Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 5 - Maggio 2024

L'educazione dal concepimento alla nascita

Il periodo della gravidanza è un periodo carico di emozioni di ogni tipo che coinvolgono non solo la madre ed il padre in attesa ma anche la famiglia di appartenenza di entrambi, che condivide con la coppia le gioie ed i dubbi che l'attesa di un bambino possono creare. Spesso molte donne amano condividere i propri stati d'animo per essere rassicurate, ma capita altrettanto spesso che desiderino creare un momento esclusivo di comunicazione col proprio bambino domandandosi se, dal posto incantato in cui si trova, la stia ascoltando. Molte ricerche hanno dimostrato come il bambino, già dal grembo materno, sia perfettamente ricettivo e in ascolto rispetto a tutto ciò che lo circonda, nascendo quindi già con nove mesi di esperienze sensoriali e relazionali alle spalle. Diventa quindi importante pensare un'educazione del bambino vissuta fin dal concepimento, promuovendo il benessere sia fisico che psicologico della mamma e del papà, che abbiano la consapevolezza che il progetto di genitorialità intrapreso comincia già dal rumore dei primi calci sul ventre materno.

Le emozioni durante la gestazione

La gravidanza è un periodo della vita della coppia in cui si manifestano emozioni di ogni tipo: felicità, paura, trepidazione, sono solo alcune delle sensazioni che provano i futuri genitori. Da un lato, molte famiglie vivono questo periodo con gioia, facendo sogni sul proprio bambino, immaginandone le caratteristiche fisiche, le qualità caratteriali, le attitudini future. Dall'altro lato però la gravidanza è anche densa di ansie, paure, principalmente legate alla salute del bambino.

Questo dato è riscontrabile anche nella definizione che le enciclopedie ed i dizionari normalmente danno del termine gravidanza o gestazione ovvero: Gravidanza o gestazione è lo stato della donna che porta nel proprio utero il prodotto della fecondazione. Il termine gravidanza deriva dal latino gravidus che significa: "pesante" (da gravis, stesso significato). Carica, pregna, viene detto della donna incinta in quanto porta dentro di sé un carico, una "peso" (gravedo).

Questa definizione mette in luce come caratteristica fondamentale del feto la pesantezza, una pesantezza che, secondo un'analisi accurata, può avere una doppia accezione: la prima è sicuramente riferibile alla fisicità del bambino che cresce nel ventre materno, rappresentando quindi un peso fisico per la mamma, la seconda invece è rappresentata dal peso a livello emotivo e psicologico che, nel bene o nel male, un bambino ha all'interno di una famiglia. Quest'ultima è chiamata infatti a rimodellarsi, ad assumere nuove sembianze per far spazio ad un'altra persona, uno spazio fisico ma soprattutto emotivo, uno spazio fatto di relazioni con i genitori e, qualora ci fossero, con i fratelli e sorelle.

Il nascituro quindi entra a far parte di un contesto familiare a cui si dovrà adattare, col quale si dovrà integrare e del quale dovrà rispettarne le regole e, perché egli ottenga questi risultati, è imprescindibile l'aiuto e la guida dei genitori che fin dai primi giorni di vita lo prenderanno per mano e lo accompagneranno nel suo percorso di crescita.

Ma ora sorge una domanda: e se l'educazione e la comunicazione col bambino cominciassero proprio quando quest'ultimo è all'interno del grembo materno?


Un bambino competente prima della nascita

Come prima cosa bisogna considerare che molte delle competenze possedute dal bambino hanno inizio nella vita prenatale; basti pensare che le tre parti principali del cervello si formano dopo ventotto giorni dal concepimento. Gli studiosi Thomas Verny, psichiatra e Pamela Weintraub, giornalista scientifica, hanno messo in luce nel loro testo Bambini si Nasce alcune delle caratteristiche del feto: tra queste le più importanti sono l'entrata in funzione del sistema nervoso centrale che rappresenta la principale causa del movimento fetale, al quarto mese di gestazione esplora il mondo che lo circonda (si succhia il dito e gioca col cordone ombelicale), è in grado di discriminare i sapori gradevoli da quelli sgradevoli ed alterna fasi di veglia a fasi di sonno. Inoltre è in grado di rispondere scalciando agli stimoli tattili impressi sul ventre materno dall'esterno [1]. Ciò che maggiormente segnala una continuità tra la vita prenatale e la nascita è la capacità di discriminare il suono della voce della mamma ed a riconoscerne il rumore del battito cardiaco: entrambi i suoni accompagnano la vita intrauterina del bambino per i nove mesi di gestazione.

Dunque il bambino ha con sé un bagaglio di conoscenze ed emozioni già dalla nascita, di conseguenza: più ci si relaziona con lui durante la gravidanza con un atteggiamento di accoglienza e di cura, più il bambino si sentirà accolto nella realtà esterna.

L'educazione prenatale

L'educazione prenatale è, in fondo, la promozione di una buona relazione nella triade (mamma, papà, bimbo) in formazione. Per giungere a questo scopo è necessario fornire alla coppia adeguate informazioni circa le loro competenze emozionali e circa le capacità che il loro piccolo bimbo ha di mettersi in relazione con loro e di vivere la propria esistenza fisica e psichica.

Come scrive Giampaolo Mazzara negli atti del convegno su "La Relazione Prima" (2006) ciò non significa "istruire" alla prenatalità, trasmettendo delle nozioni o dei protocolli di comportamento adeguati, ma utilizzare un processo dinamico che richieda un ruolo attivo da parte dei soggetti interessati che si occupano e si preoccupano dell'essere umano nel suo divenire a partire da prima del concepimento, per proseguire poi durante la gravidanza e continuare dopo la nascita.

Ma come far sì che ciò avvenga? Il bimbo prenatale è continuamente stimolato da suoni, rumori, voci, odori provenienti dalla cavità endouterina o dall'ambiente esterno. Il liquido amniotico e la placenta sono i primi trasmettitori e conduttori delle stimolazioni colte dal feto. Il bimbo endogestazionale è quindi dotato della capacità di ricevere stimoli e di entrare in contatto con il mondo; questi stimoli determinano la crescita neurofunzionale, cerebrale e motoria del feto [2].

A questo proposito vengono proposti una serie di "comportamenti" utili per favorire il benessere del bambino, e che l'educazione prenatale si preoccupa di promuovere.

Un primo esempio è la musicoterapia, scienza di cui molti studiosi si sono occupati nelle sue diverse forme, di seguito riportiamo il contributo di alcuni autori. La psicologa Frances Rauscher (2006) ha dimostrato come l'ascolto prenatale di Mozart e di altri compositori barocchi potesse essere associato ad un incremento delle competenze spazio-temporali nel corso della vita. Un'altra ricerca ha dimostrato che la musica classica, in particolare i movimenti lenti delle composizioni barocche o in stile barocco con la ricchezza melodica che le contraddistingue e il loro ritmo di 55-70 battiti al minuto, sposta il cervello da uno stato "b" di iperattività ad uno stato a di vigilanza e rilassamento. La musica classica stimola il rilascio di endorfine e riduce il livello degli ormoni dello stress nel sangue, dando beneficio sia alla madre che al bambino.
Donald Shetler, Università di Rochester, osserva che i bambini esposti alla musica in utero manifestano capacità linguistiche superiori. Questi mostrano comportamenti molto attenti, imitano con accuratezza i suoni degli adulti e strutturano la vocalizzazione prima rispetto al gruppo di controllo.

Ma la musica non è il solo "strumento" a disposizione del futuro genitore, un altro senso che si può stimolare nel bambino è il tatto: Réné Van De Car (California) ha fondato l'Università Prenatale dove, in base alle sue osservazioni circa risposte tattili coerenti del bimbo in utero, si insegna al feto a 'fare attenzione' e a migliorare uno spettro di capacità intellettuali. La prima lezione (circa quarto mese di età gestazionale) verte sull'insegnamento ai genitori di rispondere al calcetto del bimbo con una pressione della mano nel punto in cui si è avvertito il calcio, come respingendo il piedino. Dopo qualche tempo di apprendimento si darà un colpetto al ventre, il bimbo risponderà con un calcio, se invece si daranno due colpetti, il bambino risponderà con due calci.
Sono stati riportati questi studi a dimostrazione della capacità di apprendimento del feto e dell'influenza dell'ambiente su di lui; nonostante questo però non è del tutto corretto relazionarsi col proprio bimbo nell'ottica di farlo divenire "geniale" o "migliore". Una adeguata relazione sta nel rispetto del bambino che si sta apprestando a conoscere la vita.


Predisporsi ad accogliere

Ma per creare una relazione positiva con il nascituro, è anche necessaria una predisposizione all'accoglienza, alla cura del proprio bambino. A questo proposito è importante accennare al tema dell'aver cura, un approccio che mette in risalto il ruolo fondamentale esercitato dall'ambiente e in particolare dall'amore della madre nella crescita e formazione del figlio. Tale pratica si accompagna con quella più prettamente educativa del "tirar fuori", che considera la necessità del bambino di far emergere ciò che esiste dentro di lui, per diventare ed essere se stesso, protagonista della propria vita.

L'accoglienza dipende da diversi fattori ed in particolare dal desiderio di avere un figlio (i bambini che sono fortemente voluti ed amati sono più resistenti a qualunque forma di stress) e dal rapporto con il partner. Si sta diffondendo sempre più l'idea che l'arrivo di un figlio possa avere un ruolo essenziale nel miglioramento della qualità della vita della coppia.

Si consideri, però, che il rapporto con i propri genitori, soprattutto un rapporto negativo con la propria madre può incidere sulla gestante durante questo delicato periodo. La propria esperienza della nascita, le paure irrazionali, le perdite precedenti, come ad esempio gli aborti, devono essere elaborate per evitare che condizionino la nuova gravidanza. Sono fattori delicati anche la perdita di un genitore nel periodo prenatale o un atteggiamento negativo verso il proprio corpo [3].

Dagli insegnamenti di Milani Comparetti si evidenzia che solo il riconoscimento autentico dell'altro, in questo caso del nascituro nella sua globalità e interezza, può dare il via, attraverso lo scambio comunicativo fra le parti, alla dinamica del processo creativo, che, nel nostro caso consente ai bambini di formarsi e diventare adulti e agli adulti di crescere come persone.

Un figlio in grembo esige anzitutto questa primitiva forma di responsabilità: sviluppare un'attitudine all'accoglienza, la capacità di ripensare ritmi di vita, spazi abitativi, priorità lavorative, al fine di testimoniare al nuovo nato che la sua presenza è gradita, che lo attende un mondo amico.

 


Bibliografia

[1] Verny T., Weintraub P. (2002). Bambini si Nasce. Bonomi Editore, Pavia.
[2] Mazzara G., (2006). La relazione prima. ANPEP.
[3] Righetti P., Sette L., Non c'è due senza tre. Le emozioni dell'attesa dalla genitorialità alla prenatalità (2000), Bollati Boringhieri,Torino


Autrice: Federica Gozzi, è laureata in scienze pedagogiche con una tesi sulle emozioni in gravidanza. Successivamente ha approfondito l'iridologia e la floriterapia di Bach. Opera come educatrice presso un Centro Infanzia di Verona.


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