Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIII, n. 12 - Dicembre 2023

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Octopus, il Custode dei Desideri del Regno di Possibilandia

paese incantatoAlla fine di tutte le strade, dopo aver percorso chilometri e chilometri lungo sentieri tortuosi e lastricati, ricoperti da muschio e nascosti da intricati grovigli di rovi, si giungeva, in un tempo molto molto lontano, in una splendida e rigogliosa vallata, circondata da alte montagne, ai cui confini settentrionali si trovava una piccola grotta: qui viveva Octopus.

Octopus era un ometto alto appena un metro, con le braccia assai più lunghe delle gambe, ed era il Custode dei Desideri del Regno di Possibilandia, come lo era stato suo padre, e il padre di suo padre, e il padre del padre di suo padre, e così via, per generazioni e generazioni, tante quanto cento volte il quadruplo dei suoi anni; e Octopus non era più bambino già da tanto tempo!

Possibilandia era un Regno in cui tutti gli abitanti vivevano in serenità e pace tra loro, dove ogni sogno, ben coltivato, poteva divenire realtà, e questo era possibile grazie all’instancabile lavoro di Octopus. Octopus infatti era l’invitato d’onore ad ogni festa di compleanno, non soltanto perché tutti sapevano quanto adorasse mangiare patatine fritte e dolci, o perché raccontava delle barzellette davvero divertenti, ma soprattutto perché era proprio lui a catturare e custodire i desideri che ogni festeggiato esprimeva, in silenzio e ad occhi chiusi, poco prima di soffiare sulle candeline, evitando che questi si disperdessero nel nulla. Era proprio a quel punto che Octopus, con le sue lunghe braccia, riusciva a catturarli, e subito correva a custodirli in luoghi segreti, per liberarli solo quando fosse sopraggiunto il momento opportuno.

Nessuno conosceva i luoghi in cui Octopus custodiva tutti i desideri della gente di Possibilandia, ma di certo doveva essere un posto davvero sicuro, e nessun desiderio, fino ad allora, era rimasto inesaudito, per chiunque avesse rispettato le due regole richieste affinché ciò si avverasse.

La prima regola era saper attendere, animati da una secolare convinzione: presto o tardi ogni desiderio sarebbe divenuto realtà!

Un giorno giunse a Possibilandia uno straniero, che si diceva fosse un Infausto, ossia uno strano abitante di un paese in cui si preannunciavano solo disastri e calamità, non credendo a nulla di buono, tantomeno ai sogni. Nessuno a Possibilandia ne aveva visto uno fino ad allora. Aveva un aspetto davvero orribile e cupo: era alto e incurvato, magro e con il viso pallido e rinsecchito, le guance erano scavate, gli occhi piccoli e color ruggine che, quando parlava, sembravano tingersi di scintille rosso fuoco.

L’Infausto, che era certo non potessero esistere al mondo luoghi e persone felici, aveva sentito parlare di Possibilandia e di Octopus e, poiché non credeva che questi davvero potesse impiegare il suo tempo a prendersi cura dei sogni degli altri, ritenendo fosse solo un impostore a caccia di gloria e successo, iniziò a pedinarlo, per scoprire più da vicino cosa realmente facesse e se davvero esistessero quei luoghi in cui custodiva tutti i desideri del Regno.

La seconda regola fondamentale, affinché i sogni catturati e custoditi da Octopus potessero un giorno avverarsi, era che nessuno, oltre lui, potesse vederli da vicino. Motivo per cui Octopus li serbava in posti molto bui, dentro cassettine sigillate che lui stesso si fabbricava, con i legnetti procurati passeggiando lungo i vicini sentieri del bosco.

L’Infausto, ricorrendo all’arte dell’inganno, di cui era profondo intenditore, venne a conoscenza anche di quella seconda regola e, poiché non credeva in nulla, tantomeno nei sogni, fece di tutto per scoprire dove si trovassero quelle cassettine, anche a costo che tutti i desideri andassero perduti. Non fu facile per lui, dal momento che Octopus era sempre guardingo e le sue braccia giungevano nei luoghi ancor prima delle sue gambe. Ma, giocando d’astuzia, l’Infausto riuscì ugualmente a scovare il luogo che solo gli occhi di Octopus fino a quel momento avevano visto. Si trattava di una grotta, nascosta dalle acque di una piccola cascata che, dalle alte montagne, precipitava vigorosa a valle, per poi scorrere tranquilla lungo il fiume che lambiva i confini del Regno. Soltanto un occhio attento avrebbe potuto scorgerne l’ingresso. Così un giorno, quando fu sicuro che Octopus non si trovava da quelle parti, entrò nella grotta. Octopus era ad una festa di compleanno per cui, tra leccornie e barzellette, avrebbe avuto tempo a sufficienza.

L’interno della grotta era davvero molto buio; ma l’Infausto, d’indole perspicace, aveva portato con sé dei fiammiferi. Quando fece luce, poté ammirare una galleria, molto profonda, stracolma in ogni angolo di scatoline in legno, su cui erano incisi nomi e date. Erano le date del giorno in cui i desideri sarebbero stati liberati per divenire realtà, che solo Octopus poteva conoscere. L’infausto, temendo ancor di più, per quello che vedeva, che davvero i sogni potessero esistere, decise di indagare più a fondo. Così aprì una cassettina, ma dentro non vi scorse nulla. Poi ne aprì un’altra, e un’altra ancora. Alla fine, le aveva aperte tutte, ma ognuna era vuota. Però, ignorava un dettaglio fondamentale, che solo Octopus conosceva, e suo padre prima di lui, e il padre di suo padre, e così per generazioni e generazioni: soltanto gli occhi di un cuore puro e pieno di speranza potevano vedere i desideri. All’oscuro di questo, l’Infausto fu ben felice di poter illudere se stesso con le sue congetture iniziali: non esisteva nessuno al mondo che potesse davvero prendersi cura dei sogni degli altri.

Nel frattempo Octopus stava per rientrare alla grotta, per riporre il desiderio appena catturato alla festa. Ma, quando fu dentro, venne assalito da un terrore, che mai aveva conosciuto. Tutte le cassettine erano vuote e i desideri, che lui con tanta cura e attenzione aveva custodito, erano ormai spariti. Nello sconforto da cui fu preso, si dimenticò dell’ultimo desiderio che ancora aveva con sé, e questo, liberatosi dalla sua presa, corse su nel cielo, a confondersi tra le nuvole. I desideri, infatti, erano molto leggeri e tendevano sempre a volare verso l’alto, se non saldamente trattenuti. E un desiderio per il quale non fosse sopraggiunta la data prevista, se liberato, non si sarebbe mai più realizzato. Da quel momento, tutti i desideri di Possibilandia erano svaniti nel nulla. Desolato, uscì dalla grotta. Doveva andare ad avvisare il Re dell’accaduto. Ma, quando fu fuori, vide che tutto intorno il paesaggio si era ingrigito, ed era ricoperto da una fitta nebbia che inghiottiva tutto nel suo pallore appiccicoso: Possibilandia non era più il Regno in cui esistevano desideri che potevano divenire realtà.

Giunto nei pressi del palazzo del Re, si accorse che tutti piangevano e si disperavano: Elpidia, la figlia del Re, era accidentalmente caduta da cavallo ed era a letto, morente. Il suo nome, Elpidia, che significava Speranza, era stato scelto dalla madre perché lei, la sua piccola, era quel desiderio, comune tra molte donne ma non per tutte realizzabile, divenuto, dopo tanti anni di logorante attesa, realtà. E questo era stato possibile anche grazie ad Octopus, che per lungo tempo aveva custodito e infine reso avverabile quel sogno, ridonando in tal modo alla Regina una nuova e incrollabile speranza.

Il Re ordinò che, finché la sua amatissima figlia non si fosse ripresa, nessuno poteva più far festa, né consegnare i propri sogni ad Octopus. Il Re dichiarò anche Octopus un impostore, poiché con le sue storie aveva ingannato tutti, così come aveva scoperto il bravo e buon amico Infausto, promosso, per quelle sue importanti rivelazioni, a Primo Consigliere del Re.

Al povero Octopus venne data un’ultima possibilità, prima di essere definitivamente allontanato dal Regno: esaudire il desiderio della Regina di vedere guarita la piccola Elpidia, nel giro di soli tre giorni. Ma nessun desiderio poteva essere esaudito, se non fosse sopraggiunto il momento opportuno. E questo Octopus lo sapeva bene. Infatti, quando lo ripose nella cassettina, la data che incise era molto lontana perché ciò si avverasse in così poco tempo. Ma, forse, c’era ancora un’ultima possibilità, un segreto di cui molti anni prima gli aveva parlato il nonno.

Si trattava dei Miracoli, cioè quei desideri molto importanti ma davvero difficili da realizzare, che solo i Piccoli Putti Alati potevano rendere possibili.

I Piccoli Putti Alati erano dei bambini sempre felici, paffuti e con le ali, che vivevano nelle più alte sfere del firmamento. Potevano essere richiamati sulla Terra solo per casi di eccezionale urgenza; e cosa poteva esserci di più urgente, se non restituire i desideri agli abitanti di Possibilandia? I Piccoli Putti Alati, dopo aver ascoltato la storia di Octopus e di ciò che aveva fatto l’Infausto, decisero di concedergli il miracolo che aveva richiesto. Così Elpidia, allo scadere dei tre giorni, improvvisamente, proprio quando tutti avevano perso ogni speranza, guarì.

Il Re di Possibilandia celebrò la guarigione della figlia con una grande festa in cui, ad ogni abitante che lo avesse voluto, fu concesso di esprimere un desiderio da consegnare ad Octopus. I desideri che Octopus quel giorno raccolse furono talmente tanti che, in breve tempo, riempì tutte le cassettine del suo nuovo nascondiglio, rimasto talmente segreto che nessuno, ancora oggi, sa dove si trovi, neppure chi ha trascritto questa storia. Il Re inoltre, in segno di profonda riconoscenza, proclamò Octopus Unico e Fedele Consigliere del Regno, e allontanò per sempre da quei luoghi l’Infausto, che aveva portato solo inganno, diffidenza, timore e disperazione.

L’Infausto partì, profondamente irritato dalla gioia incontenibile degli abitanti di Possibilandia e inorridito dallo loro inesauribile fiducia nei sogni e, dopo aver vagato a lungo, trovò finalmente il posto perfetto in cui poter trascorrere la sua esistenza: si trattava del Paese del Lamento, un luogo in cui vivevano, e ancor oggi sembra vivano, tutti coloro i quali, privi di speranza e carichi di sospetto, impiegano il loro tempo arrovellati in sospiri, ghigni e mugolii.

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