Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

  • Categoria: Vivere di Scuola

Insegnare è ...

La mia avventura di insegnante è iniziata nel febbraio del 1999, quasi per caso, con una supplenza inaspettata. Nel giro di poche ore mi sono trovato niente meno che in una classe di scuola materna, spaesato e completamente inesperto. Davanti a me c'erano dei bambini di tre anni, sorpresi e forse anche un po' impauriti da questa figura maschile che nella scuola dell'infanzia è completamente assente. Molte colleghe si dimostrarono subito comprensive nei miei confronti e anche qualche genitore fu molto felice di vedere un ragazzo di soli 25 anni insegnare ai loro figli. Mi rallegrai di questo, ma da quel momento capii che iniziava per me una professione che non era come tutte le altre. Cominciai con quell'entusiasmo che non mi ha mai abbandonato, ma anche con la consapevolezza di avere un compito molto delicato, pieno di tante responsabilità.

Quell'esperienza nella scuola materna rimase l'unica, ma è stato un valido tirocinio perché lì ho imparato i primi rudimenti della comunicazione con dei bambini, e più sono piccoli e maggiore è la difficoltà! Poi ho proseguito nella scuola elementare, e sono molto felice di esserci. Per me insegnare non è solo un lavoro, è una piacevole missione. Comporta fatica, concentrazione, ma soprattutto è un lavoro che non finisce e non si limita all'orario di servizio, e questo molti non lo sanno. Essere insegnanti per me vuol dire esserlo sempre, in ogni istante della mia giornata, consapevole che ciò che insegno devo prima viverlo sulla mia stessa pelle. Mi capita di pensare spesso ai miei alunni durante la giornata, pur avendo io stesso una figlia ed una famiglia.

Quello che finora ho ricevuto da questo lavoro è molto di più di quello che ho dato. Mi capita di dire ai miei allievi che anche io vado a scuola… spesso per imparare! Loro rimangono un po' perplessi davanti a questa mia esternazione perché convinti del contrario. E invece no. Imparo molto dai bambini: loro fuggono il male per andare incontro al bene, amano chi con loro è onesto e sincero, chi gli fa del bene in modo disinteressato, sono aperti alla vita, allo stupore e alla meraviglia.
I miei alunni mi insegnano molto con le loro osservazioni, frequentemente profonde. A volte si pensa ai bambini come essere "infantili", mentre invece la loro profondità e i loro interventi davanti ai grandi "perché" della vita mi lasciano spesso spiazzato.
La loro innocenza, quando ancora essa è stimolata dall'ambiente in cui vivono, è ciò che gli adulti devono ricercare. Se il mondo fosse governato dai bambini sono sicuro che si risolverebbero molti problemi. Bisognerebbe diffidare da quelle manifestazioni che vorrebbero far credere ai bambini che essi contano davvero, come il parlamento dei piccoli, i bambini che fanno i mini-sindaci… Una volta una mia classe fu coinvolta in una manifestazione simile. L'impressione è che questo è solo un modo per far ridere gli adulti, mentre la società dovrebbe tener seriamente conto delle esigenze dei più piccoli.

I bambini si domandano il perché del male e della guerra, cercano delle motivazioni che non trovano davanti alla violenza, alla corruzione dell'uomo. Da insegnante mi trovo a dover dare delle spiegazioni che a loro sono incomprensibili, ma insieme ad essi mi trovo anche a riflettere e a pensare. La loro semplicità mi lascia sempre spiazzato, perché sono consapevole che il mondo purtroppo non la pensa come loro. Infatti ho notato che crescendo quell'innocenza va irrimediabilmente svanendo.

Andare a scuola per me è un piacere, ed è un vero privilegio poter fare un lavoro che mi piace così tanto. Le vacanze sono per me un momento dove sento un po' di nostalgia dei miei alunni. Non posso certo dire che sono come dei figli - questo no - però loro sono sicuramente tra i miei affetti più cari; loro lo sanno, e infatti tra noi si instaura sempre un rapporto di fiducia reciproca, un patto di alleanza che raramente viene tradito.

Non so se vi è mai capitato di vedere la differenza tra una scuola vuota e una piena. Quando i bambini escono quegli ambienti fino a poco prima traboccanti di vita diventano vuoti e silenziosamente tristi. Il loro vociare, le loro urla a volte fastidiose sono però una musica fanciullesca che allieta solo le vite di chi sa veramente comprenderli ed apprezzarli. E forse l'impegno - difficile - della scuola è proprio trasmettere agli allievi la passione di se stessa.

Qualche tempo fa mi hanno regalato una cornice con una frase molto bella: "insegnare è toccare una vita". Chissà, la mia speranza è quella di poter toccare la vita di ogni bambino, vorrei rimanere insieme a loro non solo nelle foto scolastiche, ma anche nei loro ricordi più cari. Cresceranno, diventeranno grandi così come me. L'impegno è non far morire mai il bambino che è in noi.

 


Autore: Andrea Gironda è insegnante di una scuola elementare di Roma.


copyright © Educare.it - Anno IV, Numero 5, Aprile 2004