- Categoria: Monografie
- Scritto da Vincenzo Amendolagine
Il sovrappeso e l’obesità in età evolutiva: cause e linee di intervento - Le terapie psicopedagogiche
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Le terapie psicopedagogiche nel sovrappeso e nell’obesità dell’età evolutiva
In ogni condizione di sovrappeso e di obesità dell’età evolutiva bisogna intervenire in primo luogo sullo stile di vita che caratterizza il bambino. A questo riguardo, si devono attuare dei programmi nell’ambito dell’educazione alimentare e nella promozione dell’attività fisica. Chiaramente tali azioni devono coinvolgere l’intero nucleo familiare, in quanto solo intervenendo sul contesto familiare si possono ottenere dei cambiamenti incisivi. Gli obiettivi che le terapie psicopedagogiche devono avere possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
- mutare la strutturazione della quotidianità del bambino;
- procedere ad una regolarizzazione dell’assunzione di cibo durante la giornata, individuando degli orari prestabiliti in cui suddividere la razione alimentare giornaliera;
- eliminare il più possibile le occasioni di sedentarietà, diminuendo le frazioni temporali dedicate alla televisione, al computer o al fare i compiti dopo la scuola;
- evitare il più possibile il mangiare fuori casa, soprattutto nei fast food;
- abolire il consumo durante i pasti di bevande zuccherine e gasate al posto dell’acqua;
- rimodulare gli interessi del bambino, aiutandolo ad aprirsi a nuove attività, sintoniche con uno stile di vita più salutare;
- incrementare tutte le occasioni per fare movimento o per praticare un’attività sportiva.
Lo scopo che ogni cura deve avere è quella che l’Organizzazione Mondiale della Salute definisce come “educazione terapeutica del paziente”, ovvero un atto pedagogico attraverso il quale si insegna alla persona malata ad avere un ruolo attivo, mediante:
- il capire la malattia e la terapia a cui si deve sottoporre;
- il cooperare con chi si occupa della gestione della sua salute;
- lo sperimentare uno stile di vita che migliori la propria vitalità e implementi le strategie adatte ad accrescere la qualità della vita.
Nella patogenesi del sovrappeso e dell’obesità dell’età evolutiva esistono delle variabili tipo psicologico, legate al simbolismo che si crea fra il cibo e le emozioni. Inoltre, frequentemente, il ragazzo ha perso la sintonia con il proprio corpo e con i propri bisogni, per cui non riconosce più i segnali di fame o di sazietà.
Tutto questo avviene per una serie di motivazioni che si strutturano nel corso della sua crescita ed ipotecano il rapporto con l’ambiente circostante. Riguardo alla corrispondenza fra cibo ed emozioni, talvolta succede che il bambino per temperamento (innato) sia particolarmente agitato fin dalle prime fasi della sua esistenza. In questo caso la mamma, non sapendo come calmarlo o non riconoscendo i bisogni del proprio figlio come meritevoli di altre risposte, utilizza il cibo per renderlo più tranquillo. Ciò determina un’associazione nella mente del bambino, ovvero egli impara che per lenire il disagio e lo stress deve ricorrere al cibo.
Nella personalità del bambino affetto da obesità si trovano delle altre caratteristiche che si possono compendiare nei seguenti punti:
- la difficoltà a riconoscere le proprie emozioni e quindi a dare ad esse una risposta appropriata (l’unica strategia che egli possiede per lenire i suoi stati d’animo è il ricorrere al cibo);
- nella relazione con l’alterità ha un ruolo passivo, che lo porta a rimanere ai margini;
- nella relazione con se stesso tende ad essere eccessivamente critico, constatando spesso una distanza eccessiva fra il proprio sé reale e quello ideale. Ciò determina un grave ripercussione sull’autostima.
Alla luce di ciò qualsiasi trattamento psicoeducativo deve esplicarsi attraverso i seguenti parametri procedurali:
- l’educazione all’affettività con l’obiettivo di riconoscere le proprie emozioni ed incrementare le risposte diversificate ad esse;
- l’educazione all’assertività con l’intento di affermare se stessi nella relazione con gli altri, imparando ad esprimere i bisogni, i desideri e i propri punti di vista;
- l’educazione alla decolpevolizzazione per evitare di avere un’idea sempre più negativa di sé per via delle condotte messe in atto e che diviene il primo passo per percepirsi in maniera differente;
- l’educazione all’autostima con lo scopo di avere una percezione del proprio sé più realistica, meno soggetta alla “tirannia del dover essere” e meno distante dal sé ideale.
Frequentemente i ragazzi obesi sono affetti dal disturbo da alimentazione incontrollata, che è caratterizzato:
- dal consumare i pasti con estrema voracità;
- dal mangiare anche quando non si avverte lo stimolo della fame;
- dal perdere il controllo della sensazione di sazietà, per cui l’alimentarsi viene spinto fino al sentirsi male;
- dall’avere una sensazione negativa di sé, incrementata ogni volta che si finisce di mangiare, per non avere avuto la forza di esercitare il proprio autocontrollo alimentare.
Nel disturbo da alimentazione incontrollata mancano le condotte di eliminazioni, che si trovano in altri quadri clinici come la bulimia, nella quale si cerca di rimediare alla grande abbuffata, provocandosi il vomito.
Come si diceva, qualsiasi trattamento psicoeducativo deve coinvolgere la famiglia del bambino, in modo da ristrutturare gli stili genitoriali (il modello da perseguire è quello autorevole), gli stili comunicazionali (è bene che tutti i membri della famiglia abbiano come paradigma verso cui procedere lo stile comunicativo assertivo, che tiene conto dei propri bisogni, ma anche di quelli degli altri, rispettandoli) e l’espressione dei conflitti (si deve andare verso un’idea della famiglia che sia di tipo cooperativo piuttosto che competitivo, nella quale gli scontri diventano un’occasione di crescita per migliorare la qualità dello stare insieme).