Educare.it - Rivista open access sui temi dell'educazione - Anno XXIV, n. 9 - Settembre 2024

Insegnare in Camerun, un mosaico di ricchezze

camerunE' il 30 luglio del 2013. Il volo per Yaoundé, la capitale del Cameroun, parte da Bruxelles. I voli nel periodo estivo sono pieni di gente che torna a casa. Africani trapiantati in Europa per lo più, che sono diventati europei, ormai. Arrivati qui per un lavoro ma che tornano, ancora, a quella che per loro resta la casa. Anche loro, come me, con altrettante valigie piene di altrettante cose da lasciare lì.

Dopo otto ore di volo atterrata a Yaoundé, vengo accolta da Salvador, la guida che mi accompagnerà per tutto il soggiorno, e da Suor Michela e Suor Rosa, le Missionarie Soeurs Filles du Sacré – Coeur de Jésus che hanno dedicato la loro vita agli altri.

Aveva appena smesso di piovere e il cielo era rossastro e nero, con folte nuvole dai contorni ben delineati. Ero stanca per il viaggio ma molto felice di aver finalmente messo piede in Africa per la prima volta in vita mia. L’assalto di giovani ragazzi che si offrono per trasportare i bagagli in cambio di qualche franco è una delle prime cose che colpisce. Lo stipendio medio di un impiegato è di circa 26/28 mila franchi camerunensi, che equivalgono a più o meno 40 euro. Così, un euro guadagnato portando le valigie a qualche turista, missionario o uomo d'affari, è tanto per questi ragazzi. Fatico per cercare di evitare il loro assalto. Sono molto gentili. Un po' insistenti, però, e non demordono neanche quando faccio notare che ci sono delle persone che sono venute a prendermi.

Era da molto tempo che desideravo insegnare lingua italiana LS, vivendo un’esperienza concreta di volontariato nel mondo della cooperazione internazionale e in particolare in Africa, continente che ho sempre amato, una terra sognata, immaginata decine di volte e ora finalmente incontrata.

Sono, infatti, un docente specializzato nell’insegnamento/apprendimento della lingua italiana L2 e LS per stranieri e collaboro da diversi anni con un centro studi immigrazione - Cestim –con sede a Verona. In tutti questi anni ho avuto il privilegio di accogliere e di conoscere molti ragazzi e ragazze e le loro famiglie provenienti da paesi africani che hanno vissuto con forti difficoltà l’arrivo in Italia e solo con l’apprendimento della lingua hanno ri-trovato un equilibrio interiore più solido nel nostro paese.


Il Cameroun è una terra di grande fascino e ricca di profonde contraddizioni.  E’ un magnifico paese dell’Africa Centrale, tanto da essere definito “l’Africa in miniatura” perché racchiude in sé tutta l’essenza dell’antico e del vecchio continente. Il nome Cameroun lo si deve ai commercianti portoghesi, quando nel 1472 le caravelle del navigatore portoghese Fernando Po gettarono l’àncora alla foce del fiume Wouri, dove oggi sorge la città di Douala alla confluenza dell’Africa equatoriale con quella tropicale. Il fiume Wouri, infatti, era ricco di gamberetti e perciò denominato “Rio dos camaroes”.

Il mio viaggio è un'avventura (letterale), scomoda e un po' comica. E’ sempre la guida Salvador ad accompagnarmi. Suona di continuo il clacson per avvisare ed evitare di scontrarsi con qualche mototaxi o altri furgoni che potrebbero arrivare dall'altro lato. Non so dire esattamente da quale lato della strada avanzi, se a destra o a sinistra. Sarebbe più corretto dire che ondeggia tra un buco e l'altro, guidato da una specie di radar interiore. Sulla strada principale di Yaoundé ci sono bancarelle che vendono scarpe e magliette della nazionale di calcio del Cameroun. I leoni del Cameroun. Hanno tutte il numero 10 stampato e il nome del calciatore Eto’. Gli street market, i mercati di strada, caratterizzano il paesaggio urbano di Yaoundé. Di solito sono piccole case, di una stanza, con insegne coloratissime dipinte a mano, che vendono di tutto.

A Yaoundé sono ospite presso la sede de Vice Province Coeur de Jésus et de Marie – Soeurs Filles du Sacré-Coeur de Jeésus coordinata da Sr. Rosa Olinda e Sr. Marlie.

Prima notte in Africa trascorsa con grande emozione per me. Non vedevo l’ora di conoscere i miei studenti; non vedevo l’ora di iniziare la mia nuova avventura didattica: insegnare lingua e cultura italiana LS in Cameroun!

Il mattino seguente entro in aula e gli studenti sono già arrivati. Un’immensa sala adibita alle riunioni, con una libreria che occupa una parete intera, piena di libri di filosofia, di letteratura, con tante bibbie; una lavagna verde con i gessi bianchi e una spugna per cancellare; due computer funzionanti a giornata; un registratore; un enorme tavolo a forma rettangolare; quattro finestre grandi dove i raggi del sole filtrano una luce chiara intensa.

Inizio subito e mi presento: "Buon giorno a tutti, io sono Bina e sono la vostra insegnante di italiano". E in coro, seguito da un lungo e caloroso applauso, rispondono tutti:"Soyez la bienvenue! Bina". Incredibile emozione per me, da insegnante accogliente nel mio paese natale, ad insegnante accolta in un paese straniero.

Il gruppo è composto da diciassette studenti di cui quattro novizie della comunità stessa. In realtà, il laboratorio di italiano LS doveva comprendere un numero massimo di dieci componenti, ma il desiderio di apprendere l’italiano era molto forte da parte di molti della comunità, tanto da formare due gruppi suddivisi tra la mattina e il pomeriggio per un totale di sette ore di lezione al giorno per due settimane.

Invito a prendere posto intorno all’immenso tavolo, posto al centro della sala, e ringraziando per la particolare accoglienza avvio la conversazione facendo la loro conoscenza.“Comment vous appellez- vous?” E, come il ritmo del movimento dei danzatori del dipinto “La danse” dell’artista francese Henri Matisse, ogni elemento del gruppo, disponendosi in una posizione relazionata a quelli degli altri, l’uno concatenandosi al vicino e questo al successivo, pronuncia il proprio nome: Crépin, Felicité, Leslie, Irene, Andre, Alida, Arnaud, Ioelle, Jovelline, Crhistine, Paola, Faustine, Jean Calvin, Andrea, Brenda, Ornella, Marié.

L’età media del gruppo è di 17 anni. Altamente scolarizzati, quasi tutti frequentano il liceo e in molti aspirano a frequentare l’Università. Lo studio rappresenta il loro futuro progetto di vita, nonostante le enormi difficoltà economiche e le poche possibilità che offre il paese. Percorsi di vita straordinari che ho voluto fortemente far emergere durante le lezioni attraverso le loro stesse narrazioni.

L’unico partecipante ad aver superato da tempo l’età dei 18 anni è Jean Calvin, giornalista, che ha desiderato frequentare il corso di italiano LS per approfondire la sua conoscenza della cultura italiana.


Il Cameroun è un paese bilingue. Dopo la sconfitta dei tedeschi nella prima guerra mondiale le colonie tedesche passarono alla Gran Bretagna e alla Francia. Infatti, tutti parlano alla perfezione inglese e francese. La cultura africana è apparsa subito ancestrale, variopinta, calda, a tratti difficilmente condivisibile: presenza di paesaggi incontaminati fantastici, accoglienza e solarità della gente, rinnovato apprezzamento della semplicità, profondo amore per il sapere.

Meravigliati e increduli per aver voluto condividere con loro la mia esperienza di conoscenza e di condivisione con un altro popolo, gli studenti sono stati tutti molto motivati a studiare la lingua e la cultura italiana (arte, cinema, opera lirica). Al centro delle attività didattiche proposte ho posto ogni studente con tutte le sue peculiarità manifeste.

Attraverso il percorso umanistico – affettivo che valorizza lo studente, la sua storia e le sue competenze, ho creduto non tanto di insegnare una lingua, ma di insegnare una lingua ad ognuno di loro, ad una persona. Un metodo nuovo e rivoluzionario per il gruppo, abituati ad un approccio strutturale che privilegia la produzione di risposte linguistiche a stimoli precisi, stimolando poco la loro creatività.

Molti studenti arrivano almeno un’ora prima. Prestissimo! Ma, questo, forse, dipende dal sole che sorge invariabilmente ogni giorno intorno alle 6,00 e tramonta intorno alle 18,00. Siamo vicinissimi all’equatore del resto.

Andre, timido e riservato, arriva sempre alle 8,00 del mattino. Entra all’interno del cortile della sede de Vice Province Coeur de Jésus et de Marie – Soeurs Filles du Sacré-Coeur de Jeésus e aspetta all’interno di una piccola pagoda circolare in cemento dove è affissa una piccola lavagna. Colora, disegna e scrive per passare il tempo. Scrive in italiano e in francese. Scrive e traccia alcuni pensieri dei suoi giorni di frequenza al corso; rielabora attraverso la scrittura ciò che sente con autenticità e semplicità. Lo osservo dalla finestra della sala con grande rispetto. Mi vede e mi saluta: "Buon giorno Bina. Come tu stai?" e mi fa segno di scendere e di raggiungerlo. "Buon giorno a te mio caro Andre. Spero che tu abbia dormito bene", rispondo subito! Arrivata nel cortile, Andre mi invita a leggere i suoi pensieri e mi autorizza a fotografare il suo scritto come testimonianza dei suoi passi da giganti nello studio della lingua italiana. Mi congratulo con lui. Quella mattina la nostra lezione di italiano verrà svolta nel cortile all’interno della pagoda, tutti in cerchio.

Un giorno osservavo i miei studenti nella pausa, dopo tre ore di mattina, in attesa della sessione pomeridiana. Alle 17,00 quasi alla fine della lezione, pensavo: saranno stanchi? Invece no! Una parte prende e va a giocare una partita di calcio in un posto che chiamano “stadio”. Un campo di polvere rossa per capirci. Un’altra parte va a fare lo “sport”. Vado a vedere. Quando inizia la partita c’è una partecipazione da finale del campionato del mondo. Sono belli e belle, caldi e calde, sudati e sudate. Il sole picchia, ma loro si allenano. Altri, invece, rimangono per l’elaborazione e le prove dei testi teatrali che rappresenteranno in occasione della consegna degli attesti di frequenza del corso di italiano.

Uscendo dalla scuola ne incrocio qualcuno sul marciapiede. Mi sorride, come fanno sempre. Come mi hanno accolto! Mi saluta: “Ciao, blanche!” Per Crèpin e Leslie, amici da sempre, sono “Bina, la professora blanche!”. In tutto il quartiere, infatti, vengo chiamata “la blanche, la blanche”.

Tutto scorre con grande serenità. Il tempo, infatti, è un altro aspetto molto importante della vita africana. C'è un modo di dire che un giorno, durante la lezione, i miei studenti mi hanno insegnato e che esprime bene, a parer mio, il concetto: "qui in Africa non abbiamo orologi perché Dio li ha regalati ai bianchi, ma abbiamo, invece, il tempo". Tutto, infatti, è diluito come in un bicchiere d'acqua. E' come vivere in una dimensione liquida, fluida in un fiume placido dove tutto scorre. Le ore del mattino sono quelle con la temperatura migliore per fare, lavorare, organizzare. Prima che arrivi la luce del mezzogiorno. Tutta la giornata degli camerunensi è scandita da ritmi naturali, più lenti, certo, dei nostri. Ma il tempo, anche se non si guarda l'orologio, viene seguito.


Il giorno della consegna degli attestati è arrivato. Grazie alla collaborazione e al prezioso aiuto di Sr Marlie e Sr Rosa Olinda che hanno permesso la realizzazione del corso di italiano e la celebrazione finale della consegna degli attestati. Superato il test finale, i ragazzi e le ragazze erano raggianti e soddisfatti. Potevano esprimere la loro essenza più creativa attraverso la rappresentazione teatrale e la lettura dei testi da loro prodotti, oltre, nella lingua francese, anche, con la lingua italiana. Un vero capolavoro. La partecipazione calorosa delle famiglie e degli amici degli studenti è stata emozionante. Un’esperienza davvero unica, carica di forti ed indescrivibili sensazioni.

L’esperienza di insegnare italiano in Cameroun è stata per me fonte di grande arricchimento professionale e soprattutto umano. Il corso di insegnamento/apprendimento della lingua italiana LS si è basato su una valenza progettuale interculturale che ha avuto come fine l'incontro attivo tra persone portatrici di culture differenti, aperti al dialogo, disposti a modificare e a farsi modificare. L'intercultura, intesa come movimento di reciprocità, attraverso ogni attore/componente del gruppo ha permesso un arricchimento reciproco unico e immenso. Durante le lezioni di italiano, ho spostato la mia visione nell’atto di insegnare da un’angolatura e da una prospettiva diversa.

Quando la ricerca non è un viaggio a senso unico ma con l'altro e verso l'altro, con l'attenzione al suo punto di vista, alla sua memoria storica, alle sue fonti, alle sue narrazioni, al suo sistema di attese rispetto al futuro, si crea inevitabilmente intercultura.

Il viaggio in Cameroun mi ha permesso un contatto ravvicinato con una straordinaria cultura: le mille sollecitazioni della foresta, dell’ambiente, della città, dei profumi e degli odori; nonché l’insegnamento e in particolar modo l’insegnamento della lingua italiana LS.

È stata un’esperienza davvero unica nel rispetto di una cultura diversa dalla nostra, sostenuta e aiutata con umiltà: il cammino insieme, la condivisione delle fatiche e delle soddisfazioni, l’apprendimento dalle visioni altrui, il rispetto dei tempi e delle soddisfazioni. Un’esperienza speciale per imparare a vedere il mondo sotto un’altra prospettiva, con occhi diversi, oltre ad avere la possibilità di condividere e di arricchire il proprio bagaglio culturale.

Il mondo è un grande mosaico di visioni, di mille tasselli e di profonde ricchezze. Perdere solo uno di tali tasselli equivale ad una perdita per tutti noi.

Vivere una sola vita, in una sola città in un solo paese in un solo universo vivere in un solo mondo  è prigione. Ndjock Ngana, poeta camerunese


Autore: Bina Madeo, opera come insegnante di sostegno (area umanistica) presso Istituto Paritario Scuola Superiore e come docente di Lingua Italiana presso un Centro di Formazione Professionale (CFP), ove è referente per i BES. Ha maturato esperienza come docente di lingua italiana L2 per bambini e ragazzi stranieri e come tutor d'aula nell'ambito del Master in "Didattica e psicopedagogia per i Disturbi Specifici dell'Apprendimento – DSA" – Università di Verona.


 copyright © Educare.it - Anno XIV, N. 5, Maggio 2014