- Categoria: Vivere di Scuola
- Scritto da Marcella Ferrante
Una scelta felice
Jacques Maritain negli anni Quaranta scriveva ne "L’Educazione al bivio": "Badiamo bene di non deludere o reprimere la sete di vedere che è nella giovane intelligenza!". Nella sua visione filosofica e pedagogica, il neo-tomismo, Maritain aveva ben presente quell’espressione di San Tommaso che afferma: "L’agente principale nel processo educativo non è il maestro, ma lo scolaro"(1).
Ma quanti insegnanti e quanti genitori hanno questo rispetto per le "giovani intelligenze?"
Purtroppo è una realtà che ancora oggi assistiamo a comportamenti sbagliati sia da parte di docenti che di genitori. Mi viene in mente il caso di un mio alunno che per anni ha vissuto in una situazione di disagio psicologico, che l’ha condizionato non poco, causato sia dalla famiglia che dalla scuola.
Questo ragazzo, che chiamerò Marco, proveniva da una famiglia facoltosa e nota di commercianti romani. Di Marco non ricordo le esperienze scolastiche delle classi inferiori; sicuramente venne nel nostro Istituto dopo aver ripetuto il primo anno dell’Istituto Magistrale e dopo essere stato bocciato anche al secondo anno. Si era iscritto nella nostra Scuola per frequentare il secondo e il terzo anno e tentare l’ammissione al quarto. Il suo profitto era appena sufficiente e non in tutte le materie.
Era molto attento, ma seguiva a fatica le spiegazioni; ricordo il suo sguardo preoccupato e il volto teso, che assumeva un’aria sconsolata durante le lezioni di Filosofia.
All’inizio del terzo trimestre mi chiese delle ripetizioni proprio di Filosofia. Gli risposi che non erano necessarie perché ero dispostissima a spiegargli di nuovo ciò che non aveva capito, ma lui insistette per avere delle ripetizioni che cominciammo, due volte alla settimana.
Fu in quella circostanza che conobbi i suoi genitori. Forse preoccupati per la spesa a cui andavano incontro (Marco aveva chiesto ripetizioni anche di Matematica, Fisica, Italiano e Latino), volevano sapere da noi Insegnanti se quelle lezioni suppletive erano proprio necessarie per garantire al figliolo la promozione.
Fu parlando con loro che compresi il problema di Marco. Essi si confidarono con me e mi dissero che Marco dava loro tante preoccupazioni, al contrario del fratello più grande che, invece, li colmava di soddisfazioni. Il primogenito, intelligente, brillante ed estroverso, aveva frequentato senza problemi il Liceo Scientifico ed ora stava per laurearsi in Ingegneria. Lui, così dotato, non poteva essere indirizzato verso il commercio. Questo Marco lo doveva comprendere, doveva capire che spettava a lui occuparsi dei loro negozi e per amministrarli adeguatamente doveva diventare un buon ragioniere. Ma Marco, ragazzo fragile, introverso e sognatore, odiava gli studi di Ragioneria. Ottenne così dai genitori di poter frequentare l’Istituto Magistrale, ma talmente inesistente era in lui il senso di autostima, talmente forte il timore di deludere i genitori, che al primo tentativo, fallì.
Al termine del secondo anno, alla seconda bocciatura, i genitori decisero di fargli frequentare il nostro Istituto.
Durante il nostro colloquio io dissi loro che Marco avrebbe dovuto frequentare un anno alla volta: questo era il suo desiderio ed anche a me sembrava opportuno rispettare i suoi tempi di apprendimento, ma sia il padre che la madre (che non condividevano mai le sue scelte), furono inamovibili. Mi dissero che quel loro figliolo era proprio uno scansafatiche, che aveva la testa fra le nuvole e che anche i Professori lo giudicavano così, infatti lo avevano bocciato pensando che quella lezione lo avrebbe reso più maturo e responsabile. "Se prendesse esempio dal fratello! Glielo dicevano sempre loro, ma purtroppo erano parole al vento", mi dissero.
Tentai di spiegare loro che quel confronto continuo con il fratello era deleterio per Marco, ma compresi subito che le mie parole, quelle sì, erano parole al vento!
Come avevo previsto, Marco non ce la fece: ottenne l’idoneità al terzo anno, così finì gli studi magistrali frequentando, da noi, un anno alla volta.
In particolare durante gli ultimi due anni m’impegnai a fargli conquistare fiducia in se stesso: gli dissi che i suoi temi mi piacevano molto, anche se in realtà erano soltanto corretti; lo lodai per aver migliorato anche l’esposizione verbale, ma soprattutto gli raccomandai di fare sempre scelte autonome.
Chiesi la collaborazione dei miei colleghi per cercare di colmare il suo immenso bisogno di stima.
Condivise la mia iniziativa l’Insegnante di Matematica: insieme riuscimmo a togliere in lui quell’ansietà latente che lo rendeva incapace perfino di organizzare un discorso.
Marco non si è realizzato né come amministratore dei suoi beni, né come maestro. Dopo il diploma magistrale ha scelto di frequentare un corso per restauratore d’arte: lavora in quel campo ed è molto felice. Del resto non diceva già Aristotele che "libero (quindi felice) è colui che è causa sui"?
Note:
1. Sum.theol.I,q.117,a.I;Contra Gent.c.75;De Veritate,q.II,a.I
copyright © Educare.it - Anno III, Numero 6, Maggio 2003