Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 5 - Maggio 2024

Campi di esperienza e competenze nella scuola dell’Infanzia

scuola infanziaL’articolo nasce da una riflessione innescata da un corso di formazione rivolto a docenti della scuola dell’Infanzia. Si propone di considerare i campi di esperienza come ambiti informali di competenza da far interagire globalmente nella progettazione didattica, attraverso la programmazione di compiti autentici. La valutazione di tali esperienze didattiche deve valorizzare il processo di apprendimento, non solo il risultato finale, fino a cogliere elementi che consentono di valutare le competenze via via acquisite.

 

Introduzione

Non è raro che tra gli insegnanti affiori demotivazione, per una serie di ragioni anche plausibili (carenze organizzative del sistema scolastico, senso di emarginazione sociale ecc.). Quello che manca, prima di tutto, è la percezione dell’incisività intellettuale del proprio ruolo, la consapevolezza che un insegnante non è un mero esecutore di direttive esterne, anche se valide, ma un professionista della cultura in grado di reinterpretare gli strumenti normativi (Indicazioni Nazionali, quadro delle competenze europee e delle competenze-chiave di Cittadinanza ecc.). Norme, decreti, circolari non sono categorie intoccabili, ma definiscono il quadro legislativo entro cui si esprime la naturale libertà d’insegnamento. Per guadagnare questa prospettiva c’è bisogno di supporto formativo, al fine di di ampliare il quadro operativo, di trovare gli equivalenti formali e il senso profondo della propria azione in classe. Salatin parla di actionable knowledge, una sorta di mise en oeuvre del sapere, legata alla riflessività e alla capacità di formalizzare le pratiche didattiche.

Gli attrezzi da lavoro (schemi, modelli di progettazione, UDA ecc.) devono sottintendere un concetto alto di competenza che, poi, significa sprovincializzarsi, apprendere in modo intelligente dalla pratica (M. Baldacci 2012, p. 66), reinventare la propria disciplina. Si pensi, per esempio, alla necessità di attribuire a quest’ultima una collocazione precisa rispetto all’apprendimento degli studenti, orientandola verso il bisogno di documentare e comunicare le proprie scelte didattiche. Per visualizzare questa tensione, si può fare simbolicamente ricorso al boomerang: le trasformazioni gnoseologiche che ogni docente imprime alla trama dei contenuti disciplinari modificano, infatti, sia i contenuti, sia l’insieme dei loro rapporti, restituendo un’immagine in rilievo, dinamica, della disciplina stessa. D’altra parte, la competenza disciplinare è solo un ingrediente della formazione professionale, in sinergia con la competenza didattica e relazionale (ibidem, p. 62).

In questa direzione, gli studi umanistici offrono un apporto prezioso perché abituano a rielaborare in modo autonomo ogni sapere, combattendo l’accumulo inerte di dati. Non a caso Jonathan Swift, nei suoi Viaggi di Gulliver, prendeva in giro la strana macchina per pensare inventata da Raimondo Lullo nel 1200: una specie di telaio sul quale sono disposti pezzetti di legno simili a dadi, legati da fili sottili. Sulla faccia di ciascun dado si nota un pezzo di carta con una parola. Sono state trascritte tutte le parole del linguaggio, declinate in vari modi e tempi, mescolate alla rinfusa. Gli scolari, girando un manubrio di ferro, cambiano la disposizione dei dadi e, perciò, delle parole corrispondenti. Quando trovano tre o quattro parole che hanno l’apparenza d’una frase, la dettano agli altri. In tal modo, si pensa di poter scrivere libri senza studio (J. Swift 1986, pp. 175-176).

Ovviamente, la satira graffiante di Swift suggerisce il contrario: non basta azionare un manubrio e accostare in modo fortuito dei concetti per saper ragionare. Lo scrittore riprende questo filo satirico nell’isola volante di Laputa: i suoi abitanti sono, sì, perfetti matematici ed esperti di musica, ma devono essere percossi su occhi, bocca e orecchie perché lascino i loro astrusi pensieri e calino nella realtà concreta. Inoltre, i loro sarti confezionano abiti secondo misure matematiche che mai si adattano al corpo dei Lapuziani. Il congegno di Lullo e i Lapuziani sono lontani sia dalle competenze che un insegnante deve costruire con i suoi allievi, sia dalla rielaborazione che il docente deve compiere sulla sua disciplina, visto che c’è sempre uno scarto tra disciplina di studio e disciplina insegnata. Così non è dalla somma o dalla media dei contenuti disciplinari che si ottiene una competenza.

I Campi di Esperienza

Nella scuola dell’Infanzia, prima che dalle competenze, si deve partire dai campi di esperienza. [continua...]

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Autrice: Anna Guzzi, dottore di ricerca in Scienze letterarie, retorica e tecniche dell’interpretazione, insegna nella Scuola Secondaria di I grado. Opera come formatrice, anche in ambito universitario, ed ha all’attivo una serie di pubblicazioni su riviste specializzate in ambito letterario, pedagogico e didattico.


copyright © Educare.it - Anno XIX, N. 12, dicembre 2019