- Categoria: Vivere di Scuola
- Scritto da Marcella Ferrante
La felicità... di un'allieva infelice
Nella nostra Scuola (Istituto privato) non c'erano insegnanti di sostegno: gli allievi "difficili" erano affidati alla sensibilità dei docenti. In teoria, durante le riunioni degli Insegnanti previste per la programmazione didattica, si analizzavano questi singoli casi e si stabilivano strategie mirate a risolvere i problemi (di apprendimento o di comportamento) di ognuno, ma il più delle volte, all'interno della propria classe, ciascun Insegnante finiva per seguire il proprio metodo ritenuto, in buona fede, il più opportuno. Questo accadde anche con Lucia.
Lucia (il nome è di fantasia) aveva conseguito la licenza magistrale, ma non ritenendosi adatta per svolgere attività di Maestra d'Asilo, si iscrisse ai nostri Corsi per Dirigenti di Comunità.
Aveva ragione Lucia a non ritenersi idonea per educare i piccoli allievi della Scuola per l'infanzia; non le mancavano certo la sensibilità e la predisposizione per essere una buona educatrice, ma purtroppo era nata con una malformazione congenita: la palatoschisi e il labbro leporino. In età infantile aveva subito alcuni interventi di chirurgia plastica e attualmente sul labbro superiore aveva soltanto una cicatrice, ma non riusciva ad articolare bene i suoni e contorceva la bocca, inoltre, forse per pudore, ogni volta che parlava si copriva le labbra con la mano destra, rendendo ancora meno percepibili le sue parole.
La prima impressione che ricevetti fu, lo ammetto, assai deprimente, ma poi, nel corso dell'anno, imparai a conoscerla meglio, ad apprezzare la sua bontà, il suo modo gentile di rapportarsi agli altri. Era sempre disponibile ed affettuosa con tutti; quando poteva essere utile alle sue compagne era veramente contenta ed allora il suo povero visetto sembrava distendersi, assumendo un aspetto più normale. Ricordo che più di una volta quella ragazza, che aveva reagito così bene alla sua infelicità, mi fece riflettere su quella frase di Sant'Agostino che dice: "il dolore è utile quando costringe la natura ad essere migliore" ("De natura boni", c.XX).
Lucia andava bene in tutte le materie; i risultati migliori li otteneva, ovviamente, negli scritti perché agli orali era veramente difficile seguirla, forse anche perché le erano mancate le cure di un buon logopedista.
Io ho sempre cercato di dare ai miei allievi, in particolare ai più deboli, la massima disponibilità per una didattica quasi individualizzata, ma nel caso di Lucia, allo stato attuale, non restava altro da fare che cercare di convincerla a non coprirsi la bocca quando parlava, per rendere più comprensibili le sue parole. Ricordo di aver cercato ripetutamente di dimostrarle l'utilità della cosa, ma inutilmente. La pregai di farlo almeno il giorno degli esami: volevo che facesse una buona figura dal momento che era molto preparata, me lo promise, ma poi non riuscì a vincere la mortificazione di doversi mostrare ai professori esterni della Commissione nelle sue infelici condizioni.
Conseguì la Maturità con un 36: una valutazione sulla quale pesò duramente il suo handicap.
La persi di vista per qualche anno, poi un giorno la incontrai nei pressi di Piazza di Spagna. Mi fece molto piacere rivederla anche perché la trovai molto più disinvolta e spigliata. Mi disse che lavorava in una Casa di riposo per anziani, che il suo lavoro le piaceva molto: si sentiva appagata perché i suoi assistiti le volevano bene e avevano bisogno di lei. Quando finì di raccontare le feci notare che aveva parlato per una decina di minuti senza coprirsi la bocca. Allora sorrise e mi rispose che quella era una cosa che apparteneva al passato e mi spiegò dicendo: "i miei vecchietti sono quasi tutti sordi, se mi copro la bocca quando parlo, non mi sentono!".
Io avevo fallito, ma il suo cuore, no. Io non avevo capito che con lei avrei dovuto far leva sul sentimento e non sull'orgoglio. Ora Lucia, ragazza infelice a causa di una notevole logopatia, è veramente felice.
copyright © Educare.it - Anno II, Numero 11, Ottobre 2002