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Progetto PrudenteMENTE. Promuovere la cultura della salute e della sicurezza stradale a scuola

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sicurezza stradaleL’articolo riporta un progetto di formazione che ha coinvolto 17 classi e 403 alunni, di età compresa tra i 15 ed i 16 anni di età, frequentanti l’Istituto di Istruzione Superiore “E. Mattei” di Maglie (LE), finalizzato a promuovere la cultura della salute e della sicurezza stradale, secondo quanto previsto dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

 

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Il potere dell’empatia: un progetto nel biennio della scuola superiore

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empatiaIl ruolo dell'empatia, tra le competenze relazionali, è universalmente riconosciuto. In questo articolo si documenta brevemente un progetto, rivolto agli alunni del primo biennio di una scuola secondaria di secondo grado, finalizzato alla conoscenza dell'empatia, come costrutto teorico, ed all'autoconsapevolezza sulle proprie abilità a questo riguardo. Tutta l'attività si è svolta in inglese, in modo da potenziare la competenza comunicativa degli studenti in L2-Inglese e l'acquisizione di un lessico specifico riguardante le emozioni.

 

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Emozioni e affettività: un percorso con i bambini della scuola primaria

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emozioniL’articolo presenta un percorso realizzato nella scuola primaria, con l’obiettivo di sviluppare quelle competenze socio-emotive sempre più necessarie per la vita di relazione ed il benessere individuale.

 

Introduzione

Le emozioni hanno un ruolo centrale nello sviluppo della persona; pertanto, imparare a riconoscerle e gestirle è un obiettivo fondamentale di ogni processo educativo. Attraverso la relazione, in particolare con gli adulti di riferimento, il bambino ha la possibilità di osservare sia come gli altri vivono le proprie emozioni e i propri affetti, sia come il loro comportamento emotivo influisca sugli altri.

A scuola sono le emozioni che innescano la motivazione ad apprendere. Per decenni l’apprendimento è stato analizzato principalmente in termini cognitivi e le emozioni erano considerate come ostacoli, quasi come debolezze.

Oggi la ricerca neuroscientifica ha chiarito che le emozioni hanno un ruolo nelle funzioni cognitive, tra cui l’attenzione, la memoria, la capacità di elaborazione delle informazioni e pertanto incidono sul delicato processo di apprendimento. Non c’è atto della vita psichica che non sia contemporaneamente cognitivo ed emotivo. Se un bambino che impara è sostenuto e incoraggiato, nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva; al contrario le esperienze scolastiche negative generano un cortocircuito emozionale tale da indurre un insieme di pensieri ed emozioni capace di inceppare l’apprendimento (Lucangeli, 2019). Le emozioni sono implicate anche nelle crescenti difficoltà comportamentali di molti alunni, come l’eccesso di aggressività, l’incapacità di accettare le regole, i fenomeni di bullismo, la mancanza di rispetto verso gli altri.

A partire dalla convinzione che l’educazione emotiva possa fronteggiare l’ostilità, la discriminazione, l’esclusione, ho progettato il percorso “Emozioni e Affettività”, realizzandolo nelle due ore settimanali di attività alternativa all’insegnamento della religione cattolica nella scuola primaria, nel corso dell’anno scolastico 2020-2021. I bambini partecipanti sono stati 10 nella classe prima (6 anni), 11 in due classi seconde (7 anni).

Il progetto Emozioni e Affettività

Secondo la Circolare Ministeriale n. 129/86, nel primo ciclo di istruzione le attività alternative all’IRC devono essere concorrenti al processo formativo della personalità degli alunni, orientate quindi verso tematiche strettamente attinenti ai valori della vita e della convivenza civile”. Da qui la scelta di proporre un’attività stimolante e coinvolgente per i bambini, dalla forte valenza educativa, in uno spazio settimanale che spesso diventa momento di disimpegno.

Il progetto ha avuto l’intento di sviluppare alcune competenze socio-emotive fondamentali: consapevolezza del proprio stato emotivo; capacità di riconoscere le emozioni altrui; capacità di comprendere che lo stato emotivo interiore non corrisponde necessariamente alla manifestazione esteriore, sia in sé stessi, sia negli altri; capacità di affrontare in maniera adattiva le emozioni negative e angoscianti. Accanto a questo, sono stati definiti altri specifici obiettivi in riferimento all’ambito relazionale: favorire la riflessione sui temi dell’amicizia, della solidarietà, della diversità e del rispetto degli altri; manifestare il proprio punto di vista e le esigenze personali in forme corrette e argomentate.

 

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L'articolo completo in italiano è disponibile in allegato per gli abbonati.


Autrice: Aurelia Cennamo, pedagogista e insegnante, scrive su temi di pedagogia per riviste nazionali e internazionali.


copyright © Educare.it - Anno XX, N. 12, Dicembre 2021

Un progetto di inclusione scolastica con l’uso della C.A.A.

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caaL’articolo presenta un progetto inclusivo da rivolgere ad una prima classe della Scuola Primaria in cui è presente un compagno con diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico. Utilizzando strumenti alternativi al linguaggio orale, i bambini impareranno che la comunicazione è necessaria per esprimersi, relazionarsi ed entrare in contatto con l’ambiente circostante e che questo è fondamentale anche per chi è impossibilitato ad usare la parola.

 

Introduzione

Secondo le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola del primo ciclo, l’ambiente di apprendimento è un «contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativo di tutti gli alunni» (Indicazioni Nazionali, 2012 p. 41). Per i bambini con difficoltà di linguaggio è importante iniziare presto a comunicare con metodi alternativi soprattutto per evitare di continuare ad utilizzare strumenti infantili per richiamare l’attenzione (es: urlare, buttarsi a terra, etc.). Un metodo alternativo che si basa su un sistema di scrittura di simboli o immagini è la C.A.A. (Comunicazione Aumentativa e Alternativa).

La C.A.A. nasce in America negli anni ’60 come sostituzione del linguaggio orale ma successivamente cambia il suo ruolo diventando un supporto al suo sviluppo. Negli anni ’80 fu fondata l’International Society for Augmentative and Alternative Communication (ISAAC) che promuove ancora oggi la ricerca e la diffusione della C.A.A. Il progetto dell’ISAAC si fonda sull’idea che la comunicazione (in tutte le sue forme) aumenti la capacità comunicativa della persona. La C.A.A. è dunque un sistema alternativo di comunicazione che viene strutturato in modo diverso per ogni persona in quanto si deve adattare alle caratteristiche del soggetto. Per questo motivo si configura come un approccio di tipo sperimentale ed è fondamentale che le persone che ruotano attorno all’alunno disabile lo conoscano e lo sappiano utilizzare. La C.A.A. è «costituita da qualsiasi strumento, dispositivo, immagine, parola, simbolo o gesto che compensa le difficoltà di comunicazione espressiva e recettiva» (Joanne e Cafiero, 2009 p.17).  I risultati non sono immediati, si ottengono dopo un periodo di intervento lungo e costante nel tempo. La C.A.A. si serve di un sistema di scrittura dove tutte le figure usate hanno scritto sopra la parola o il verbo che rappresentano in modo da essere comprensibili anche da chi riceve il messaggio. La persona con difficoltà di comunicazione si esprime riconoscendo e indicando le immagini e successivamente chi riceve il messaggio legge le parole. La C.A.A. è utile anche per facilitare i testi, in modo che la persona con difficoltà di linguaggio possa seguire più facilmente la narrazione e il susseguirsi dei fatti.

Un progetto nella scuola primaria

Per sostenere la comunicazione dei bambini ed insegnare loro come la comunicazione sia uno dei nostri bisogni fondamentali ho strutturato un progetto rivolto a tutti gli alunni di una classe prima, di scuola primaria, dove è presente un compagno con Disturbo dello Spettro Autistico. In questo modo i bambini potranno capire come sia difficile comunicare senza usare il linguaggio orale e la sensazione che si prova quando non si è compresi. In questo contesto, sarà introdotta la C.A.A. come strumento di comunicazione con il compagno con disabilità.

Allo scopo di agevolare la comprensione delle interrelazioni nel contesto di riferimento ho ipotizzato di utilizzare il “Modello ecologico” di Bronfenbrenner (1986), che rappresenta l’ambiente di sviluppo del bambino come una serie di cerchi concentrici, racchiusi l’uno nell’altro.

L'articolo completo in italiano è disponibile in allegato per gli abbonati.


Autrice: Elena Trapella, insegnante di sostegno di scuola primaria, ha seguito studi nel campo didattico (Laurea in scienze della Formazione Primaria), educativo (qualifica professionale di Educatore) e musicale (diploma di Conservatorio in chitarra classica).


copyright © Educare.it - Anno XX, N. 11, Novembre 2021

La teologia trinitaria spiegata con la matematica: una proposta didattica

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trinitasNella didattica i docenti di religione possono sperimentare approcci alla teologia nuovi, come quello che prevede l’ausilio della matematica – nello specifico la sua simbologia – e la teologia trinitaria. L’articolo propone brevemente alcuni concetti cardine della teologia trinitaria del cristianesimo antico ed entrati nel patrimonio di fede cristiano, mediati con l’aiuto della simbologia matematica e geometrica per renderli più comprensibili. L’applicazione in classe, nell’ambito di un più ampio progetto universitario, ha dimostrato una maggiore capacità di acquisizione dei contenuti teologici da parte degli studenti del liceo.

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Laboratori sulla metacognizione nella scuola primaria

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metacognizioneGli studi sulla metacognizione dimostrano come la didattica metacognitiva sia in grado di stimolare la riflessione e la consapevolezza sui processi mentali del bambino, promuovendo un monitoraggio attento delle attività proposte, oltre che la condivisione di strategie e l'insegnamento reciproco tra pari (Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, 2001). Per queste ragioni è stato progettato un intervento indirizzato sia ai bambini che ai docenti, partendo dall'ipotesi che un miglioramento delle abilità metacognitive possa incidere positivamente sul benessere scolastico generale.

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Educare alla creatività con ed alle nuove tecnologie

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orologio

Il Raspberry è un computer dalle ridottissime dimensioni che nasce con l’obiettivo di offrire al pubblico un dispositivo in grado di affiancare, alle tradizionali performances dei computer moderni, prestazioni discrete ad un costo contenuto. Soprattutto la presenza di una GPIO (general purpose input-output) consente l’interazione del dispositivo con il mondo reale, mediante la realizzazione di una pluralità di progetti, tutti differenti ed originali tra loro, che affascinano la comunità degli appassionati, come l'orologio parlante illustrato nella figura. Tra i valori educativi di questo approccio vi è quello di valorizzare gli oggetti, anche quando sono rotti o sembrano inutilzzabili.

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Dentro le storie fra carta e cartone, giochi e colori

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mandala coloratoTutti i genitori dovrebbero vivere e condividere per almeno una giornata dentro la scuola dell’infanzia, sentirne gli odori, ascoltare i rumori, le voci, i suoni, guardare i bambini mentre sono assorti nelle attività, partecipare alla realizzazione di esperienze condivise. Da queste riflessioni prende avvio la proposta di regalare ai bambini della scuola dell’infanzia un percorso di gioco, di ascolto di storie, di creatività e libertà di esprimersi. Una mamma o un papà possono costruire e offrire ai bambini le proprie competenze, risorse, fantasie, scoprendo che la scuola dell’infanzia è una scuola a tutti gli effetti: aperta, partecipata e vissuta dalle famiglie, accogliente e disponibile al cambiamento. È la scuola del bambino e della bambina, titolari di specifiche prerogative, capaci di dialogo, di pensiero e di intuizione, di sentimenti e di fantasia, soggetti di diritti e co-costruttori della propria storia. Un luogo in cui sperimentare linguaggi nuovi e diversi codici interpretativi della realtà, in cui la dimensione cognitiva e corporea si fondono e si integrano con quella relazionale, in un equilibrato progetto di crescita; in cui si apprende attraverso il gioco, in cui sviluppare la capacità di guardare la realtà con tutti i sensi. Mettersi in gioco attraverso i sensi, significa aprirsi a nuovi e differenti punti di vista: una scuola da toccare, da guardare, da odorare, in cui muoversi verso gli Altri e verso il mondo, in cui si impara a vivere la realtà con tutti i sensi e in tutti i sensi. L’arte stessa è per sua natura sensoriale e corporea (sensazioni visive, acustiche, tattili, olfattive, percezione ed organizzazione dello spazio) e coinvolge emozioni e processi cognitivi. Essa è una modalità speciale di utilizzare linguaggi che esprimono profondi contenuti interni all’individuo. Partire dalle storie, dalle fantasie che esse sollecitano per arrivare ad esprimere se stessi attraverso il colore è ciò che la proposta si pone quale traguardo.

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Eroi del mare: cittadinanza attiva e partecipazione a distanza

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abbracciamiLa scuola dell’infanzia si colloca all'inizio del percorso formativo di base, è la scuola dei bambini e delle bambine, fondata sull’accoglienza, il rispetto delle diversità, sul riconoscimento e la valorizzazione dei pensieri, delle idee, dei sentimenti e delle emozioni di ciascuno, sulla possibilità di organizzare spazi adeguati e tempi distesi in cui ogni alunno possa riconoscersi.

È il luogo i cui i bambini e le bambine possono scoprire e sperimentare linguaggi nuovi e diversi codici interpretativi della realtà; è uno spazio in cui la dimensione cognitiva e corporea si fondono e si integrano con quella relazionale, in un equilibrato progetto di crescita, nel quale entrano a far parte il gioco, la fantasia, la creatività, ma soprattutto, l’esperienza del fare e dell’agire. Una scuola che è, prima di tutto, luogo di vita che accoglie il bambino “intero”, in cui lo sguardo dell’adulto è capace di posarsi su tale interezza per prendersene cura. Prendersi cura del fare e del pensare di ogni bambino implica una presenza attiva e un coinvolgimento costante dell’insegnante, implica l’autenticità della relazione, l’ascolto e l’empatia, ma anche un’attenzione sempre disponibile al gruppo, il quale chiede che vengano colti e accolti bisogni, richieste, emozioni, pensieri. A scuola essi vivono esperienze fondamentali, le quali si ripercuotono sullo sviluppo delle strutture linguistiche, cognitive, sociali e affettive. Sono, infatti, gli anni del consolidamento della fiducia nei confronti della realtà esterna, naturale e sociale, e dello sviluppo della capacità di lettura dell'ambiente, per apprendere ed elaborare, per fare ed agire.

Essi, inoltre, portano con loro la propria storia, quella della famiglia, le relazioni interpersonali, gli accenti della lingua o dialetto, le immagini, i colori, gli odori della casa: una pluralità connessa alla singolarità e all'irripetibilità del singolo.

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Disegnare è raccontare: un'esperienza con i bambini

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disegno infantile“C’era una volta...” è indubbiamente l’incipit più famoso e conosciuto da tutti, adulti e bambini, narratori ed ascoltatori. Narrare storie fa parte integrante della vita, della cultura, della crescita dell’uomo dalla notte dei tempi. Le storie creano identità, memoria, condivisione; rappresentano una metafora della vita e della crescita, identificandone le tappe evolutive, i passaggi, i riti.  Chi si occupa di educazione conosce bene le valenze pedagogiche della narrazione e considera fondamentale, nella giornata scolastica – soprattutto al nido e nella scuola dell’infanzia - il “tempo della narrazione”. I bambini amano ricevere e produrre storie. I bambini amano raccontare e raccontarsi, nutrendo così il pensiero narrativo, rispondendo a quel bisogno innato di dare un senso alle cose.

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Contrastare il bullismo a scuola attraverso il linguaggio teatrale

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teatro scuolaIl bullismo a scuola esiste da tempo ma solo a partire dagli anni settanta è diventato oggetto di studi e ricerche. In Italia si inizia a parlare di bullismo alla fine degli anni 90 e la prima ricerca è del 1997, curata da Ada Fonzi. I dati che emergono sono allarmanti e testimoniano una diffusione massiccia del fenomeno nelle scuole. Il report Istat del 2014,“Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi” evidenzia che fra i bambini/ragazzi d’età compresa fra gli 11 e i 17 anni, 2 su 10 hanno subito atti di bullismo una o più volte al mese. Le prepotenze vanno dalla derisione agli insulti, dalle minacce alle aggressioni fisiche. Il dossier realizzato da Telefono Azzurro, relativo all’anno scolastico 2015-2016, parla di 270 casi gestiti, con bulli in prevalenza maschi (il 60% dei casi) e di un abbassamento dell’età delle vittime fino ad arrivare a bambini di 5 anni (22% dei casi).

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Oltre i confini... storie per co-abitare il mondo

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Una buona pratica, per essere tale, implica la valorizzazione dall’esperienza vissuta e la creazione di occasioni in cui ognuno possa offrire un contributo personale alla costruzione del sapere esperienziale. Le storie, le narrazioni che ci hanno accompagnato durante l’infanzia, che abbiamo ascoltato, respirato e giocato, che sono entrate nel nostro immaginario, nei sogni, nei pensieri, sono divenute parte di noi. Esse si sono appoggiate sui nostri occhi, sulle nostre orecchie, sulle nostre mani per divenire modalità con cui leggiamo il mondo. Sono le lenti attraverso cui osservare gli altri, costruirsi delle idee su loro e su se stessi, su come funzionano le cose, la natura, le relazioni. Questo è ciò che è successo ai nostri bambini: bambini e bambine che frequentano la Scuola dell’Infanzia di via Monte Spada a Quartucciu (CA).

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Il corpo è un narratore di storie: valorizzare il linguaggio non verbale nella didattica

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atelier fiaba

 

 

Il corpo è spesso assente nella didattica. Bambini seduti per ore ai banchi, una forte carenza di percorsi educativi incentrati sul linguaggio non verbale. Già alla scuola dell’infanzia ma ancora più alla scuola primaria l'insegnamento si rivolge quasi esclusivamente alla “testa” del bambino, è considerato unicamente un processo cognitivo. Il bambino ha bisogno invece di essere considerato nella sua globalità: corpo, emozioni e mente agiscono insieme nella costruzione di un pensiero, nell’elaborazione di un’emozione. Valorizzare il corpo come strumento espressivo è possibile attraverso percorsi didattici incentrati sul linguaggio non verbale: attività di movimento creativo, giochi teatrali corporei, mimo, pittura gestuale.

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Il potenziamento dell'intelligenza numerica in bambini da 0 a 6 anni

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numeri bambiniL’articolo presenta un'esperienza di laboratorio che si svolge all'interno dello spazio nido dell'associazione Pianeta Studio di Roma. Il laboratorio, denominato "Matematicando al nido", è finalizzato al potenziamento dell'intelligenza numerica in bambini da 0 a 6 anni. Le attività partono dal presupposto scientifico che anche i bambini molto piccoli riescono a ragionare in termini di quantità, operando confronti tra piccole numerosità e compiendo semplici operazioni additive (aggiungere oggetti in un insieme) e sottrattive (togliere oggetti da un insieme). Dopo una breve rassegna sugli studi presenti in letteratura, l’articolo descrive le attività pro-poste all'interno del laboratorio, offrendo al lettore interessato degli spunti operativi su come impostare un lavoro di potenziamento sui prerequisiti del calcolo.

 

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Il problem posing come metodologia innovativa per lo studio delle Scienze della Terra

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problemL’articolo presenta un’esperienza didattica, nell’ambito delle Scienze della Terra, che consente di comprendere come possa essere utilizzato il metodo del Problem posing a scuola. Si tratta di un approccio basato sui principi del costruttivismo che permette di adottare una efficace applicazione del metodo scientifico nell’insegnamento.

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ABC...DIAMO: l'esperienza di un laboratorio metafonologico

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laboratorio metafonologicoL'apprendimento della lettura è un processo che inizia a partire dai 3, 4 anni di vita, ancora prima che il bambino venga esposto a un sistema formale di istruzione. La ricerca scientifica sull'argomento mostra come le strutture neurofunzionali deputate all'apprendimento della letto-scrittura siano presenti già dalla nascita (Deahene, 2004). Risulta pertanto fondamentale favorire, fin dalle prime fasi di scolarizzazione, lo sviluppo delle abilità necessarie all'apprendimento della lettura e della scrittura, che verranno poi formalizzate in seguito. Uno dei requisiti necessari per l'apprendimento della lingua scritta è la competenza metafonologica, che può essere definita come la capacità di analizzare il linguaggio parlato nelle sue componenti sonore, operando adeguate trasformazioni su di esse (Bortolini, 1995).

Considerando che la lingua italiana è una lingua trasparente, con una generale corrispondenza suono-segno, l'analisi dei suoni che compongono la parola risulta necessaria per imparare a leggere e a scrivere. Saper dividere le parole in sillabe, riconoscere le rime, individuare parole che iniziano o finiscono con la stessa sillaba, sostituire sillabe all'interno di parole, fare lo spelling, fondere fonemi isolati, sono tutte operazioni che necessitano della capacità di saper analizzare i suoni che compongono la lingua.

Il modello teorico di Morais (1991) suddivide la consapevolezza metafonologica in due componenti: consapevolezza globale e consapevolezza analitica. La consapevolezza globale riguarda le operazioni metafonologiche relative alle seguenti capacità: discriminazione uditiva di coppie minime, riconoscimento di rime, riconoscimento di sillabe in parole diverse, segmentazione sillabica e sintesi sillabica. La consapevolezza analitica riguarda invece le operazioni che coinvolgono i fonemi: sintesi e segmentazione fonemica, delezione sillabica e consonantica, inversione di iniziali (spoonerismo), ricognizione di rime e produzione di rime.
La consapevolezza globale si riferisce quindi ai bambini in età prescolare. I bambini sviluppano la conoscenza delle sillabe spontaneamente molto prima dei fonemi, in quanto queste sono marcate acusticamente e non è quindi necessaria un'istruzione formale per riconoscerle adeguatamente (Martino, 2003).
Seguendo questo modello evolutivo abbiamo deciso di strutturare il nostro laboratorio metafonologico “Abc...diamo” partendo proprio dalla metafonologia globale, con l'obiettivo di accompagnare i bambini durante l'intero anno scolastico a partire da ottobre 2015.

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Alla scoperta del proprio corpo, sensazioni ed emozioni. Un’esperienza nella scuola primaria

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emozioniL’articolo presenta un’esperienza vissuta in una piccola scuola primaria, frequentata da 22 ragazzi. Si è voluto rispondere ad alcune esigenze educative presentate dalle insegnanti, attraverso un percorso psicopedagogico che aiutasse i ragazzi ad approfondire, anche grazie all’uso degli esercizi del Training Autogeno di base, la conoscenza ed espressione di sé, del proprio corpo, delle proprie sensazioni ed emozioni. Si è lavorato molto sul potenziamento dell’autostima e dell’autoaffermazione. I risultati del percorso, oltre che attraverso l’osservazione, sono stati monitorati con la somministrazione del WarteggZeichen test.

 

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Un itinerario didattico alla scoperta delle emozioni

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emozioni-bambiniL'esortazione incisa sulla porta del tempio di Apollo a Delfi “Conosci te stesso” ha ricordato nei secoli la necessità di canalizzare in modo positivo le proprie energie e potenzialità. Negli ultimi anni l'attenzione alla vita emotiva ha ricevuto nuove motivazioni dalla psicologia. Goleman (1996) ha divulgato il concetto di “intelligenza emotiva”, definita come “la capacità tipicamente umana di riconoscere i sentimenti personali e quelli degli altri, di auto motivarsi per gestirli positivamente tanto interiormente, quanto nelle relazioni esterne”. Gardner (1993), nell’ambito della sua teoria delle intelligenze multiple, ha elaborato la distinzione tra l’intelligenza interpersonale, che interviene nel comprendere il comportamento, le emozioni e le motivazioni degli altri, e quella intrapersonale, che ci aiuta invece a comprendere come siamo, cosa desideriamo e come cambiamo nel tempo.

In questo articolo si presenta un'esperienza nella scuola primaria che ha tentato di misurarsi con i seguenti interrogativi: le emozioni possono essere insegnate? In quale modo dei processi esterni all’individuo riescono a sollecitare le sue risorse e le sue competenze in questo ambito?

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Progetto “Nosce te ipsum”: conoscere i propri stili di apprendimento

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“Ragazzi, non avete un buon metodo di studio!”. Quante volte lo abbiamo detto? Ma a questa affermazione deve seguire qualcos’altro, non può limitarsi ad una mera critica negativa. Se il metodo di studio degli studenti non è all’altezza della situazione bisognerà pur fare qualcosa per migliorarlo!

Ma è possibile migliorare il metodo di studio degli alunni? La risposta è sì. Il problema è come? Con l'esperienza che presentiamo in questo articolo cerchiamo di dare una risposta a questo interrogativo.

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Le note dell’integrazione: esperienze di musicoterapia a scuola

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In questo articolo viene descritto il progetto pedagogico-musicoterapico Le note dell’integrazione, realizzato presso le scuole del CTRH distretto di Noto (in provincia di Siracusa), nell’anno scolastico 2012-13, per “potenziare” l’inclusione scolastica degli alunni con bisogni educativi speciali. Nella prima parte ci si sofferma sui presupposti scientifici che hanno contribuito all’idea progettuale, nonché alla formulazione dell’ipotesi della validità della musicoterapia a scuola nei processi inclusivi. Nella seconda parte viene narrata - in forma esperienziale – l’implementazione didattica del suddetto progetto, che, dai risultati conseguiti, sembra abbia avuto esiti piuttosto positivi, caratterizzandosi così come un plausibile modello didattico efficace ed utile per le scuole, impegnate, ogni giorno, a confermare la propria vocazione inclusiva.

1. Premessa

La Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012[i] e la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013[ii] rappresentano, in Italia, due documenti di notevole rilevanza sul tema dell’inclusione scolastica. Con siffatti provvedimenti ministeriali vengono recepiti molti degli orientamenti da tempo presenti nell’Unione Europea[iii] e indicati, alle scuole, i principali dispositivi di intervento e le modalità organizzative anche sull’inclusione di quegli alunni che non siano certificabili né con disabilità, né con DSA, ma che manifestino difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio personale, familiare, socio-ambientale e culturale. Tali alunni, con bisogni educativi speciali (BES), devono essere presi in carico da tutti gli insegnanti[iv].

Sono previste anche nuove misure che consentano la sinergia lavorativa tra i docenti - che chiedono di essere aiutati, sostenuti, orientati e formati per rispondere, con le dovute competenze, alla moltitudine dei BES degli alunni - e i professionisti che operano in realtà extrascolastiche e che, con competenze diverse rispetto a quelle degli insegnanti, concorrono alla realizzazione del progetto di inclusione. Si tratta, sostiene La Rocca, di «una sfida fisiologica del frangente storico che stiamo vivendo e - che - richiede anzitutto un rinnovamento dell’organizzazione della scuola in cui autonomia e ottica […] siano finalizzate alla lettura interdisciplinare […] delle situazioni complesse, all’uso di sistemi di reti capaci di porre in collaborazione sinergica gli attori della sinfonia educativa»[v].

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Un'esperienza di gruppi Balint nella scuola

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L'applicazione della tecnica dei gruppi Balint, con approccio psico-pedagogico, e la rivisitazione e adattamento agli obiettivi ai contesti scolastici per un innovativo aggiornamento dei docenti, prende spunto dall'intento di Balint di realizzare l'auspicio di Freud manifestato nel Congresso di Budapest del 1918 (S. Freud "Vie della terapia analitica" in Bollati Boringhieri, 1989 voI. IX) circa la possibilità che in futuro la psicoanalisi potesse estendersi molto al di là della pratica clinica classica.

L'intento è stato raccolto, proposto e sperimentato già da qualche anno in alcuni Istituti Comprensivi di Vicenza e provincia, rendendo possibile la presa in carico di un numero maggiore di persone, che probabilmente non avrebbero avuto accesso a percorsi classici di terapia, mediante approcci e tecniche pscio-pedagogiche e di counseling.

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Educare alla salute: un'esperienza nelle scuola

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Educare alla salute nelle scuole è un'impresa bellissima, ma per farlo al meglio richiede idee chiare, tanta passione e voglia di andare allo sbaraglio.
Innanzitutto idee chiare, ovvero grande partecipazione e dimestichezza con gli argomenti da trattare. Siamo parte di una società ad alto tasso di medicalizzazione, i consumi di antibiotici e antipiretici non accennano a diminuire da livelli altissimi (vedi rapporto OSMED 2011), le mamme e i papà ricorrono ai medicinali appena il bambino mostra qualche segno di "discostamento dalla media", i medici non si sottraggono a questo trend e la TV lo cavalca (pubblicità, informazione sponsorizzata e trasmissioni dedicate), proponendo un modello di benessere assoluto. Non possiamo pensare che i bambini subiscano questi "maltrattamenti" senza sviluppare essi stessi un atteggiamento di grande familiarità con le scatolette di farmaci, assunti già a 10-11 anni senza il confronto con i genitori. Disinnescare l'automatismo malattia+farmaco=salute sempre è un lavoro duro ma necessario, che va affrontato alle basi. Nel senso anagrafico, perché da piccoli è più facile cambiare idea; nel senso concettuale, perché è il rapporto tra salute e malattia che va ridisegnato.

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Dalle parole al cuore

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Ritrovarmi in una classe di scalmanati, assolutamente ignari dell'esistenza di regole e buon senso, e niente affatto interessati ad alcun tipo di apprendimento, non lo avevo messo in conto nel partecipare a quella "selezione esperti" per un PON dal titolo "Dalla parola alle parole". Ho sempre fatto formazione con adulti ma ero stata attratta dall'idea di poter fare lezioni di italiano; mi piace molto, scrivere, leggere e tutto ciò che ha a che fare con la nostra meravigliosa lingua. L'idea era quella di un laboratorio di scrittura creativa e lettura espressiva. La mia idea ...

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Far disegnare i bambini in modo spontaneo

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L'Uovo dell'Arcobaleno è stato deposto il 15 maggio del 2010 praticamente al termine dell'anno scolastico che vedeva la Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, di Sepulveda, al centro del percorso educativo-didattico. Un anno, sin dall'inizio, attraversato da un uovo, quello di Kengah, mamma gabbiana morente, affidato alle cure del gatto Zorba a condizione di rispettare tre promesse: la prima di non mangiare l'uovo; la seconda di averne cura fino alla schiusa e la terza di insegnare al piccolo a volare.
Un po' sulla falsa riga del cappello non cappello de Il Piccolo Principe e di come la visione adulta banalizzi ciò che nei bambini e nelle bambine è invece espressione profonda di vissuti, Martina, 5 anni, ha rappresentato, con l'Uovo dell'Arcobaleno, l'esperienza corporea, relazionale, cognitiva e affettiva di ciò che ha dato vita ad una piena e autentica ricerca di senso.

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Un’esperienza di “philosophy for children” per un nuovo modo di fare scuola

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La scuola insegna risposte spesso a domande che non ci siamo mai posti,
ma è la domanda e non la risposta il vero motore della ricerca e della costruzione del sapere.
Amiche della domanda sono sia la curiosità infantile sia la condotta filosofica.
E se l’infanzia genera l’interrogazione nella sua radicalità,
la filosofia insegna a mantenersi nell’interrogazione,
per non seppellire il cervello tra le opinioni diffuse,
che rispondono non tanto alle nostre domande,
quanto al desiderio di evitare il più possibile la fatica del pensiero.

Umberto Galimberti


I bambini pensano e si interrogano, forse più di quanto un adulto possa immaginare.
Essi si approcciano inconsapevolmente a discorsi e si pongono domande, che gli adulti definiscono filosofiche.

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Lo spazio scolastico: dinamiche e conflitti

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Studiare l’organizzazione dello spazio in cui si dispiega l’accadere formativo significa anche volgersi a cogliere regole e norme che lo disciplinano. L’infrazione della norma e il conseguente riequilibrio dei poteri sono qui colti, secondo un approccio clinico e critico, quali momenti particolarmente rivelatori del dispositivo pedagogico sotteso alle pratiche in atto in un determinato contesto. Il danneggiamento degli arredi, in una scuola superiore, è occasione per rinegoziare la gestione degli spazi, ma anche l’ordine normativo e pedagogico.

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Scuola e territorio: la relazionalità possibile

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Il termine "didattica" deriva dal greco didakticos e significa "relativo all'apprendimento", la didattica infatti è quell'area della pedagogia che si occupa dei metodi dell'insegnamento; quindi il primo problema da porsi è in che modo insegnare affinché si ottenga il raggiungimento degli obiettivi prefissati utilizzando strategie idonee ed efficaci, in che modo cioè favorire la formazione degli apprendimenti, in questo caso specifico di quegli apprendimenti che consentono un approccio cognitivo ed emozionale proficuo ai beni culturali.

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La rottura della relazione tra genitori ed insegnanti

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Quante volte abbiamo sentito gli insegnanti chiedersi: "Perché la madre di Carlotta si rifiuta di venire a colloquio con me?", "Perché il padre di Guglielmo non si fa mai vedere nei giorni di ricevimento genitori?", "Perché mamme e papà hanno tanta diffidenza nei confronti di noi insegnanti?". Sono questi, ma ce ne sono molti altri, gli interrogativi che circolano nelle aule insegnanti, negli atri delle scuole e nei corsi di formazione frequentati dai docenti.
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Di fronte alle irrisioni dei compagni. Un episodio con un adolescente oggetto di bullismo

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Come quasi ogni giorno da qualche tempo a questa parte, anche oggi Elir, un ragazzo albanese di tredici anni adottato da cinque da una famiglia italiana, torna a casa da scuola in preda ad una forte tensione, così nervoso e agitato da non riuscire ad acquietarsi in nessun modo. Risponde in malo modo a qualsiasi input gli giunga, scatta di nervi in ogni movimento, schizza la sua irritazione e insofferenza nei confronti di tutto ciò che, anche benevolmente, lo circonda, si mostra sprezzante e in atteggiamento di sfida verso tutti e tutto. Anche oggi deve aver ‘subito’ qualcosa che ora sta ‘vomitando fuori’ in questo modo. Dopo un po’ è lui stesso a volermelo raccontare. Gli comunico che ho tutto il desiderio e l’intenzione di ascoltarlo molto attentamente e seriamente, ma voglio evitare che questo si trasformi, come certe volte è accaduto, in un modo per alimentare in lui una ‘dinamica di vittimismo’ in cui al suo ruolo di vittima, corrisponde quello di chi lo ascolta guardandolo e inducendolo a sentirsi ancor più fortemente tale: voglio accogliere la sofferenza di Elir, ma la voglio pure ‘contenere’, non ‘amplificare’.

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L'applicazione pedagogica della teoria sull'intelligenza emotiva nella scuola dell'infanzia

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L'intelligenza emotiva comprende varie competenze relazionali, tra cui, ad esempio, l'empatia. Il filo conduttore? L'autoconsapevolezza: una persona "veramente" aperta è autoconsapevole, comprende l'aspetto emotivo nella ricezione di un messaggio, verbale e non, a parole e nei fatti, sa leggere i sentimenti propri e altrui.
Queste capacità entrano in gioco in tutti i campi della vita, privata, pubblica, sentimentale, lavorativa. Quando l'essere umano ne è privo, ecco che possono presentarsi comportamenti devianti dannosi per gli altri.

Fin dalla scuola dell'infanzia è necessario educare all'utilizzo di questo tipo di intelligenza. Per farlo, come in ogni progettazione, si parte dall'analisi della situazione iniziale, mediante l'uso di item di osservazione riferiti a situazioni con indubbio tono della voce, gestualità ed espressione del volto. Nel contesto quotidiano della vita di sezione è possibile mettere a fuoco le regole: non far male a te, agli altri, agli oggetti.

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Per una certificazione delle competenze nella scuola primaria

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All’inizio dell’anno scolastico 2008-2009, la legge 169/2008 ha profondamente rinnovato il processo di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli alunni. La legge all’art. 4 non solo ha previsto che la certificazione va rilasciata al termine della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado, ma che va effettuata mediante l'attribuzione di voti espressi in decimi [1].

Con la circolare ministeriale n. 50 del 20 maggio 2009, il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha rimandato ad ogni singola istituzione scolastica il compito di elaborare un modello per la certificazione delle competenze ("le istituzioni scolastiche dispongono in modo autonomo forme e modalità della certificazione"). Nella circolare successiva (n. 51) a tal proposito si afferma che "le istituzioni scolastiche potranno procedere alla sperimentazione di propri modelli sulla base delle esperienze condotte negli anni precedenti". Ogni singola scuola, ormai alla fine dell’anno scolastico, ha dovuto pertanto attrezzarsi per definire e approvare in collegio dei docenti forme e modalità di certificazione.

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Il periodo della speranza: attività di sostegno con minori antisociali nella scuola

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Le esperienze maturate all’interno della scuola con il mio gruppo di lavoro (www.cosmosociale.it) hanno permesso di identificare alcuni elementi di particolare importanza nell’intervento a favore di minori definiti come “antisociali”, che vengono presentati in questo articolo con la speranza di poter contribuire all’approfondimento di un ambito di particolare interesse per l’educazione.

I progetti educativi a cui mi riferisco hanno per protagonisti alunni considerati dall’istituzione scolastica come “indisciplinati, incontenibili, senza alcun limite, senza rispetto per sé e per gli altri. Con loro in classe – dicono gli insegnanti - è impossibile svolgere una lezione”.

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Appunti sulla funzione educativa dell'archeologia

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E’ importante dunque acquistare degli occhi nuovi, cioè un modo di guardare che sia mosso dall’interesse. L’abitudine ad un certo ambiente, la vita frettolosa ci portano a guardare sempre meno la natura… Cercare come i bambini, in loro compagnia, senza timore di apparire ignoranti ma godendo con loro della scoperta comune…Più che il nostro sapere ciò che conta è il nostro atteggiamento.
M. Montessori

Ogni professione dovrebbe essere svolta innanzi tutto per il suo valore sociale, e non dovrebbe ritenere per sé più di quanto non possa dare agli altri; nel caso dell’archeologia, che si è mutata da disciplina esclusivamente umanistica in contenitore multidisciplinare, sussiste ancora l’abitudine reiterata al lavoro in solitudine ed una tendenza costante nel considerare ancillari le altre scienze, con cui si dovrebbe professare invece a stretto contatto.

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A proposito di valutazione

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Quando, con la legge 517 del 1977, si cominciò a definire la stretta connessione esistente tra programmazione e valutazione, spostando il centro dell’attenzione docimologica dal processo finale al percorso in itinere, si operò nella scuola una vera e propria rivoluzione copernicana: l’ alunno non veniva più “giudicato”, ma si valutavano i suoi progressi per migliorare le strategie didattiche e calibrare ogni intervento sui suoi tempi, sui suoi ritmi e sui suoi modi di apprendimento. Si valutava, dunque, non per selezionare, ma per formare.
Il tema della valutazione, che ha subito nel corso degli anni vari approfondimenti, è ancora oggi uno dei più dibattuti e complessi.

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E se a fare il bullo ora fosse proprio Elir? La vulnerabilità negata

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“È consapevole del proprio svantaggio rispetto agli altri ragazzi, e dunque si sente inadeguato ed è molto insicuro. Per questo la sua saccenza, talvolta vera e propria arroganza, verso tutti. Quando eccede nel fare ‘il saputello’ non bisogna stopparlo, ma lasciarlo fare, perché deve acquistare sicurezza. Stopparlo per metterlo davanti all’insensatezza della ‘sapienza’ che sfoggia, infatti, non farebbe altro che aumentare la sua insicurezza e il suo senso di inadeguatezza, non farebbe che rafforzare, dunque, il movente di quei comportamenti che si vorrebbero stemperare”.

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Ogni lettera ha una storia … ma non si può dire. Strategie di lettura e difficoltà di apprendimento

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"Elisabetta siamo noi!”. La porta del Centro Symposium si è aperta e con grande emozione e una stretta di mano l’avventura ha avuto inizio.
“Non sai quante volte mi ha chiesto come eri fatta. Te l’avevo detto che dovevi stare tranquilla e che ti sarebbe piaciuta”.
Ansia del nuovo, aspettative e paure che avevano già una storia. Non deve essere facile adattarsi alla dimensione infantile che a volte non ti lascia scelte.

Simona, una bimba dall’aspetto gentile con lo sguardo di chi ha già iniziato le sue riflessioni sulla vita, è entrata nello studio osservando persone e cose con grande attenzione e con la disponibilità a mettersi in gioco affidando al mondo adulto la sua forza, la sua sensibilità e le sue strategie di sopravvivenza.

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Il latino nella scuola primaria

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Un’ esperienza significativa, vissuta in una classe quinta di una scuola primaria, mi consente delle riflessioni sull’approccio alla lingua latina nella scuola primaria.

Per proiettarci in modo proficuo nel futuro non possiamo prescindere dalle nostre radici, cioè dal patrimonio esperienziale accumulato nel corso del tempo, consolidato e definito dalla tradizione ed i cui effetti riscontriamo nel quotidiano.
E la lingua, che per sua stessa natura è in continua evoluzione e si avvale dei termini del passato per utilizzarli, magari modificandoli, in nuovi contesti, trae linfa vitale dal ceppo che le ha dato vita e che deve pertanto essere conosciuto ed apprezzato. Per amare la nostra lingua nazionale e per migliorare le nostre competenze linguistiche si rende pertanto necessario conoscere la lingua parlata di nostri padri, il latino.

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Il bambino dimenticato ma conservato

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È dentro noi un fanciullino… Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo…
Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d'un passato ancor troppo recente. Ma l'uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l'armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d'un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora… Erano la sua medesima fanciullezza, conservata in cuore attraverso la vita, e risorta a ricordare e a cantare dopo il gran rumorio dei sensi.
Giovanni Pascoli 

Appoggiata alla staccionata in legno, guardo il panorama attorno a me: gli aranci, gli alberi da frutta; sento gli uccelli cantare e il merlo, poggiato sul cavo della luce, fischiettare…
Immersa in questa pace, osservo i “piccoli frugoletti” che giocano sul prato.
Non avevo mai operato con bambini così piccoli, convengo che essi sono deliziosi, la loro freschezza mi affascina e mi coinvolge totalmente.

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Valentina la zingarella

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”C’era una volta un maledetto re che
voleva far scomparire tutti i Rom perché
avevano un’aria diversa dalla sua e da
quella dei suoi parenti, perché parlavano
in modo che lui non capiva, e questo lo
faceva arrabbiare. Tuttavia, sterminare
degli innocenti all’epoca moderna non è
una bella cosa. Così il re decise di fare
dei Rom dei criminali. Sterminare i
criminali è tutt’altra cosa.. Quel re
si chiamava Hitler-Tuka...”;

Valentina sta in braccio alla mamma, sui gradini della chiesa, allatta al seno e dorme…
L’ho vista - man, mano- crescere, farsi bella, vivace, molto affettuosa e furbetta.
Spesso entra in chiesa, lancia uno sguardo veloce tra gli astanti, mi sceglie, si avvicina al mio banco e si accoccola tra le mie braccia, cercando carezze e baci. Le sono molto affezionata e spesso mi prende, per lei, un moto di tenerezza.

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La scuola diversamente abile. Un'esperienza di integrazione di un bambino autistico nella scuola media

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Quando nel maggio 2004, ad anno scolastico non ancora concluso mi fu proposto per l’anno successivo di seguire un bambino autistico, restai piuttosto sconcertato. Devo ammettere che “la letteratura” in circolazione sul caso non era molto rassicurante, anzi, tutt’altro. Si trattava di modificare il mio modo di lavorare, il mio modo di interagire con gli alunni, e sarei dovuto passare da un’interazione di gruppo ad un’altra di tipo strettamente individuale.

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Il gabbiano Fabrizio

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Il percorso didattico ed educativo che mi accingo ad esporre è la testimonianza di un’esperienza possibile e realizzabile,in casi così gravi di disabilità, dove però siano presenti sinergie di intenti all’interno dell’istituzione scolastica e alla base ci sia un lavoro di equipe.

Le letture che hanno supportato il mio impegno sono testi come quelli di don Milani, di Freinet e il movimento di cooperazione educativa e di Torej Hajden, psicoterapeuta e scrittrice americana contemporanea che nei suoi scritti racconta il lavoro didattico ed educativo con alunni difficili. Ciò di cui ero però consapevole, come dice dottor Matteo Lucioni, era che gli autistici devono essere considerati “ragazzi a piena partecipazione. Sono ragazzi come tutti gli altri e soprattutto come tutti gli altri sono ragazzi!”

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Stradella: una città da scoprire. Progetto di storia della Scuola Primaria De Amicis di Stradella

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Il proposito di dar forma documentata all’iniziativa progettuale delle classi terze della Scuola Elementare di Stradella è nato dall’interesse che ha suscitato il loro lavoro di storia. Un lavoro di interclasse dalle sfumature vicine alla concreta possibilità di realizzare le indicazioni normative dei programmi ministeriali che desiderano orientare caldamente alla collaborazione a classi aperte ancora troppo frequentemente disattesa per difficoltà organizzative quando non volutamente decisionali.

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Itinerari di senso in corsia. Un progetto in oncoematologia pediatrica

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Chiunque affronti un progetto pensa ad
azioni destinate a trasformare situazioni
esistenti in situazioni desiderate.
Loris Malaguzzi


Vivere in ambiente medico e vivere l'ambiente medico può non essere la stessa esperienza.
Ciò che segue è il racconto in sintesi di un percorso di lavoro svolto in ospedale per un periodo di circa un anno in un reparto di oncoematologia pediatrica in qualità di progettista psicopedagogica con i bambini della scuola d'infanzia e della scuola primaria.

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Giochi e dialoghi con le storie

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  • Corso extracurricolare per il primo ciclo della Scuola Primaria

L’Istituto San Giorgio e l’Associazione genitori Scuola Arcobaleno di Pavia nell’anno scolastico 2003-2004 hanno sostenuto e promosso un Progetto per le attività extracurricolari riconosciuto dalla Regione Lombardia ai sensi della L.R. n. 23/99 intitolato "Creatività e concretezza oltre la scuola".
Inserito nella programmazione delle attività, Giochi e dialoghi con le storie è stato pensato nella più ampia prospettiva di una proposta dedicata ad un’organizzazione delle ore pomeridiane che nel rispetto dei tempi e della disponibilità dei bambini consentisse loro di vivere esperienze formative e creative.

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Educare alla bioetica. Risultati di uno studio sulla qualità della vita per gli adolescenti

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Durante l’anno scolastico 2002-2003 ho lavorato con un gruppo di adolescenti (n.90) frequentanti l’ITCG “F.P. Merendino” di Capo d’Orlando (ME) ai quali è stato somministrato un questionario riguardante la qualità della vita.
Questo lavoro, frutto del progetto “Un computer per amico”, trova la sua collocazione nel progetto scolastico di “Educazione alla salute” il cui coordinatore è la prof.ssa Antonietta Scardino.
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Migranti, nelle biblioteche in carcere

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La presenza di stranieri nelle carceri italiane che risulta dalle statistiche, indica che gli stessi sono in aumento, se non per le attività criminali forse perché la Legge Simeoni ha permesso con più facilità ai detenuti italiani di poter uscire in affidamento alle comunità terapeutiche, religiose o alle famiglie.

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Un salto nella fantasia. Un'esperienza di educazione emotiva in prima elementare

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Al centro di questo percorso c'è il gioco poiché è attraverso di esso che si è tentato di offrire al bambino una duplice possibilità rispetto alla sua sfera emotiva. Con questo orientamento si è cercato di far giocare i bambini al fine di far ottenere loro un maggior controllo delle proprie emozioni, per poi indirizzare queste in modo produttivo.

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Studio e clima conversazionale. Un percorso educativo e didattico sullo stare insieme e lo stile di studio e d'apprendimento

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Un senso o valore si può credere, accettare come luce orientatrice per la propria vita se lo si è trovato e non se è inventato.
Martin Buber

"Lo stile di apprendimento e quello d’insegnamento si devono incontrare, conoscere, riconoscere e modificare, tessendosi insieme nell’atto educativo" (Perticari P., 1996).
Il problema degli stili di apprendimento individuali, chiamando direttamente in causa le procedure dell’insegnamento/apprendimento, si è tramutato via via nel tempo in una riconsiderazione delle modalità di relazione e di reciprocità degli uni con gli altri.
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