Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 5 - Maggio 2024

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Il Junk Food crea dipendenza come gli stupefacenti

Nel linguaggio comune si tende a dire, scherzando, che un alimento che piace particolarmente “è una droga”: una battuta che nasconde molte verità. Se ci si affida a quanto mostrato nel documentario Supersize Me, o se si leggono gli studi medici a riguardo si capisce come gli effetti del cosiddetto cibo spazzatura siano devastanti per il corpo e per la mente di chi li ingerisce in quantità elevate. 

E se ad attirare sono i sapori di cui sono carichi per l’abbondanza di grassi e zuccheri, a creare dipendenza sono poi gli stimoli che questi creano nel cervello, uguali a quelli legati ad altre dipendenze.

Diversi studi condotti dai ricercatori medici hanno dunque cercato di mostrare come tale cibo abbia effetti negativi per la salute. Sia per quanto riguarda l’obesità che per le dipendenze che crea. Secondo i dati raccolti di recente dagli scienziati dell’Università della Florida: “cibo e droghe producono nel cervello gli stessi meccanismi di rinforzo” che stimolano il piacere e la richiesta di una dose maggiore. Così coloro che sono dipendenti da droghe o alcol perdono interesse per il cibo e iniziano a dimagrire, ma nel momento in cui smettono, iniziano ad ingrassare (un fenomeno che è facile notare anche in coloro che smettono di fumare).

Lo studio mostra inoltre come lo stimolo generato da un cibo carico di zucchero e grassi sia ben diverso da quello legato ad una verdura. Conseguenza proprio di quei meccanismi di rinforzo che spingono anche al consumo di droghe ed alcol. Quando si parla di junk food, d’altronde, si parla di alimenti pieni di ingredienti grassi e non sani o naturali. Basti pensare che, in media, ogni anno ognuno ingerisce 5 chilogrammi di “non cibo” (additivi, sostanza non propriamente alimentari ecc.).
Grazie a tali risultati i ricercatori vorrebbero ora sviluppare trattamenti terapeutici per combattere l’obesità. In particolare ritengono possibile spingere il cervello a ricevere sia da un broccolo che da un gelato lo stesso stimolo di appetito.
Una tale soluzione permetterebbe di affrontare le cattive abitudini che permeano la nostra società e che, per esempio, hanno come prima conseguenza altissimi tassi di obesità nazionali e malattie ad essa legate: l’Italia, dati del Ministero della Salute, registra un 32 per cento di soggetti in sovrappeso e un 10 per cento di obesi, poco più di 5 milioni, e il deprecabile record della maggiore presenza di obesità infantile nel mondo occidentale.
Lo studio, inoltre, permette di assodare uno dei problema maggiori della dieta contemporanea. Secondo dati raccolti da ALES Research per l’ADI-Nestlé, i pasti sono sempre più destrutturati in piccoli spuntini, che si accavallano nel corso della giornata e prevedono poco tempo a disposizione per la preparazione e il conseguente utilizzo di monoporzioni e precotti (prodotti cosiddetti time saving), sempre più carichi di zuccheri e conservanti e questo concorre a creare quello che viene definito “ambiente obesiogeno”. Caratterizzato cioè dal bombardamento di pubblicità e marketing aggressivo di fast food e snack da consumare di fretta e saltando i pasti.
I ricercatori della Florida hanno infatti notato che la visione di una marca di fast food accende nel cervello lo stesso stimolo che si crea in quello di un alcolista che si trova davanti al proprio alcolico preferito.
Contro la pubblicità onnipresente di fast food e merende, d’altronde, la battaglia negli Stati Uniti è particolarmente accesa: anche se è fallito il tentativo di sostituire le macchinette di snack con distributori di frutta (esperimento boicottato dagli studenti, forse proprio per quel forte legame tra cibo spazzatura e stimoli della dipendenza), diversi movimenti di genitori nel paese stanno continuando a combattere la battaglia del cibo sano e del mangiare responsabile.

Fonte: West, 16/11/2012