Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

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Come funziona l’esperimento portoghese sulle droghe

 

In Portogallo, anche se il possesso di droghe è proibito, la loro assunzione (siano esse leggere o pesanti) non viene punita penalmente. E non lascia traccia nei verbali della polizia. Un laissez-faire che affonda le sue origini negli anni ’80 e ’90, quando il consumo di eroina e l’ascesa dei casi di AIDS legati alla tossicodipendenza avevano raggiunto nel paese cifre più alte che nel resto d’Europa.

Fu chiaro a tutti che le politiche proibizioniste non funzionavano. Per questo nel 1998 un comitato di esperti istituito dal governo guidato dal socialista António Guterres propose una legge, adottata nel 2001, che non ne criminalizzava l’uso. Secondo i dati la normativa, tutt’oggi in vigore, è stata un successo. Nel 1997 c’erano circa 100mila tossicodipendenti “molto problematici”. Quasi l’1% della popolazione, per lo più eroinomani. Oggi quel numero è dimezzato.

 

In linea generale la legge funziona più o meno così. Come detto, l’uso di droghe resta proibito, ma il consumo non viene punito. Di conseguenza se la polizia trova qualcuno in possesso di sostanze stupefacenti (qualunque droga, dalla cannabis all’eroina) viene portato in commissariato. Dove viene controllata la quantità: se superano le 10 dosi – ogni sostanza ha la sua tabella di riferimento – lo si considera uno spacciatore. Se al contrario il possesso è inferiore, allora la persona è segnalata ad un comitato di sorveglianza composto da un avvocato, uno psicologo e un assistente sociale. Senza essere, in nessun caso, segnalato o avviato ad un processo.

 

Questa commissione, che dipende dal ministero della Salute e non da quello della Giustizia o dell’Interno, farà una valutazione del profilo psicologico e sociologico dell’interessato, nonché del suo livello di dipendenza. A seconda della situazione lo indirizzerà verso centri di disintossicazione o indicherà il metodo di trattamento più opportuno. Solo nel caso in cui il soggetto dovesse essere recidivo all’uso di droghe, allora lo stesso comitato può infliggere ammende (fino a €600) o altre sanzioni come lavori sociali o il divieto a frequentare determinati locali. Ma anche in questo caso non si passa attraverso il procedimento penale.

 

Il metodo portoghese, insomma, cerca di non stigmatizzare il consumatore. Al contrario, vuole riabilitarlo invece di perseguire la strada della repressione.

Tuttavia, è un passo indietro rispetto all’Uruguay, dal momento che questo ha regolamentato e legalizzato il consumo di marijuana. Secondo alcuni responsabili del ministero della Salute di Lisbona bisogna guardare con attenzione a ciò che accade in Sud America, in quanto nessuno ha una soluzione definitiva sulla questione. Come circa 14anni fa altri paesi guardavano al Portogallo come esempio da imitare, oggi bisogna studiare l’esperimento uruguayano per capire quali direzioni seguire in tema di droghe.

 

Fonte: West, 16/01/2014