Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

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Riumanizzare l’educazione accogliendo la vulnerabilità

vulnerabilitaL’articolo intende proporre un concetto positivo ed attualizzato della vulnerabilità, che contribuisca a «riumanizzare l’educazione», cioè a renderla capace di accogliere la fragilità insita in ogni essere umano.

Introduzione

Sin dal mito di Achille, la vulnerabilità è stata misconosciuta e sottovalutata, se non addirittura ignorata. Volendo utilizzare una metafora artistica si invita il lettore, in questo primo momento, a immaginare in origine la vulnerabilità come una tela completamente bianca, affidata all’uomo e sottoposta da quest’ultimo a un processo di tinteggiatura. All’interno di questa metafora, l’educazione riveste un ruolo fondamentale, poiché nel corso del tempo ha contribuito a coprire la tela, con varie sfumature di colore, il più delle volte negative.

Le riflessioni della sociologa Casandra Brené Brown aiutano ad accedere ad una concezione positiva della vulnerabilità, che può essere accolta nei contesti educativi come un guadagno nella conoscenza di sé e degli altri.

Che cosa si intende per vulnerabilità?

La maggior parte degli studiosi concordano nell’associare la sua derivazione all’aggettivo vulnerabilis, che chiama in causa a sua volta «vulnus ossia strappo nel corpo, ferita fisica» (Maragno, 2018, p. 18). In una prima accezione indica di fatto «ciò che può essere ferito, colpito, ma anche ciò che si può ledere, danneggiare» tangibilmente. Al contempo, in termini metaforici, indica «il colpo ricevuto non nel corpo ma nella psiche» (Dizionario Zanichelli). Inoltre, la radice vulnus dà origine anche all’aggettivo, ormai antiquato, “vulnerario” ossia provvisto di proprietà cicatrizzanti.

In definitiva, si tratta di un concetto indeterminato e poliedrico, applicabile a tutti i campi dell’esperienza, quasi una macrocategoria universale costituita da interconnessioni particolaristiche. La ricchezza semantica rende alquanto complicata una definizione precisa del termine, tanto che si potrebbe dire con Agostino: «se nessuno me lo chiede lo so, se voglio però spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più» (d’Ippona, 2006, p. 260).

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Autrice: Maria Alina Simoiu, laureata in Scienze dell’educazione e Scienze Pedagogiche presso l'Università degli studi di Salerno.


copyright © Educare.it - Anno XXIV, N. 3, Marzo 2024