Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 5 - Maggio 2024

  • Categoria: Riforme della scuola

La necessaria formazione dei docenti

formazione

Con la "Buona Scuola" la formazione continua degli insegnanti è diventata uno degli strumenti strutturali a sostegno del ruolo docente. Paradossalmente, chi ha fatto della didattica la propria professione rischia di non cogliere l’occasione di utilizzare la formazione per il miglioramento continuo, sia attraverso la riflessione sulle proprie pratiche sia per avviare azioni di ricerca ad ampio raggio, in collaborazione con i colleghi, il mondo accademico, le famiglie e il territorio. L’articolo si addentra su questi temi, sottolineandone criticità ed opportunità.

Introduzione

La legge di riforma della scuola n. 107/2015 pone grande attenzione alla formazione in servizio degli insegnanti; è un tratto irrinunciabile della funzione docente e per questo è resa obbligatoria, permanente, strutturale. Il precedente documento che anticipava i contenuti della cosiddetta Buona Scuola, reso pubblico nel settembre del 2014, incrociava la necessaria formazione con le diverse e nuove attese sociali rispetto alla professione docente.

Il ruolo dei docenti è cambiato: oggi ci si aspetta che i docenti gestiscano classi sempre più multiculturali, integrino gli studenti con i bisogni speciali, utilizzino efficacemente le tecnologie per la didattica, coinvolgano i genitori […] ci si aspetta che insegnino non solo un sapere codificato […] ma modi di pensare [...] metodi di lavoro […] abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne. […] Ci si aspetta che insegnino cose a cui non sono stati preparati nei loro percorsi di studio (abilità per la vita e metodi di lavoro) e che, perciò, devono necessariamente essere sostenute da un solido sistema di sviluppo professionale.

Tali istanze hanno trovato applicazione nel “Piano Nazionale per la formazione dei docenti 2016-2019”, dove – tra l’altro – oltre alle priorità per la formazione, vengono definiti i livelli di governance del piano e i ruoli dei diversi attori: il MIUR, le scuole, il ruolo della ricerca e degli Enti accreditati. Nel Piano Nazionale i temi centrali riguardano le cornici di senso dei percorsi formativi, la loro qualità, la qualità dei formatori, l’intreccio continuo tra teoria e pratica. Torneremo successivamente su alcuni punti nodali, in particolare sulla necessaria collaborazione tra Scuola e Università, sulla formazione dei formatori e la precarietà della conoscenza.

Il fabbisogno formativo

I bisogni di formazione non sono riconducibili esclusivamente all’innovazione. La formazione in servizio considera la molteplicità e la profondità dei bisogni da soddisfare, l’eterogeneità dei destinatari e delle condizioni di partenza, per promuovere professionalità competenti.

Lo sforzo di innovare la scuola si concentra sui cambiamenti “tecnici”: uso delle tecnologie, pratiche didattiche come la classe rovesciata, i laboratori, l’alternanza scuola-lavoro. Ma in questo modo si cambiano le parole, ma non le azioni e le pratiche. È invece necessario guardare vicino per vedere lontano, con un occhio alle novità, coerenti con i trend internazionali, per affrontare i cambiamenti di contenuto, di metodo, di linguaggio. L’altro occhio deve guardare, invece, a ciò che nuovo non è, ma che è irrinunciabile: contenuti disciplinari di base, padronanza linguistica, pensiero formale.

In altre parole, il sociale oggi chiede l’educazione al digitale (o a qualsiasi altra innovazione): ma un uso critico e competente del digitale postula un patrimonio culturale e di pensiero che può venire solo da insegnamenti disciplinari solidi e proposti in modo significativo. La formazione richiede un pensiero lungo, prospettico per poter diventare, per i docenti, esercizio di responsabilità nei confronti delle nuove generazioni e del futuro.

Quali percorsi formativi?

In veste di insegnante, di formatore e di Dirigente Scolastico ho potuto conoscere approfonditamente il mondo scolastico e sufficientemente bene il mondo accademico. Sono convinta che la formazione non debba essere pensata come un adempimento, ma come ricerca di significati nuovi e diversi, anche quando si cerca la soluzione tecnica di problemi didattici.

Chi cura la formazione degli insegnanti sa che la formazione, strumento di condivisione concettuale e di esperienza, può generare senso di appartenenza a una comunità. Ma solo se le modalità di organizzazione e di gestione dell’esperienze promuove scambi e condivisione di pratiche. Ciò può avvenire con l’utilizzo di stimoli che, al di là della necessaria differenziazione, accomunano attraverso momenti di apprendimento, di elaborazione, di produzione, di sperimentazione e di confronto. Per questo sono necessari percorsi progressivi di ampliamento e di approfondimento che escludano il vagare da un tema all’altro, ma pongano in evidenza la riflessione condivisa sui temi fondamentali.

Tutto si costruisce sulle fondamenta e, quindi, attraverso la formazione occorre fare memoria di ciò che eravamo e pensieri progettuali sul come potremmo essere. Quando qualcuno insegna e qualcuno apprende, non ci si limita a rappresentare le cose come sono, ma significa sognare, credere che “conoscere” consenta di vedersi nel futuro, nell’avvenire. Conoscere è così avvicinarsi a qualcosa, sapendo che quell’avvicinarsi e quel qualcosa sono sempre relativi e limitati. La profondità di senso dell’insegnare/apprendere sta nella comprensione del “verso, dove e come” si sta andando offrendo a tutti gli strumenti per pensare un mondo migliore di questo. Insegnare/apprendere come sogno del possibile per gli studenti ed anche per i docenti.

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Autrice: Maria Grazia Carnazzola, laureata in Psicologia presso l’Università di Padova, già Dirigente Scolastico , è coordinatore di Nucleo di valutazione dei Dirigenti Scolastici. E’ formatore MIUR ed, attualmente, si occupa dei temi relativi all’insegnamento/apprendimento.


copyright © Educare.it - Anno XVIII, N. 8, agosto 2018