Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

  • Categoria: Dibattito a scuola
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Dibattito regolamentato e comunicazione non verbale

comunicazione non verbaleIl dibattito regolamentato, essendo un’attività orale, richiede di saper gestire non solo la componente verbale della comunicazione, bensì anche quella paraverbale e non verbale. Per paraverbale si intendono gli aspetti non verbali del parlato quali il volume, il ritmo e l’intonazione. Per non verbale, invece, gli aspetti corporei della comunicazione quali la gestualità, la postura e lo sguardo. Per semplicità d’ora in avanti ci riferiremo a queste componenti con la generica espressione «non verbali». Inoltre il taglio dato a questa introduzione non sarà, come avviene in molte pubblicazioni, di carattere psicologico-analitico ma pratico-operativo. Le nozioni che verranno esposte, sebbene riferite ad un semplicistico modello di comunicazione caratterizzato da emittente e destinatario, non serviranno per interpretare l’interiorità dell’interlocutore, bensì per orientare il comportamento di chi, partecipando ad attività di dibattito regolamentato, necessita di linee guida per rendere la sua esposizione efficace.

Componenti della comunicazione non verbale

Quando si parla di comunicazione non verbale spesso pensiamo a qualcosa di fumoso, intangibile, addirittura ingannevole rispetto all’importanza dei contenuti sui quali sia chi parla sia chi ascolta dovrebbe concentrarsi. Tuttavia se è vero che è discutibile saper parlare bene ma non offrire validi contenuti o addirittura per dire il falso, è anche vero che le componenti non verbali della comunicazione possono intervenire nella determinazione del significato delle nostre parole e interferire nella trasmissione del messaggio.

Pertanto, affinché in un dibattito il messaggio trasmesso abbia ottime possibilità d’essere recepito nel modo in cui lo intendiamo, è fondamentale saper gestire appropriatamente alcune delle componenti non verbali della comunicazione.

Il volume al quale comunichiamo è un elemento importante. Esso infatti, se troppo basso, può impedire al nostro discorso d’essere udito oppure, se non sufficientemente alto, può compromettere la trasmissione del messaggio ai destinatari più lontani. È quindi opportuno che il volume sia modulato per rendere udibile l’intervento a tutte le parti coinvolte nel dibattito, anche al pubblico più lontano.

La gestione del volume non serve però solo per farsi comprendere. Essa, infatti, può permettere anche d’accentuare alcuni contenuti, attraendo e controllando l’attenzione del pubblico. Sussurrare, in certi momenti, può istituire complicità con l’uditorio, mentre marcare dei passaggi alzandone il volume può favorire l’attenzione su termini chiave del discorso e il loro ricordo.

Il ritmo dell’eloquio non ha valore informativo. Tuttavia, può interferire sulla comprensione del messaggio se troppo veloce, o tediare se lento. Inoltre, analogamente al volume, la modulazione del ritmo può attirare l’attenzione sfruttando pause o rallentamenti che permettono anche all’uditorio il tempo necessario per riflettere sulle informazioni fornite.

Nel contesto dibattimentale il ritmo può essere un valido alleato non solo per impreziosire il proprio discorso. Esso infatti può aiutare a rispettare i tempi imposti per ciascun intervento. Se il discorso è lungo, l’esposizione dovrà mantenere un ritmo sostenuto per evitare di sforare i tempi stabiliti dal protocollo; se breve, allora un ritmo calmo potrà favorire la copertura del tempo concesso. In ciascun caso però modularlo per rendere accattivante la presentazione è fondamentale.

L’intonazione si riferisce sia alla coloritura emotiva attribuita alle parole, sia all’espressione della funzione pragmatica degli enunciati. Nel primo caso il non verbale influsce sul significato di ciò che presentiamo. Per esemplificare, alla sillaba oh si può far assumere significati differenti semplicemente cambiando l’intonazione da deluso a sorpreso o arrabbiato. Lo stesso vale per le affermazioni o repliche che in contesto dibattimentale non devono essere esposte con intonazione aggressiva, bensì con intonazione gentile e sicura.

L’intonazione, sempre mediante la variazione dell’altezza del suono delle sillabe, permette di precisare la funzione pragmatica degli enunciati. L’intonazione ascendente caratterizza le frasi interrogative; quella piana le frasi assertive. Questo aspetto dell’eloquio è molto importante. Infatti, domande retoriche espresse con l’intonazione delle asserzioni non inducono all’istintivo assenso del pubblico o della giuria, mentre conclusioni di ragionamenti presentate con l’intonazione delle premesse fanno perdere d’incisività l’intero ragionamento.

Un’ulteriore componente della comunicazione non verbale è la gestualità. Molteplici sono le categorie in cui si possono suddividere i gesti: i gesti simbolici, come il saluto oppure i rinforzi verso l’azione, fatti col pollice in alto, sostituiscono o ripetono il contenuto verbale; i gesti regolatori, quali fermare l’eloquio dell’interlocutore o annuire con il capo per stimolare a continuare con l’eloquio, sono impiegati per regolare la discussione. Il tipo di gesti che interessano maggiormente lo scambio dibattimentale, essendo già regolamentato, sono invece gli illustratori il cui impiego è illustrare, accentuare o rinforzare il contenuto delle parole.

Rientrano in questa categoria, ad esempio, la rappresentazione delle dicotomie concettuali – natura-cultura, teoria-pratica, etc. – alzando una mano all’introduzione del primo termine della dicotomia, e l’altra al secondo termine; l’illustrazione di vari significati con gesti esemplificatori; l’espressione della certezza del parlante nelle proprie affermazioni, agitando braccio e l’indice in segno di convinzione.

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