Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 9 - Settembre 2023

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Come un gattino nel motore

gattinoDurante un incontro di verifica del suo inserimento lavorativo presso un calzaturificio, con l'obiettivo dell'assunzione, Valerio se ne esce con una lunga digressione su un fatto accaduto il giorno prima vicino a casa sua. 
Qualcuno aveva sentito un miagolare sommesso in prossimità di un'auto parcheggiata. Si era avvicinato e non aveva tardato ad accorgersi che probabilmente vi era un gatto prigioniero nel vano motore.
Rintracciato il proprietario dell'auto, dal cofano aperto era spuntato un gattino, bianco e molto piccolo.
"Ancora da allattare", aggiunge Valerio con trasporto e tenerezza.
Ascolto il suo racconto e vedo questo gattino solo, senza la madre, spaurito, confinato in un motore, un "funzionamento macchinico", di cui anch'esso è diventato una parte, come inglobato.

C'è tenerezza, partecipazione nel suo racconto e mi sorge il pensiero che mi stia raccontando questo fatto per difendersi dalla verifica che dobbiamo fare sul suo inserimento lavorativo. Lo lascio raccontare.
"Piccolo, piccolino, bianco, ancora da allattare..." mi ripete ed accompagna le parole con evidente partecipazione ed emozione.
Il nostro colloquio di verifica ruota attorno a questo episodio. Lo lascio parlare e solo a margine chiedo come va in azienda.
Valerio mi riferisce una certa difficoltà, di un ritmo che non riesce a reggere, se non con estrema fatica.
L'incontro si chiude, lo invito a tener duro, a reggere pur sapendo che per lui sarà gravoso.

Quando trascrivo sulla mia agenda i contenuti del colloquio, mi appare chiaro quello che Valerio voleva inconsapevolmente dirmi: "Sono un piccolo gattino bianco, ancora da allattare, chiuso in una macchina-fabbrica che "mi stritola".
Sento rabbia e delusione dopo tanto lavoro di preparazione per raggiungere un obiettivo a cui Valerio ed io tenevamo tanto: l'assunzione. Ancora una volta lui arretrava, non riesce ad affrontare la vita. "E adesso come facciamo? Non dovevamo andare lontano?" canta Luca Carboni. Sono preso da sentimenti di tristezza, insoddisfazione.
E pensare che io sarei stato più cauto sul suo inserimento, avrei provato in altri ambienti, in altri contesti lavorativi. Valerio però aveva insistito molto voleva lavorare, guadagnare.
Aveva in quel momento aspettative molto alte che erano, secondo me, forse anche indotte dall'ambiente familiare e sociale. Infine avevo ceduto vista la sua determinazione.
Ora compaiono anche altri pensieri e sentimenti, vorrei io stesso fargli chiudere in anticipo questa esperienza se è diventata così gravosa, dolorosa, preservarlo da questa fatica. Scelgo di aspettare, scommettendo che ci siano in Valerio ancora margini di crescita personale nel suo percorso verso l'adultità.

Credo che il nucleo nel lavoro presso il Servizio di Integrazione Lavorativa sia costituito proprio da questa polarità, tutta educativa, tra il lasciare spazio al possibile ed il proteggere da obiettivi troppo grandi. Poi bisogna saper accettare che, anche dopo un duro, lungo lavoro, nelle situazioni più fragili, un progetto vada in pezzi, essendo in partenza complesso e soggetto a moltissime variabili.
E' il rischio che accompagna ogni crescita delle persone. L'esperienza professionale me l'ha insegnato lungo gli anni.
Nella lingua greca "invecchiare" si dice megalono che significa proprio "diventare grandi".

Autore: Carlo Nicolis, laureato in Scienze dell'Educazione, opera come educatore presso il Servizio di Integrazione Lavorativa dell'Aulss 9 di Verona. 


copyright © Educare.it - Anno XVIII, N. 10, Ottobre 2018

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