anche altre misurazioni come la circonferenza vita e la plica tricipitale. D’altra parte, il considerare il solo indice di massa corporea diventa poco attendibile, in quanto per essere più precisi bisognerebbe rapportarlo a quello che caratterizza la maggior parte dei bambini della stessa età, della stessa popolazione e della stessa zona geografica. Per ovviare a questo, ci si riferisce a delle curve di crescita standard dei ragazzi italiani che sono state elaborate dalla Società Italiana di Diabetologia ed Endocrinologia Pediatrica e che possono essere utilizzate per un range di età che va dai due ai venti anni.
Al di sotto di questa età, ovvero prima dei ventiquattro mesi, si misura il rapporto fra il peso del bambino e la sua lunghezza. In pratica, si definisce in sovrappeso un infante che presenta questo rapporto superiore al 97° percentile e obeso allorquando il rapporto supera il 99° percentile.
In Italia, il monitoraggio della popolazione infantile avviato con il progetto “OKkio alla Salute” ha messo in evidenza che, fra i bambini di nove anni, il 22% è in sovrappeso, mentre il 10% è obeso. I piccoli che presentano questo eccesso ponderale si trovano prevalentemente nelle regioni meridionali.
L’obesità, seguendo la definizione dell’OMS, può essere esplicitata come un incremento di tessuto adiposo nel corpo, che determina un aumento del peso corporeo, che si ripercuote negativamente sulle condizioni generali di salute.
L’obesità può essere classificata in primaria (o essenziale) e secondaria.
Solitamente nell’obesità primaria c’è una statura normale o maggiore rispetto alla media. Al contrario nell’obesità secondaria si notano, frequentemente, ritardo psicomotorio e un’altezza inferiore a quella fisiologica per l’età.
La primaria riconosce come cause determinanti un apporto calorico alimentare superiore al fabbisogno e uno stile di vita sedentario. Tuttavia bisogna considerare l’obesità infantile primaria una patologia multifattoriale, in cui la predisposizione genetica (sembra che il gene FTO sia implicato nella comparsa dell’obesità) svolge un ruolo importante, per cui laddove trova le condizioni ambientali favorevoli il quadro clinico si manifesta. A riprova di ciò, spesso, i bambini obesi hanno entrambi i genitori o uno dei due che presenta un eccesso ponderale.
La secondaria, che si presenta in percentuali molto basse, è la conseguenza di altre condizioni, che possono essere compendiate in cause genetiche, ormonali o farmacologiche (l’assunzione di alcuni farmaci determina l’incremento del peso corporeo).
Ci sono diverse condizioni che predispongono il bambino all’insorgenza dell’eccesso ponderale. Fra queste situazioni sono da ricordare alcune che intervengono già durante la gravidanza. Per esempio, la malnutrizione per eccesso o per difetto della madre durante la gestazione predispone l’infante ad alterazioni metaboliche che determinano l’insorgenza di sovrappeso nelle epoche successive. D’altra parte, anche il diabete gravidico della madre ha un influenza deleteria sul peso successivo del bambino. Un’altra condizione che incrementa le possibilità che il ragazzo possa avere problematiche relative al peso è rappresentata dal fumo di sigaretta materno durante il periodo gravidico.
Comunque al di là delle singole predisposizioni individuali, un ambiente obesogeno conduce il bambino ad un incremento del proprio peso. Fra le varie condizioni determinanti, legate allo stile di vita, sono da ricordare:
- una prima colazione scarsa o assente;
- una cena abbondante consumata mentre si segue qualche programma televisivo;
- un utilizzo eccessivo di cibi ad alto contenuto calorico e di bevande zuccherine;
- una scarsa presenza di frutta e verdura nella dieta quotidiana;
- la prevalenza di comportamenti sedentari;
- l’utilizzo di alcuni cibi come premio o castigo da parte dei genitori.
Nell’insorgenza dell’obesità infantile sembra che un ruolo importante è ascritto ai composti chimici che, a vario titolo, sono utilizzati nell’industria e nell’agricoltura. Ci si riferisce ai policlorobifenili, ad alcuni metalli pesanti, come il piombo, il mercurio, il cadmio, e ai pesticidi agricoli.
Questi composti agiscono sul sistema endocrino dell’individuo, alterando i meccanismi che presiedono alla fisiologia dell’alimentazione (fame, sazietà ecc.) e alla morfofisiologia delle cellule adipose.
Le condizioni morbose che accompagnano l’eccesso ponderale
L’obesità si può concettualizzare come un quadro clinico che determina una serie di condizioni patologiche che possono rendersi evidenti già nell’età evolutiva. A questo riguardo si evidenziano una serie di patologie sintetizzabili in:
- alterazioni dell’apparato cardiovascolare;
- alterazioni metaboliche;
- alterazioni respiratorie;
- alterazioni gastrointestinali;
- alterazioni ortopediche;
- alterazioni endocrine;
- alterazioni nutrizionali.
Nell’ambito delle alterazioni cardiovascolari, i ragazzi che presentano eccesso ponderale tendono frequentemente all’ipertensione (nel minore si definisce ipertensione il valore della pressione arteriosa superiore al 95° percentile oppure superiore a 120/80 mmHg) . Inoltre in essi si formano sovente delle placche ateromatose che si depositano sulle pareti dei grossi vasi (aorta).
Fra le alterazioni metaboliche sono da ricordare:
- l’aumento dei trigliceridi ematici;
- l’incremento del colesterolo totale;
- la comparsa di diabete di tipo 2.
Riguardo alle alterazioni respiratorie sono da annoverare:
- la sindrome da apnee notturne, che è contraddistinta da momenti, durante il sonno, in cui vi è la completa o parziale ostruzione delle vie respiratorie, per cui la qualità del sonno appare scadente e la giornata del bambino è connotata da una sonnolenza costante, che causa apatia, difficoltà di concentrazione e di attenzione nel contesto scolastico;
- l’asma: i bambini che presentano eccesso ponderale hanno maggiori probabilità di sviluppare l’asma nei primi anni di vita, anche se alcuni Autori ritengono controversa tale ipotesi.
Relativamente all’apparato gastrointestinale, spesso compare il reflusso gastroesofageo, ovvero parte del succo gastrico risale nell’esofago. Inoltre, possono essere presenti calcoli nella colecisti e nelle vie biliari. Con una frequenza maggiore che nei normopeso compare la steatosi epatica, cioè nelle cellule del fegato si riscontrano degli accumuli adiposi, che provocano sofferenza dell’organo.
Riguardo alle alterazioni ortopediche, si nota nei bambini obesi un incremento delle seguenti condizioni:
- ginocchio valgo;
- piede piatto;
- osteocondrosi deformante della tibia;
- epifisiolisi dell’anca.
Nell’ambito delle alterazioni endocrine, nella bambine obese si constata una precocità del menarca e nei ragazzi un ritardato sviluppo puberale. Inoltre, nelle ragazze si può osservare un incremento degli ormoni androgeni, che provoca la comparsa di una peluria diffusa, manifestazioni acneiche, alopecia e cisti nell’ovaio.
Nell’ambito nutrizionale si osserva una diminuzione della quantità di vitamina D nell’organismo ed una sideropenia.
Le conseguenze del sovrappeso e dell’obesità, laddove non ci sono manifestazioni cliniche già concomitanti, si manifestano nel medio e lungo periodo. Fra di esse sono da ricordare:
- la sindrome metabolica, caratterizzata da ipertensione, alterazione del metabolismo glucidico e dislipidemie;
- il diabete di tipo 2.
Queste conseguenze si riducono laddove si intraprende un trattamento teso a normalizzare il peso e a cambiare lo stile di vita.
Le problematiche psicologiche e le dinamiche familiari nel sovrappeso e nell’obesità infantile
I bambini che presentano eccesso ponderale nell’età evolutiva, dal punto di vista cognitivo, non manifestano problematiche di rilievo, se non la difficoltà ad assumere un ruolo attivo, connesso alle sfide cognitive rapportabili alle performance scolastiche.
La scarsa tolleranza alle frustrazioni li porta ad arrestarsi di fronte alle nuove situazioni o a quelle in cui devono misurarsi con l’aspetto valutativo della prestazione, per cui in tali circostanze essi arretrano e si inibiscono.
Diverse ricerche hanno correlato l’obesità con il disturbo da deficit di attenzione con iperattività. Sembra che tale sindrome sia due volte più frequente nei bambini obesi rispetto a quelli normopeso.
Spesso l’obesità è associata ad un incremento dei disturbi di ansia, rapportabile ad un livello più basso di autostima e di soddisfazione per la propria corporeità.
Un altro problema abbastanza importante è rappresentato dal bullismo, di cui sono fatti oggetto. Da diverse ricerche svolte sembra che i bambini obesi hanno il 63% di probabilità in più rispetto ai coetanei normopeso di essere vittime di bullismo.
La famiglia del bambino obeso, sovente, presenta delle peculiarità che si possono compendiare nei seguenti punti:
- si riscontra frequentemente un’ambivalenza nei confronti dei propri figli e, soprattutto, un’incoerenza riguardo alle regole educative. Infatti, esse variano dal marito alla moglie e sembrano più dettate da fluttuazioni del tono dell’umore, piuttosto che da un’ideologia pedagogica di base;
- la madre ha nei confronti dei propri figli delle aspettative che appaiono poco realistiche, non in sintonia con la spinta fisiologica che porta il bambino ad esplorare e a fare esperienza nella realtà. Questa propulsione viene ostacolata per una forma di iperprotezione;
- il ragazzo percepisce il condizionamento materno e ciò determina un’ipoteca sul suo sviluppo ed ostacola il suo aprirsi al mondo;
- il prendere come bussola per la propria navigazione quotidiana i desideri di qualcun altro conduce il piccolo ad una forma di alienazione, responsabile di una paralisi che si ripercuote sulla sua vita. In ragione di ciò, egli ha difficoltà a rapportarsi con l’alterità, a strutturare un’immagine valida di sé e a conquistare il senso di autoefficacia e di autostima;
- la madre del bambino obeso è fondamentalmente insicura. Questa insicurezza ha una lunga ombra cronologica, rapportabile alla sua infanzia. Infatti, nella fanciullezza materna sono presenti figure genitoriali che hanno dato origine ad un attaccamento insicuro;
- il rapporto che si instaura fra i due coniugi riflette questa insicurezza materna, per cui ella ha bisogno di continue conferme da parte del marito, che, il più delle volte, non arrivano;
- attraverso il cibo in abbondanza che la donna fornisce al proprio figlio lenisce le sue insicurezze e la paura, che presenta, di essere abbandonata.
Spesso i genitori non hanno cognizione adeguata dell’eccesso ponderale del proprio rampollo. Tale percezione è una variabile da mettere in relazione con tre ordini di fattori:
- lo stato socioeconomico della famiglia;
- il grado di istruzione dei genitori;
- l’eventuale presenza di sovrappeso o obesità in uno o in entrambi i genitori.
A questo proposito più lo stato socioeconomico e il grado di istruzione sono bassi e meno viene avvertito come problema l’obesità dei figli. D’altra parte se i genitori, soprattutto la madre, presentano anch’essi un eccesso ponderale difficilmente riconosceranno nella propria prole delle problematiche legate al rapporto con il cibo.
I benefici effetti dell’attività fisica
Riguardo ai benefici effetti che l’attività fisica ha sulla salute sembra sia divenuto un dato di fatto, convalidato da numerose evidenze scientifiche.
Rispetto alle cause globali di morte, l’attività fisica le riduce del 30% circa. Inoltre è palese che la pratica di attività fisica e sportiva, sin dall’età evolutiva, riduce il rischio di ammalarsi di una serie di patologie cardiovascolari, quali:
- alterazioni nella circolazione coronarica;
- infarto;
- ipertensione.
Inoltre la regolare attività fisica previene l’insorgenza del diabete di tipo 2, delle dislipidemie e laddove esse sono già presenti attenua le complicanze, migliorando il quadro clinico generale.
L’attività motoria ha anche altri vantaggi evidenti, quali:
- diminuisce la probabilità di avere fratture nelle anche e nella colonna vertebrale;
- restringe del 30% le limitazioni funzionali legate all’avanzare dell’età;
- ha un’azione positiva nella prevenzione del tumore della mammella, del colon, del polmone e dell’endometrio;
- migliora la salute mentale, prevenendo le sindrome depressive, la demenza senile e fa evolvere positivamente le sindromi ansiose, i disturbi del sonno, la sindrome da stanchezza cronica, le sindromi correlate allo stress.
Le terapie psicopedagogiche nel sovrappeso e nell’obesità dell’età evolutiva
In ogni condizione di sovrappeso e di obesità dell’età evolutiva bisogna intervenire in primo luogo sullo stile di vita che caratterizza il bambino. A questo riguardo, si devono attuare dei programmi nell’ambito dell’educazione alimentare e nella promozione dell’attività fisica. Chiaramente tali azioni devono coinvolgere l’intero nucleo familiare, in quanto solo intervenendo sul contesto familiare si possono ottenere dei cambiamenti incisivi. Gli obiettivi che le terapie psicopedagogiche devono avere possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
- mutare la strutturazione della quotidianità del bambino;
- procedere ad una regolarizzazione dell’assunzione di cibo durante la giornata, individuando degli orari prestabiliti in cui suddividere la razione alimentare giornaliera;
- eliminare il più possibile le occasioni di sedentarietà, diminuendo le frazioni temporali dedicate alla televisione, al computer o al fare i compiti dopo la scuola;
- evitare il più possibile il mangiare fuori casa, soprattutto nei fast food;
- abolire il consumo durante i pasti di bevande zuccherine e gasate al posto dell’acqua;
- rimodulare gli interessi del bambino, aiutandolo ad aprirsi a nuove attività, sintoniche con uno stile di vita più salutare;
- incrementare tutte le occasioni per fare movimento o per praticare un’attività sportiva.
Lo scopo che ogni cura deve avere è quella che l’Organizzazione Mondiale della Salute definisce come “educazione terapeutica del paziente”, ovvero un atto pedagogico attraverso il quale si insegna alla persona malata ad avere un ruolo attivo, mediante:
- il capire la malattia e la terapia a cui si deve sottoporre;
- il cooperare con chi si occupa della gestione della sua salute;
- lo sperimentare uno stile di vita che migliori la propria vitalità e implementi le strategie adatte ad accrescere la qualità della vita.
Nella patogenesi del sovrappeso e dell’obesità dell’età evolutiva esistono delle variabili tipo psicologico, legate al simbolismo che si crea fra il cibo e le emozioni. Inoltre, frequentemente, il ragazzo ha perso la sintonia con il proprio corpo e con i propri bisogni, per cui non riconosce più i segnali di fame o di sazietà.
Tutto questo avviene per una serie di motivazioni che si strutturano nel corso della sua crescita ed ipotecano il rapporto con l’ambiente circostante. Riguardo alla corrispondenza fra cibo ed emozioni, talvolta succede che il bambino per temperamento (innato) sia particolarmente agitato fin dalle prime fasi della sua esistenza. In questo caso la mamma, non sapendo come calmarlo o non riconoscendo i bisogni del proprio figlio come meritevoli di altre risposte, utilizza il cibo per renderlo più tranquillo. Ciò determina un’associazione nella mente del bambino, ovvero egli impara che per lenire il disagio e lo stress deve ricorrere al cibo.
Nella personalità del bambino affetto da obesità si trovano delle altre caratteristiche che si possono compendiare nei seguenti punti:
- la difficoltà a riconoscere le proprie emozioni e quindi a dare ad esse una risposta appropriata (l’unica strategia che egli possiede per lenire i suoi stati d’animo è il ricorrere al cibo);
- nella relazione con l’alterità ha un ruolo passivo, che lo porta a rimanere ai margini;
- nella relazione con se stesso tende ad essere eccessivamente critico, constatando spesso una distanza eccessiva fra il proprio sé reale e quello ideale. Ciò determina un grave ripercussione sull’autostima.
Alla luce di ciò qualsiasi trattamento psicoeducativo deve esplicarsi attraverso i seguenti parametri procedurali:
- l’educazione all’affettività con l’obiettivo di riconoscere le proprie emozioni ed incrementare le risposte diversificate ad esse;
- l’educazione all’assertività con l’intento di affermare se stessi nella relazione con gli altri, imparando ad esprimere i bisogni, i desideri e i propri punti di vista;
- l’educazione alla decolpevolizzazione per evitare di avere un’idea sempre più negativa di sé per via delle condotte messe in atto e che diviene il primo passo per percepirsi in maniera differente;
- l’educazione all’autostima con lo scopo di avere una percezione del proprio sé più realistica, meno soggetta alla “tirannia del dover essere” e meno distante dal sé ideale.
Frequentemente i ragazzi obesi sono affetti dal disturbo da alimentazione incontrollata, che è caratterizzato:
- dal consumare i pasti con estrema voracità;
- dal mangiare anche quando non si avverte lo stimolo della fame;
- dal perdere il controllo della sensazione di sazietà, per cui l’alimentarsi viene spinto fino al sentirsi male;
- dall’avere una sensazione negativa di sé, incrementata ogni volta che si finisce di mangiare, per non avere avuto la forza di esercitare il proprio autocontrollo alimentare.
Nel disturbo da alimentazione incontrollata mancano le condotte di eliminazioni, che si trovano in altri quadri clinici come la bulimia, nella quale si cerca di rimediare alla grande abbuffata, provocandosi il vomito.
Come si diceva, qualsiasi trattamento psicoeducativo deve coinvolgere la famiglia del bambino, in modo da ristrutturare gli stili genitoriali (il modello da perseguire è quello autorevole), gli stili comunicazionali (è bene che tutti i membri della famiglia abbiano come paradigma verso cui procedere lo stile comunicativo assertivo, che tiene conto dei propri bisogni, ma anche di quelli degli altri, rispettandoli) e l’espressione dei conflitti (si deve andare verso un’idea della famiglia che sia di tipo cooperativo piuttosto che competitivo, nella quale gli scontri diventano un’occasione di crescita per migliorare la qualità dello stare insieme).
La lotta alla sedentarietà e la promozione dell’attività fisica nei contesti scolastici
Si riportano alcune linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità e del Sistema Nazionale per le Linee Guida (cfr. Bibliografia) per combattere la sedentarietà ed incrementare l’attività fisica in bambini e adolescenti. Questi suggerimenti sono rivolti agli educatori, al personale sanitario che si occupa dei soggetti in età evolutiva e alle famiglie.
- Per implementare l’attività fisica dei bambini fino ai tredici anni, nei contesti scolastici, le ore dedicate all’educazione fisica dovrebbero prevedere almeno la metà del tempo destinato ad attività motorie che richiedano un certo dispendio di energie. Per fare questo è opportuno:
- diminuire il numero degli alunni seguiti durante l’ora di educazione fisica, per dar modo a tutti i ragazzi di lavorare;
- servirsi di ampi spazi che permettano un gioco di squadra, in modo da dare la possibilità a tutti di partecipare.
- È necessario aumentare nei bambini la consapevolezza cognitiva del tempo passato in attività sedentarie, insegnando delle procedure di automonitoraggio, come per esempio tenere un diario del tempo quotidiano trascorso davanti alla televisione o al computer. Sarebbe opportuno che i ragazzi si confrontassero, con un lavoro di gruppo o attraverso la discussione fra di loro, sul tempo trascorso in attività sedentarie.
- Una delle attività da proporre ai bambini è quella di sperimentare una settimana senza televisione o videogiochi, cercando di trovare con il brainstorming delle attività piacevoli che possano essere fatte in alternativa. In ogni occasione, dovrebbe essere comunque ribadito un minore utilizzo temporale quotidiano della televisione e dei videogiochi.
- Il Consiglio d’Istituto deve adoperarsi affinché nella propria scuola sia prevista una fetta oraria quotidiana di trenta minuti per ogni alunno dedicata all’attività motoria, che sia svolta da educatori con una preparazione in tale settore.
- Gli insegnanti devono creare delle occasioni per incentivare la pratica dell’attività motoria durante la ricreazione e nella pausa pranzo, nelle scuole che prevedono tale servizio.
- Laddove esistono nei bambini dei problemi di eccesso ponderale si deve intervenire con delle metodiche interdisciplinari che prevedano la collaborazione fra personale sanitario ed educativo, con l’obiettivo di ridurre l’introito calorico e di aumentare, con l’attività fisica, il dispendio energetico. Ogni ragazzo che presenta questa condizione deve sottoporsi ad un follow up ogni tre mesi.
- Sia gli insegnanti che gli operatori sanitari, ognuno nel proprio ambito e con le proprie competenze, devono farsi portatori del messaggio che alla televisione o ai videogiochi non si devono dedicare più di due ore al giorno e contestualmente va incrementata la propensione ad attuare qualsiasi attività fisica e a razionalizzare l’assunzione di cibo.
- Gli organi centrali (Ministero, Parlamento ecc.) dovrebbero agire a livello legislativo, destinando anche un certo numero di risorse economiche, per implementare:
- le attività motorio - sportive e di educazione alla salute nelle scuole;
- tutte le occasioni per praticare gli sport nei contesti extrascolastici.
- L’obiettivo che le attività motorie devono avere, oltre a quello di agevolare la crescita armonica e serena dei ragazzi, deve essere anche quella di stimolare la loro curiosità e i loro interessi. Per tale ragioni vanno programmati interventi nell’ambito dell’educazione motoria che tengano conto di queste variabili.
- I luoghi deputati alla pratica motoria e sportiva nei contesti scolastici devono essere fatti oggetto di continue manutenzioni e soprattutto, ogniqualvolta si praticano tali attività, bisogna accertarsi che i ragazzi seguano tutte le procedure atte ad assicurare la loro incolumità, assicurando prima di tutto la presenza di un adulto preparato e competente in tali discipline.
- L’educazione motoria deve essere strutturata in maniera tale che nella scuola primaria assicuri l’acquisizione delle abilità motorie di base e nella scuola secondaria di primo grado l’acquisizione di tutte quelle attività motorie che i ragazzi possono fare per conto proprio e la cui pratica deve accompagnarli per tutta la vita.
- È compito della scuola implementare l’autodeterminazione nel tempo libero, nell’ambito dell’attività motoria e sportiva, creando un collegamento fra contesti scolastici ed attività - strutture sportive presenti sul territorio.
- Ogni giorno i ragazzi fra i 5 e i 17 anni dovrebbero praticare un’ora di un’attività fisica moderata di tipo aerobico e almeno tre volte la settimana un attività che preveda un dispendio energetico maggiore, con l’obiettivo di rinforzare i muscoli e le ossa.
- Perché l’attività fisica possa diventare costume costante e quotidiano delle nuove generazioni devono essere previsti programmi educativi e delle campagne di sensibilizzazione almeno quinquennali.
- Ogni programma educativo da attuarsi all’interno dei contesti scolastici deve prevedere un monitoraggio dei possibili fruitori, per individuare i soggetti che avrebbero maggiori necessità di praticare le attività motorio - sportive (soggetti sedentari, alunni provenienti da situazioni di svantaggio socio - economico - culturale, disabili).
- Le politiche locali dovrebbero adoperarsi in modo che le scuole che possiedono dei luoghi destinati all’esercizio fisico e sportivo (palestre, campi da gioco ecc.) siano aperte anche nei periodi in cui non c’è attività didattica.
- Le scuole devono prevedere programmi pratici di educazione stradale in maniera da permettere, in accordo con gli enti locali e con le famiglie, ai bambini di recarsi a scuola a piedi.
- Tutte le attività che la scuola propone nell’ambito dell’educazione motoria e sportiva devono tener conto dell’aspetto ludico, per cui una parte del tempo dedicato ad esse è bene strutturarlo sotto forma di attività ludica.
- Il personale che si occupa, a vario titolo, delle attività motorie e sportive deve avere una preparazione nell’ambito delle tecniche di counselling, in modo da incrementare la possibilità di scelta e il senso di autoefficacia dei ragazzi. Inoltre si deve implementare il naturale desiderio di avventura e di sfida dei minori, proponendo delle attività che stimolino tali emozioni.
- Nell’ambito dell’educazione fisica deve essere aumentata la percezione degli aspetti positivi legati all’attività fisica, come “la partecipazione, il divertimento e lo sviluppo personale”, mentre devono essere minimizzati gli aspetti negativi (scarsa riuscita nelle performance richieste).
- Qualsiasi programma di educazione alla salute, che passa attraverso l’incremento dell’attività fisica dei bambini, deve occuparsi anche dei genitori, in modo da spingerli a praticare quotidianamente un’attività motoria che sia d’esempio per i propri figli.
copyright © Educare.it - Anno XIV, N. 8, agosto 2014