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L'educazione come sapere mobile

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L'educazione nasce con l'uomo ed è alla base del processo evolutivo che ha caratterizzato la storia dell'umanità. Alla nascita, il figlio dell'uomo è probabilmente uno degli animali meno dotati: povero di istinti è scarsamente equipaggiato a sopravvivere in ambiente aperto e si trova in uno stato di totale dipendenza dai propri genitori.

E tale dipendenza è destinata a persistere per un periodo di tempo piuttosto lungo, non paragonabile con nessuna altra specie nel regno animale. Solo la guida e l'educazione degli adulti possono dunque permettere al figlio dell'uomo di poter sopravvivere. Ed è appunto la capacità dell'uomo di sapersi proporre come un essere che educa, attraverso la con-divisione di nozioni, conoscenze ed emozioni, la chiave che ha permesso alla specie umana di proporsi come la specie più forte lungo il difficile cammino dell'evoluzione.

Con il progredire delle epoche le società umane hanno progressivamente allargato i propri confini, ampliando il numero dei membri, complicando i rapporti tra gli individui e facendosi, di conseguenza, più complesse ed articolate. Probabilmente, all'epoca di questi cambiamenti – ovviamente non avvenuti in maniera contemporanea in tutte le società – il sistema educativo (se così possiamo definirlo) esistente ha attraversato un periodo di crisi che ha messo in dubbio i l modello adottato fino a quel momento.

L'aumento di complessità delle società ha infatti determinato, da un punto di vista educativo, due cambiamenti sostanziali. Innanzitutto si è ampliato il tempo di dipendenza dei figli che hanno avuto bisogno di un tempo più lungo di preparazione alla vita nella società. I genitori sono stati dunque chiamati ad aumentare il tempo da dedicare al proprio ruolo di educatori. In parallelo, la complessità delle trame dei rapporti esistenti all'interno della società ha fatto si che i genitori da soli non fossero più in grado di rispondere alle esigenze educative dei propri figli. Di conseguenza sono stati costretti a delegare -in parte- l'educazione dei propri figli a soggetti esterni (gli educatori, la scuola, ecc.), concepiti dalle società stesse proprio in risposta a questa esigenza.

L'allargamento del numero di soggetti coinvolti nell'educazione degli individui ha modificato sensibilmente il cosiddetto rapporto educativo arricchendolo di nuovi canali e ponendo l'educando al centro di una fitta rete di soggetti che si sono presi cura della maturazione culturale e morale di generazioni di individui.

Tralasciando una rassegna critica dei modelli educativi che nel tempo si sono succeduti, anche passando attraverso momenti di crisi temporanea, possiamo comunque sostenere che l'impostazione di un modello educativo, che ha visto la famiglia al centro e la contemporanea azione di soggetti che hanno affiancato la famiglia in progetti educativi che, per forza di cose, sono stati definiti a partire dalle società dell'epoca, è risultato capace di rispondere alle esigenze degli educandi. Soprattutto l'educazione è stata capace di agire con prontezza in risposta alle sfide di carattere pedagogico che lo sviluppo delle società attraverso le varie epoche ha via via proposto. Possiamo dunque sostenere che per lungo tempo il sistema educativo si è rivelato adeguato, capace cioè di preparare nella maniera dovuta gli individui alla vita sociale e di permettere lo sviluppo progressivo di conoscenze su cui si è potuto costruire l'avanzatissimo sapere culturale di cui oggi l'intera umanità dispone.

Tuttavia, è oramai pensiero comune che il sistema di oggi non sia più in grado di rispondere alle sfide che la moderna società propone. Non è più ritenuto capace di formare in maniera adeguata gli individui, di dotarli degli apprendimenti necessari a poter rispondere con successo alle richieste delle società. Di più: i soggetti deputati all'educazione degli individui sembrano aver perso credito tra gli educandi, incrinando in tal modo il rapporto educativo e la relazione tra educatore ed educando che si basa necessariamente sulla volontà dei due interlocutori di entrare in un rapporto di reciprocità l'uno con l'altro. Non è infatti possibile educare qualcuno contro la sua stessa voglia, deve esserci una volontà ad accogliere ed alimentare la comunicazione con l'altro, ad accettare la trasmissione di saperi che si instaura nel rapporto educativo.

A crisi accertata si cerca sempre di comprenderne i motivi. Anche nel caso della crisi dell'educazione sono state fatte tutta una serie di congetture, alcune acutissime, che hanno cercato di spiegare il perché di questa crisi e i motivi per cui pare non si riesca a risolverla. Come detto di crisi dei modelli educativi ce ne sono state anche nel passato, ma nessuna appare essere così profonda e difficile da risolvere come quella moderna. Alcuni arrivano a sostenere che la crisi dell'educazione è stata indotta dai proprio da alcuni prodotti della modernità. Le nuove tecnologie, con il cambio di paradigma che hanno apportato nei rapporti di relazione e di comunicazione, finiscono spesso sul banco degli imputati, come fossero prodotti dotati di capacità senziente, e responsabili di contro-modelli educativi non accettati dalla società.

Ma più che nei prodotti della società, forse i motivi della crisi sono insiti all'interno all'educazione stessa. Forse è l'educazione che non è stata in grado di fare quel cambiamento che dovrebbe proiettarla definitivamente nella modernità, ridandole quel ruolo centrale nei processi di sviluppo delle società. Per rispondere alla crisi, l'educazione deve sempre più considerare se stessa come un sapere mobile, in costante, continua evoluzione, basato su parametri mutevoli, soggetti a costanti modifiche che derivano dalle esperienze fatte all'interno di un contesto sociale anch'esso soggetto ad un continuo cambiamento.

Con il tempo cambia il contesto sociale, con esso cambia l'esperienza che l'individuo ha nel contesto sociale e quindi si modificano i parametri su sui l'educazione si basa per definire i propri modelli interpretativi della realtà. In passato i cambiamenti del contesto sociale avvenivano in maniera meno repentina, le società per così dire tendevano ad essere meno mobili. I tempi del cambiamento erano meno decisi, raramente soggetti a “strappi” repentini. L'educazione aveva dunque una minore mobilità e gli approcci che essa adottava avevano una valenza più estesa. Oggi non è più così: le società moderne sembrano procedere attraverso un processo evolutivo nevrotico, soggetto a cambiamenti repentini, a sterzate brusche, anche a cambi di direzione inaspettati. La società ha dunque perso forma – si è fatta liquida, come ha intuito il sociologo Bauman- e, di conseguenza, si sono fatte liquide le esperienze che gli individui vivono. In un certo qual modo le vite degli individui sono diventate difficili da contenere all'interno di una qualche forma stabile.

Pensando all'educazione come ad un processo che vuole «portare fuori» e formare cioè «dare forma» agli individui e al modo in cui essi vivono le proprie esperienze personali ne emerge un contraddizione piuttosto evidente. Contraddizione che si può risolvere solo attraverso una generale presa di coscienza sulla necessità di dover definire dei approcci educativi che siano in grado di adattarsi ad una società poliedrica in continuo mutamento e che quindi devo essere basati su di un sapere mobile, in continua evoluzione.

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